Podcast e audiolibri, il piacere ritrovato dell'ascolto
Contenuti dalla durata variabile e i temi più vari, hanno già conquistato 3 milioni di italiani. Perché danno alle giornate un sottofondo di qualità
Anziché rincretinirsi di video idioti su YouTube o martellare il cervello con la solita ristretta cerchia di tormentoni da classifica, quasi tre milioni di italiani hanno consolidato l’abitudine di un altro piacere del download o dello streaming: il podcast. Contenuti audio dalla durata variabile, inclusi libri interi, subito disponibili online su piattaforme come Audible di Amazon, iTunes e iBooks di Apple o Spotify. Gli ascoltatori assidui erano 850 mila tre anni fa e sono più che triplicati oggi, come rivela una ricerca firmata Nielsen. Che fotografa il diffuso interesse intorno al fenomeno: più di un italiano su due ha riprodotto un podcast nell’ultimo anno e se ne dice incuriosito; il 34 per cento dei nostri connazionali ne ha una conoscenza approfondita; solo il 23 per cento non ne ha mai sentito parlare.
Un contenitore antico
Il contenitore, una voce narrante impacchettata dentro un file, è piuttosto antico. Da archeologia tecnologica. Sono l’onnipresenza degli smartphone, le connessioni veloci a basso costo, l’attitudine ormai stabile ad affidare il nostro intrattenimento ai telefonini, le premesse della crescita. In parallelo, da calamita fanno i cataloghi digitali che si stanno popolando, vivendo una rapida e trasversale espansione: accolgono notizie, approfondimenti su temi specifici dalla musica alla storia, corsi che insegnano come avere successo nelle relazioni amorose o sul lavoro, interi libri letti da celebrità dello spettacolo o dallo stesso autore di un saggio o di un racconto. Tutti, indistintamente, diventano compagni di viaggio in automobile, sui mezzi pubblici, durante le pulizie domestiche e le altre incombenze casalinghe. Passatempi intangibili, sottofondi di qualità.
Le ore di punta
«I picchi di ascolto sono tra le 7:30 e le 9 del mattino e le 17:30 e le 19 della sera. I podcast assecondano e si adeguano ai ritmi frammentati dell’epoca moderna» spiega a PanoramaMarco Azzani, country manager per l’Italia di Audible, che offre (a pagamento, dopo un mese di prova gratuito) un ricco ventaglio di audiolibri, alcuni recitati da Claudio Bisio, Francesco Pannofino o Gianrico Carofiglio e varie serie audio originali. Le più gettonate: i corsi d’inglese del guru british Peter Sloan, le dritte del medico coach Filippo Ongaro per invecchiare bene, lezioni sulle grandi menti di pittura, filosofia, informatica e ampi dintorni del matematico Piergiorgio Odifreddi. Pressoché sovrapponibile il copione delle preferenze su iTunes: dominano le lezioni di marketing e di vita dell’imprenditore digitale Marco Montemagno, le news nella dizione immacolata della BBC, vari spezzoni di programmi radiofonici delle principali emittenti nazionali. Che, così, guadagnano longevità, escono dalle gabbie dei palinsesti tradizionali.
L'attore Francesco Pannofino durante la registrazione di un audiolibroAudible
Il contenuto al centro
«Rispetto alla radio, nel podcast non sono i tempi della diretta ma la qualità del contenuto a modularne la durata. Inoltre, c’è maggiore libertà di linguaggio. E il pubblico si segmenta intorno a te, a fidelizzarlo è il tuo modo di raccontare le cose» osserva lo scrittore Michele Dalai, che dal 24 febbraio è su Audible con «Fred», 20 puntate di profili di personaggi di culto, dal cestista Kobe Bryant all’attrice Rita Hayworth. Produzioni da ascoltare come e quando si vuole, un po’ per volta o tutte insieme. Perché, se per le serie su Netflix esiste il binge watching, il desiderio di divorare una stagione in un boccone solo, per i podcast è stato coniato l’equivalente, lessicale e comportamentale: il binge listening.
