Peste suina: arriva l’esercito per fermare l’emergenza che minaccia un settore da 20 miliardi
Ansa
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Peste suina: arriva l’esercito per fermare l’emergenza che minaccia un settore da 20 miliardi

Abbattuti 120mila animali, danni oltre mezzo miliardo di euro. Da novembre misure straordinarie con l'intervento dei militari e nuove barriere per contenere i focolai

Scende in campo l’esercito per arginare la peste suina. Una vera emergenza che sta mettendo in ginocchio un settore che genera 20 miliardi di euro all’anno e 100mila posti di lavoro (dati Assosuini). Tutto è cominciato nel gennaio del 2022 e in due anni e mezzo il dilagare della peste ha portato all’abbattimento di 120mila suini, tre quarti solo negli ultimi mesi. E ogni giorno arrivano nuove notizie di focolai, soprattutto nel Nord Italia.

Dal 1 novembre l’Italia adotta una misura senza precedenti per contenere l’epidemia. “I militari andranno in maniera coordinata e gestita a livello centrale” ha spiegato Giovanni Filippini, commissario straordinario per l’emergenza PSA, aggiungendo che le operazioni vedranno la collaborazione della Polizia Provinciale, delle ditte incaricate e della Protezione Civile. La strategia governativa prevede anche il rafforzamento delle barriere fisiche lungo le autostrade principali, come l’A1 e la Cisa, per impedire la diffusione dei cinghiali. “Laddove non sarà possibile costruire barriere, il ministero della Salute acquisterà gabbie per la cattura degli animali,” ha dichiarato Filippini, specificando che queste saranno gestite dalle forze armate e dalla Polizia Provinciale nelle aree di controllo.

Ma resta la grave carenza di veterinari specializzati. I veterinari pubblici, che sono fondamentali per il monitoraggio degli allevamenti e la gestione dei focolai, sono in numero insufficiente. Un altro nodo critico riguarda i macelli: mancano strutture specializzate per il trattamento delle carni selvatiche, rendendo difficoltoso separare la filiera del suino domestico da quella della fauna selvatica infetta.

La filiera suinicola italiana, che conta dieci milioni di capi allevati, è un settore strategico per l’economia del Paese. Con un valore complessivo di 20 miliardi di euro, di cui 2,1 miliardi legati all’export, e 100mila posti di lavoro. Il comparto è essenziale per la produzione di eccellenze gastronomiche e del Made in Italy nel mondo. Da quando il virus è stato individuato in Italia, nel gennaio 2022, Confagricoltura ha calcolato danni per oltre mezzo miliardo di euro (tra quelli diretti e indiretti). Ad essere colpito è soprattutto l’export. Il Consorzio del Prosciutto di Parma registra una riduzione di circa 200mila prosciutti esportati, a causa delle restrizioni sui mercati internazionali, con un impatto economico di 30 milioni di euro all'anno. Simili preoccupazioni da Assica (Associazione Industriali delle Carni e dei Salumi), che stima perdite complessive per il settore della macellazione pari a mezzo miliardo di euro. Le organizzazioni di settore chiedono un intervento più rapido da parte delle istituzioni, per evitare che il virus continui a distruggere uno dei comparti più importanti del Made in Italy.

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Cristina Colli