Quanto vale una vita? La domanda sbagliata
In questa fase in molti pensano al valore anche economico di una persona. Una follia. La vita non ha valore. La vita «È»
Quanto vale la vita di un uomo? Mi chiedono gli amici di Panorama, in queste ore in cui - sulla scena principale che, si sa, non ê mai quella della verità - pare affermarsi un dibattito sulla fine del lockdown all'italiana - vari sono stati i modelli nel mondo anche vicino a noi- a costo della salute o cose del genere. Tutto questo mentre invece su scene secondarie ovviamente i ricchi "filantorpi" alla Gates (l'uomo più ricco del mondo) che appartengono ai dintorni di quel che viene chiamato il "Deep State" investono (oh!) sui vaccini. Che ovviamente saranno obbligatori.
Beh, tornando alla domanda terribile, dico che quella domanda è sbagliata. Lo è nel senso che ogni valore si fissa in genere rispetto al valore di qualcosa d'altro. Il valore di un euro rispetto che so a un dollaro o quello di un chilo di patate rispetto alle varianti che il mercato stabilisce. Ma la vita di un uomo non ha un valore in tale senso.
Potrei dire, io che sono cristiano, che la vita di un uomo vale al massimo perché vale la vita di Dio, poiché un Dio si è schiantato su una croce per salvare la sua vita, ma la sua vita nel senso di destino, non di vita biologica. Gesù ha risorto "biologicamente" solo Lazzaro e due ragazzini. E quindi non si può rispondere a quella domanda, non la si deve accettare, anche perché se dicessimo che la vita di un uomo ha un valore assoluto dovremmo allora piantarla con la retorica di applauso ai medici e a coloro che invece la vita la rischiano per curare o aiutare un altro. Dunque occorre uscire dalla domanda, occorre rifiutarla.
La vita di un uomo è. Non ha "nessun valore". In questi giorni sono stato tra i pochi -ora lo fa anche Giorgio Agamben e altri- a sollevare domande scomode (vedi la mia supplica su Tempi) sulla adesione totale e incondizionata a quel che il governo (o il nostro Deep State) ha imposto. Ad andare contro a questa "sottrazione dei corpi". E ora anche obbligarci a discutere se ha più valore aprire le imprese o difendere la salute significa accettare termini e questioni false. Anche perché poste da chi (come rappresentanti dello Stato o immunologi) che per il resto non appaiono interessati ai danni alla salute portati che so dallo sviluppo del 5g (per cui lavora ad esempio il grande fondo di investimento con cui collabora il dott. Colao) o ai danni portati da forme alimentari e di lavoro, compresa la burocrazia, che certo non aiutano la salute e il nostro sistema sanitario.
Dunque, ok la salute ma cosa intendiamo veramente con questa parola? L'assenza di rischi? Il fatto che la morte non deve esistere? O che qualcuno deve pensare alla mia salute dalla culla alla bara? O, d'altra parte, la pura rivendicazione della ripresa del lavoro in sé non significa granché se questa avviene in un regime di sudditanza imposto da finanziamenti/prestiti che possono diventare il cappio a cui impiccarsi lavorando invece che oziando.
Siamo in una situazione di selva, come diceva Dante. Una selva è questa guerra economica e geopolitica combattuta per sistemi sanitari e per bugie ufficiose e ufficiali, come quelle di un governo, il cinese, a cui ci hanno voluto far credere con tanto di applausi alle delegazioni, governo che ad esempio solo nei mesi scorsi ha ammesso che sì, in piazza Tienanmen vent'anni fa c'era stato "qualche problema". Credibili, no?
In tale selva, come diceva Dante, occorre scegliersi gli autori, come lui fa con Virgilio, perché altrimenti gli autori ti vengono imposti, e sono quelli utili alla narrazione del potere. Ho visto tanti utili idioti smettere, se mai l'han fatto, di pensare ed esser pronti a editare un libretto con a titolo lo slogan vacuo e offensivo per le vittime, «andrà tutto bene», ammannito dal potere ufficiale. E anche per stare di fronte a quella domanda terribile e sbagliata, «quanto vale la vita di un uomo?» bisogna scegliersi, a mio modesto avviso, gli autori liberi, quelli che dimostrano di non farsela, di non pensarci, autori insomma che fanno vedere come la vita la danno, la offrono. Che non riflettono tanto sul suo "valore" ma la spendono. E possono essere uomini santi, ma anche semplici madri di famiglia di molti figli che stanno eroicamente resistendo.
Attingerei al loro "buon senso" che come racconta Manzoni spesso nei momenti di pestilenza (o di guerra) si ritira in favore del "luogo comune" favorito da chi ha potere e interessi. Mi fido di quelli che non hanno interesse per la loro vita. Quelli per cui vale di meno di quella di coloro che amano. E vedrete che questi non dicono "o la salute o l'economia" ma dicono di provare a custodire entrambe, sapendo che sono campi rischiosi. Coloro che sanno che la vita è sempre un rischio. Di insensatezza prima ancora che di salute. Non è vero che finché c'è la salute c'è tutto. Abbiamo un occidente che si è ammalato di ansie anche gravi per mancanza di senso. E possiamo vedere vite ammalate propagare una luce di senso, come ha scritto un ragazzino gravemente invalido morto cadendo per una buca sull'asfalto a Firenze. "Che il senso abbia vita" scriveva in una sua poesia Niccolò, che conoscevo.
Forse dobbiamo imparare, da quelli come lui, che la ricerca della salute o anche della prosperità non sono importanti come la ricerca di un senso. Il resto sia fatto con la maggiore accortezza possibile, sapendo che non possiamo vivere e lavorare, e amare, senza rischio.