I primi 70 anni dell'Inno di Mameli
Nato nel Risorgimento e proibito per un secolo, la marcia di Mameli e Novaro diventa inno nazionale italiano il 12 ottobre 1946
L'inno di Mameli, o meglio il "Canto degli Italiani" è l'inno nazionale da 70 anni. il 12 ottobre 1946 il Consiglio dei Ministri lo dichiarò inno "provvisorio", senza mai da allora ufficializzarlo.
L'inno che tutti chiamano "Fratelli d'Italia", dall'aria orecchiabile e dai versi complessi che molti non sanno e che quasi sempre viene limitato alle prime due strofe, nacque a Genova nel settembre del 1847 alla vigilia dei moti insurrezionali dell'anno successivo. Il testo fu scritto dal giovane studente mazziniano Goffredo Mameli, che morirà due anni dopo durante la difesa della Repubblica Romana.
La musica la scrisse nel novembre 1847 il musicista e patriota Michele Novaro, nella tonalità di Si bemolle in armonia con i fiati che l'avrebbero eseguita nelle bande.
Il "Canto degli Italiani" fu suonato e cantato il 10 dicembre dello stesso anno sotto la facciata della basilica genovese di Nostra Signora di Loreto davanti a 30 mila cittadini che chiedevano pubblicamente le riforme a Carlo Alberto. Quando l'Italia sarà fatta, la marcia in 4/4 dal testo giacobino e filo-repubblicano sarà bandita dai Savoia, che la sostituirono con la "Marcia Reale".
La Grande Guerra porterà con sè il "mito del Piave", e la sua canzone sarà considerata un inno "de facto" dopo la vittoria del 1918.
Un'altra lunga eclissi per il "Canto degli Italiani" verrà naturalmente nel ventennio fascista, che riconoscerà solamente i canti legati ad un'altra "rivoluzione", quella in camicia nera. Una breve riabilitazione fu tentata durante i 600 giorni di Salò, quando la retorica risorgimentale fu riesumata dal fascismo morente era diventato repubblicano e anti-monarchico.
Cantato talvolta anche dai partigiani, l'Inno di Mameli fu reintrodotto il 12 ottobre 1946 dall'allora Ministro della Guerra Cipriano Facchinetti al posto dell'Inno del Piave inizialmente adottato.
Si oppose il PCI, che avrebbe preferito un riferimento a Garibaldi (che sarà il simbolo della lista elettorale di sinistra del 1948) piuttosto che ad una figura minore come Giuseppe Mazzini.
Tra i primi ad eseguirlo sarà il Maestro Arturo Toscanini, che era rientrato in Italia dopo l'esilio e rifiutò di eseguire l'inno fascista "Giovinezza".
La marcia del 1847 sopravviverà nell'Italia repubblicana a diversi tentativi di sostituzione, alcuni promossi dalla Rai attraverso sondaggi, che la videro insidiata dal verdiano "Va' Pensiero" dal Nabucco. Contestato nel 1968 come inno "vecchio e borghese", sarà oggetto di discussione tra addetti ai lavori come Luciano Berio, che avrebbe voluto sostituirlo, oltre che tra politici ed intellettuali.
Tra i detrattori storici del "Canto degli Italiani" il leader socialista Bettino Craxi, Umberto Bossi e Rocco Buttiglione.
L'inno di Mameli, a 70 anni dalla sua "quasi ufficializzazione" e dopo il rilancio promosso dal Presidente Ciampi è ancora l'inno nazionale, dal motivo facile e dalle strofe infarcite di richiami all'antica gloria di Roma in un italiano dagli echi lontanissimi dalla lingua dei nostri giorni.