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Scusi, posso fare una foto al suo cane?

Scusi, posso fare una foto al suo cane?

Navid Tarazi è uno studente iraniano che vive a Torino, creatore della pagina @doggodaiily (con oltre un milione di follower) su cui pubblica gli scatti ai quadrupedi che incontra per strada.


Con voce gentile, un leggero accento straniero e senza mai apparire nei video, si avvicina a chi passeggia per le vie di Torino in compagnia del suo quattrozampe e chiede: «Scusi, posso fare una foto al suo cane?». È Navid Tarazi, studente iraniano, che ha creato la pagina social @doggodaiily, una tra le più seguite, che in poco tempo ha raggiunto il milione di follower su Instagram. «Il successo è stato una sorpresa. Ho iniziato un anno e mezzo fa, era un modo per ambientarmi in una città dove non conoscevo quasi nessuno. Non parlavo quasi l’italiano, mi ero studiato a memoria le frasi di presentazione. Non avrei mai pensato che sarei stato riconosciuto e addirittura cercato per i video».

Venticinque anni, studia Ingegneria ambientale al Politecnico e viene da Nishapur, nel nord-est dell’Iran. «Sono da sempre appassionato di fotografia. Mio padre è un fotografo. All’inizio mi soffermavo sui luoghi, poi ho iniziato a osservare cani e padroni. Mi appassionava il loro rapporto e così ho iniziato», racconta seduto da Pepino, storico caffè torinese, davanti a una tazza di tè. «Nel mio Paese è vietato avere un cane. Ossia, si possono tenere in casa, ma non portarli fuori. E se ti trovano in giro, te lo portano via. Esistono solo i randagi, spesso molto aggressivi. All’inizio avevo paura, non ero abituato. Eppure mi incuriosiva il legame così stretto che percepivo tra umani e i loro amici pelosi. Una relazione forte, meravigliosa, anche misteriosa, piena di amore e gratitudine da entrambe le parti. Ho pensato che mi sarebbe piaciuto raccontarlo sui social».

Il primo è stato un gigantesco samoiedo, «sembrava una nuvola bianca». Ogni giorno un post, come la pagina cui si ispira, il celebre @thedogist del fotografo americano Elias Weiss Friedman, che conta oltre sette milioni di seguaci. Oggi è lui ad avere emuli e imitatori (anche della sua voce gentile) sul web. Ormai è passato da: «Posso fare una foto?» a «Puoi fare una foto al nostro cane?». «All’inizio qualcuno tirava dritto, era diffidente. Poi ho capito che i torinesi sembrano chiusi, ma sono più disponibili di quello che si crede. Ora mi riconoscono e sono felici di confidarmi le loro storie». Storie di cani abbandonati perché anziani o ciechi, adottati e curati con dedizione, cani che sono stati usati nei combattimenti, maltrattati, picchiati, bruciati con sigarette, tenuti alla catena, tatuati per pura crudeltà. Racconti commoventi e a lieto fine di bull terrier, carlini, molossi, spinoni, cocker spaniel, volpini, sharpei, meticci («I miei preferiti perché sono unici e hanno il sole negli occhi»).

I padroni hanno viaggiato per andare a prenderli o li hanno aspettati con trepidazione. Alcuni sono l’eredità di figli ormai lontani, altri sono stati salvati prima di venire soppressi. Molti ammettono: «È la parte migliore della mia vita». Una galleria di foto eccezionali che diventano un tributo commovente: «Facendo i ritratti ho percepito amore, solitudine, gioia e tristezza. C’è chi mi ha detto che aveva bisogno di una ragione per alzarsi al mattino e solo il suo cane gliela dava». Navid li incanta con un premietto e una pallina: «I pastori tedeschi sono vanitosi e fotogenici, i labrador e i golden retriever sembrano bambini iperattivi: è impossibile farli stare fermi. I bassotti sono testardi come anche i Jack Russell. Ognuno ha un carattere diverso. Ci sono i timidi, quelli che non si fidano. Per me sono tutte anime pure». Più della metà dei cani che ha incontrato sono stati adottati o provengono da situazioni difficili: «Tuttavia capisco chi li compra. Per molti avere una razza specifica è un desiderio che si avvera». Nelle passeggiate torinesi ha raccolto più di cinquecento testimonianze: «Sto scrivendo un libro, che pubblicherò tra due mesi, dopo farò un viaggio in Italia. Vorrei andare in Sicilia per vedere la difficile situazione del randagismo di cui mi hanno parlato». Al ragazzo che sa capire i cani (e forse ancor più i padroni) resta un sogno da realizzare: «Anche io ne vorrei uno, ma da solo è impossibile. Finché vado all’università e lavoro con i video non posso tenerlo». Non è detto, alla fine sono i cani che ti scelgono.

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