La guerra mediorientale non basta a far rialzare il petrolio
(Ansa)
Economia

La guerra mediorientale non basta a far rialzare il petrolio

I prezzi delle materie prime sono in costante aumento, il Brent però rimane ai minimi

Neanche la guerra riesce a ridare consistenza al prezzo del petrolio. Il rimbalzo di oggi (+2,6% a 74 dollari) è solo una modesta reazione ai fortissimi cali delle settimane scorse che hanno portato le quotazioni del Wti a sprofondare verso i 70 dollari.

Molto diverso l’andamento delle altre materie prima. Oro, argento e caffè sono in forte aumento. Le quotazioni del metallo giallo sono aumentate del 2,4%, raggiungendo $ 2.721,40 l'oncia. Gli investitori stanno cercando beni sicuri, prevedendo che le banche centrali allenteranno gradualmente le politiche restrittive adottate negli ultimi due anni. L'argento ha segnato un notevole incremento dell'8,2%, con i prezzi che hanno toccato $ 33,71 l'oncia. Secondo gli analisti, l'oro ha beneficiato di un aumento della domanda nonostante la crescita del dollaro statunitense e dei rendimenti obbligazionari. Le elezioni presidenziali statunitensi in arrivo potrebbero contribuire a mantenere alti i prezzi, con la London Bullion Market Association che prevede nuovi massimi record entro il prossimo anno. Altri metalli preziosi, come il platino e il palladio, hanno visto un rialzo rispettivamente del 2,9% e dell'1,8%. Nel settore agricolo, il caffè ha visto un rialzo dell'1,4% per libbra, a causa delle preoccupazioni legate alle scarse piogge in Brasile, uno dei principali produttori mondiali

Ma se i prezzi del petrolio non scendono a causa degli sviluppi in Medio Oriente, qual è la ragione del calo? La risposta sembra risiedere in Cina. Nel terzo trimestre, il prodotto interno lordo cinese è cresciuto del 4,6%, rispetto al +4,7% del trimestre precedente. Qualsiasi debolezza dell'economia cinese ha ripercussioni sui mercati energetici globali, nonostante il paese abbia annunciato nuovi stimoli economici, in primis quello dell'oro nero, appesantito dalle notizie arrivate ieri dagli Usa, dove la produzione di greggio ha raggiunto un nuovo record, con un incremento di 100.000 barili al giorno nella settimana fino all'11 ottobre, raggiungendo i 13,5 milioni di barili al giorno, superando il precedente picco di 13,4 milioni di barili registrato due mesi fa. Secondo un report di J.P. Morgan, "dall'inizio del conflitto a Gaza lo scorso ottobre, i picchi dei prezzi del petrolio sono stati di breve durata, poiché la produzione di petrolio è stata in gran parte ininterrotta. Tuttavia, questa situazione potrebbe cambiare se le infrastrutture energetiche iraniane venissero danneggiate".

Le scorte globali di petrolio sono attualmente molto basse, attestandosi a 4,4 miliardi di barili, il livello più basso mai registrato dal gennaio 2017. In generale, il J.P. Morgan Commodities Research prevede che il prezzo del Brent possa attestarsi in media attorno agli 80 dollari al barile nel quarto trimestre del 2024 e a 75 dollari nel 2025, per poi scendere nei bassi 60 dollari entro la fine del 2025. Questa tendenza al ribasso è in linea con le previsioni dell'ultimo World Energy Outlook 2024 dell'Agenzia internazionale per l'energia, che prevede un picco della domanda di combustibili fossili entro la fine del decennio, contrariamente alle stime Opec.

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Nino Sunseri