Gli Scacchi sono razzisti! Siamo alla follia...
Youtube chiude il canale di un grade giocatore perché usava i termini bianco e nero. Ormai siamo oltre ogni logica in nome del vittimismo, a qualsiasi costo
Scacco matto al libero pensiero. YouTube ha sospeso con ignominia un canale video colpevole di razzismo. Per l'esattezza, il canale di Antonio Radic, lo scacchista più seguito al mondo. Cosa c'entrano gli scacchi con il razzismo? Semplice: il sito ha giudicato inaccettabile e discriminatorio un gioco dove "il bianco" mangia "il nero".
Ci sarebbe da dileggiare gli artefici del pasticcio: se non fosse che, potendo, censurerebbero anche noi. Stavolta è tutta colpa dell'intelligenza artificiale, anzi, in questo caso, della scemenza artificiale. Quella di un algoritmo, quello di Youtube, che ha interpretato come razzisti i termini tecnici del gioco degli scacchi.
Ma non ci stupiamo più, in un'epoca dove uno spettro si aggira per l'Occidente: e non è più il comunismo, bensì il vittimismo. Quella che Robert Hughes chiamava "cultura del piagnisteo", per cui ogni parola, ogni gesto, suona sempre come un'offesa. Un baratro in cui siamo dentro tutti: persino quell'azienda cioccolatiera svizzera che, per evitare critiche, ha ritirato dal mercato un certo tipo di pasticcini con un nome davvero provocatorio: i "moretti". Non sia mai che qualcuno resti con l'amaro in bocca.
Ormai la censura non guarda più in faccia nessuno: dalle statue di Cristoforo Colombo al nostro Lino Banfi. Proprio lui. Censurato da Facebook perché quello stornello con la chitarra celebrato nel film "Fracchia la Belva Umana" ("non sono fr…non mi chiamo fri fri…sono commissario e ti faccio un c. così") è stato giudicato offensivo nei confronti delle comunità omosessuali. Le battute del commissario Lo Gatto? "Incitamento all'odio". Edwige Fenech nella vasca da bagno? "Contenuti sessisti". Mai avremmo pensato che Lino Banfi sarebbe diventato il nuovo martire della libertà: verrebbe da dire, "una risata li seppellirà". Ma la realtà è più drammatica.
Nel precisare che noi siamo con Lino senza se e senza ma, dobbiamo ammettere con rammarico che il politicamente corretto sta vincendo a mani basse. Era un cadavere del '68, ma oggi regna incontrastato, amplificato dalla gran cassa dei social. Dove i colossi del web, con un click, hanno vita facile nel decidere chi vive e chi muore.
Questo vuol dire che al mondo non esistono discriminazioni sessuali o razziali? Certo che no. Ma non è certo questo il modo di combatterle. Il paradosso di questa deriva buonista è proprio questo: i sacerdoti della censura cercano di espellere chi non è d'accordo con loro, anziché concentrarsi su coloro che traggono profitto dalla vere discriminazioni. Insomma, rompono le scatole al mondo e per giunta mancano il bersaglio.
Finirà che, a furia di "cancel culture", non avremo più niente da cancellare. Saremo tutti ipocritamente educati, perfetti, e dannatamente tristi. Come la società grande fratello ritratta in una puntata della serie "Black Mirror", dove chi si comporta bene riceve dei punti in omaggio, come una lotteria: e chi ha il coraggio di dire la sua, di essere controcorrente, finisce ai ceppi. E in quel momento, scusate la parola, sarà scacco matto.