Un vecchio bisogno
«I podcast finiscono per dare dipendenza» dice Azzani: «Assecondano il bisogno primordiale di farci raccontare delle storie». Rafforzano persino il consumo di narrativa e saggistica, incrementando le occasioni della loro fruizione: «In Italia si considera un lettore forte chi termina almeno un libro al mese. La media dei nostri utenti, nel 2018, è stata di quasi 19 audiolibri ascoltati nell’arco di un anno». Un’abitudine in espansione che non ha tolto centralità agli strumenti tradizionali: «Non registriamo picchi di ascolto tra le 22 e le 23. La classica lettura a letto resiste» sostiene Azzani. O a voler essere maligni, è stata scalzata dalle serie televisive, dai giochini scemi da smartphone su cui consumare occhi e polpastrelli, dal tempo scialacquato a spiare le vite altrui sui social, di certo non dagli audiolibri. A prescindere dalle prospettive ottimistiche o meno, non si ricadrà nella trappola delle polverose battaglie tra digitale e analogico, come già avvenuto in passato per le schermaglie tra carta ed eBook. Momenti e modalità di fruizione delle pagine e dei loro equivalenti vocali paiono distinti. E sapranno coesistere.
Nelle mire dei giganti
Ecco: è per la tipicità del podcast, per il suo essere qualcosa di differente, di altro, che i grandi colossi dell’intrattenimento ci stanno puntando. Il gigante dello streaming Spotify, per esempio, ha appena acquisito due società del settore: Gimlet e Anchor. La prima, pagata oltre 200 milioni di dollari, fa contenuti; la seconda, aiuta a crearli da zero e a distribuirli in rete. Anche quello del confezionamento è un punto chiave: a differenza dei video che richiedono estro davanti alla telecamera e competenze di montaggio, i podcast sono aperti a tutti. «Bastano un microfono professionale da circa 50 euro e un computer con a bordo un software gratuito come Audacity per cominciare» consiglia Roberto Buonanno, imprenditore di lungo corso e voce di «Professione influencer», nuovo podcast in cui spiega come avere successo sul web. Come per le clip su YouTube, per pubblicare le proprie creazioni online su tante piattaforme non si paga nulla. A quel punto, si ha l’opportunità di giocarsela alla pari degli altri. E se il format funziona, possono arrivare i guadagni. «Da varie fonti» elenca Buonanno: «Dagli spot prima, durante e dopo la registrazione. Dalle imprese che, riconoscendo la tua capacità e autorevolezza, ti chiamano per produrre materiale originale per il loro brand, per tenere corsi, condurre conferenze. Si può persino incassare dagli ospiti che pagano per partecipare a una puntata». In Italia, dove il fenomeno è ancora acerbo, può sembrare un’eventualità improbabile o quantomeno bizzarra. Non negli Stati Uniti, dove i podcast sono di casa nelle orecchie di metà popolazione e guru del microfono come Tim Ferriss (oltre 300 milioni di riproduzioni) ospitano plotoni di celebrità, da Arnold Schwarzenegger a Edward Norton. Per non parlare della Cina dove, lo scrive la rivista Fortune, tutta l’industria vale cifre da capogiro, oltre 7 miliardi di dollari l’anno. Il motivo è che a Pechino il mercato è consolidato, dunque il modello a pagamento è quello preminente. La gratuità, da incentivo che era, oggi è l’eccezione.
L’impegno dell’approfondimento
In Oriente come in Italia, comunque, non cambia il beneficio associato a un podcast o a un audiolibro: «Sono strumenti di approfondimento, che si contrappongono ad altri da cazzeggio come Facebook» rileva Buonanno. Eppure, con i social network, entrambi condividono la dinamica di fondo: scegliamo quello che conosciamo, abbiamo scoperto per un caso o per un consiglio altrui. La differenza sta nell’atteggiamento, nell’investimento di testa e di tempo: i contenuti non si liquidano con un frettoloso «mi piace». Gli si concede un più impegnativo: «Ti ascolto». (Twitter: @MarMorello)