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La fonte del gossip su Lollobrigida è un amico di Gelli e del giro Etruria

La fonte del gossip su Lollobrigida è un amico di Gelli e del giro Etruria

A settembre, Gianmario Ferramonti aveva provato a rifilarci la polpetta avvelenata della paternità smentita del ministro con una collega di partito. I rapporti con Flavio Carboni e gli incroci con babbo Boschi.

«Ma vi siete chiesti perché il nome non lo ha ancora fatto nessuno, non è ancora uscito su nessun giornale? Voglio vedere chi è il primo che lo scrive…». Due giorni fa, alla buvette della Camera, il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida l’ha buttata lì. Un misto di sfida e di curiosità sul gossip più virale del momento. Una storia che ruota intorno alla paternità del figlio della deputata di Fdi Rachele Silvestri. Da mesi a Roma, e non solo, circolano mormorii maligni che individuano nel ministro il vero padre. La Silvestri, dopo aver passato settimane sulla graticola, ha deciso di denunciare le malelingue con una lettera al Corriere della sera in cui ha scritto: «Circa un mese fa, una persona amica mi racconta che gira la voce che il mio bambino non sarebbe figlio del mio compagno, ma di un politico molto influente di Fratelli d’Italia, a sua volta sposato. Mio figlio sarebbe, quindi, nato da una relazione clandestina, grazie alla quale io avrei anche ottenuto la mia candidatura. Riuscite soltanto a immaginare come mi sono sentita?».

Male, malissimo e per colpa di «questo schifo» è stata «costretta a fare il test di paternità» per il bambino nato a dicembre, esame che ha accertato che «il padre è proprio Fabio», il suo compagno. La Silvestri ha provato a tracciare l’identikit del misterioso diffamatore: «L’unica cosa che so è che, chi si è inventato questa storia, è un uomo, probabilmente un politico. Qualcuno dice che la calunnia sia stata pensata per attaccare alcune figure del mio partito, magari per insinuare un degrado da basso impero. Altri mi dicono che sia nato da cacicchi in cerca di gloria. Qualunque sia la ragione, mi fa orrore». La parlamentare, però, non ce l’ha solo con l’untore senza volto: «Molti (altri, ndr) hanno scelto di condividere una evidente calunnia, di telefono in telefono, di chat in chat, rendendosi complici di questo schifo. E anche chi sa, ma ha deciso di non parlare lo è». Ebbene noi qualcosa sappiamo e quindi parliamo.

La maldicenza era arrivata sul nostro cellulare sotto forma di messaggino il 14 settembre, dieci giorni prima delle ultime elezioni legislative. E a offrircela era stato Gianmario Ferramonti, imprenditore e politico di origini bresciane, che ha vissuto dall’interno il travagliato passaggio dalla Prima alla Seconda Repubblica non senza qualche patema. Noi lo avevamo conosciuto nel 2016 quando era stato coinvolto nella famigerata ricerca di manager e fondi per il salvataggio di Banca Etruria. Per quell’impresa il vicepresidente dell’istituto di credito, Pier Luigi Boschi, si era rivolto al pluricondannato faccendiere Flavio Carboni, che, a sua volta, aveva chiamato in aiuto Ferramonti. Il quale spiegò in un’intervista dell’epoca: «Con Flavio sono amico da trent’anni, è una persona stimabilissima. L’hanno coinvolto in qualsiasi scandalo accaduto nella Prima Repubblica, ma è uno pulito. Negli ultimi due anni abbiamo ripreso a frequentarci, e un po’ di tempo fa a Roma mi chiese un favore, di indicargli un nome che potesse ricoprire il ruolo di direttore generale di Etruria, perché serviva a Pier Luigi Boschi».

Dopo che svelammo il piano Ferramonti sbottò: «Stanno cercando di far cadere il governo Renzi per quattro bazzecole, ma è un tentativo maldestro». Incolpò dei nostri articoli niente meno che Silvio Berlusconi, pur ammettendo che poteva sbagliarsi. Nel 1990 era sceso in campo con la Lega Nord, assumendo la carica di amministratore della Pontidafin, e sostiene di aver partecipato attivamente alla creazione di Alleanza Nazionale, alla nascita di Forza Italia (tanto da scrivere sul tema una lettera aperta a Silvio Berlusconi) e della Casa delle Libertà. Nel 1995 aveva fondato con l’ideologo leghista Gianfranco Miglio il Partito federalista. Nel 1996 la sua ascesa si interrompe: viene arrestato su ordine della Procura di Aosta per la presunta megatruffa Phoney money, legata a dei bond, e indagato in un fascicolo parallelo, denominato Operazione lobbying, che ipotizzava la costituzione di un’associazione segreta che avrebbe fatto capo proprio a Ferramonti e al suo amico «americano» Enzo De Chiara. Nel 2005 viene assolto da ogni accusa e riprende la sua attività politica provando a riunire quel che resta dei vecchi democristiani o fondando movimenti come il Popolo del Web e il Partito delle aziende.

L’uomo, assai trasversale, ma di provata fede atlantista, si tuffa nella campagna elettorale del 2016 a favore di Donald Trump e marcia al fianco dei nostri gilet gialli guidati dal sanguigno generale Antonio Pappalardo. Nel 2021 viene intervistato da Report e rivendica di essere un tifoso di Matteo Renzi e di Maria Elena Boschi, volendo, come i due ex piddini, bucare le gomme al governo giallorosso di Giuseppe Conte. Per esempio mostra questo messaggio inoltrato all’ex ministra: «Se buttano giù questo cretino di Conte, una mano gliela diamo […] qualche milione di voti ce lo abbiamo». La Boschi all’inviato della trasmissione Rai spiegò di non aver mai risposto. Ferramonti, invece, confermò di poter muovere milioni di elettori appartenenti ad associazioni di categoria. Da sempre vicino ad ambienti massonici (l’affaire Carboni-Etruria docet), nel dicembre del 2015, alle esequie di Licio Gelli, si prende la scena e, davanti a un bouquet di microfoni, lancia messaggi sibillini su presunti documenti ancora inediti del fu Venerabile che consentirebbero, se divulgati, di riscrivere passaggi cruciali della storia política recente.

A questo lobbista, però, i neo potenti devono stare un po’ sul gozzo, forse perché troppo impermeabili ai suoi progetti. Col tempo, nonostante avessimo rivelato il suo coinvolgimento nel caso Etruria, Ferramonti, mostrando una certa sportività, aveva provato a inserire anche noi nella sua rete di contatti, invitandoci, senza fortuna, a svariati incontri. Ma il 14 settembre, dieci giorni prima delle elezioni, invece, aveva provato a propinarci il presunto «scoop» su Lollobrigida. Che, certo, se confermato avrebbe potuto agitare gli ultimi giorni campagna elettorale. «Ciao caro… ti interessa un gossip pruriginoso?» era stato il suo esordio. Una frase scritta sotto una foto che gli era stata inoltrata da qualcuno e in cui si vedevano diversi politici in posa a un evento della campagna elettorale. Otto persone in tutto: il terzo da sinistra era il futuro ministro, l’ultima a destra la Silvestri, già in tenuta premaman e con il pancione. Il messaggio di Ferramonti proseguiva: «La candidata Fdi Silvestri ex M5s abito rosso… è gravida… e sai di chi? Mr cravatta azzurra tal Lollo… che l’ha imposta in Abruzzo, come vedi sotto il sole non cambia mai nulla». La nostra replica è di stupore: «Ma Lollo non è il cognato di donna Giorgia?». Risposta: «Appunto eccheccaso. La sorella cornutazza è. Indaga… sei il n.1». Non sappiamo se Ferramonti si sia rivolto a noi perché sperava che pubblicassimo la notizia o, più semplicemente, affinché iniziassimo a parlarne in giro. Trattandosi di questioni molto personali, abbiamo ritenuto di non dare peso alla vicenda, come avevamo fatto anni prima, quando un chiacchierato personaggio ci aveva assicurato che una nota ministra era andata ad abortire a Londra perché incinta del suo leader. Spazzatura che, come detto, avevamo subito cestinato.

Ma quando, nei giorni scorsi, abbiamo visto la notizia della Silvestri e di Lollobrigida circolare senza nomi su alcuni siti che vanno per la maggiore e hanno iniziato a telefonarci personaggi di estrazione molto diversa, compreso qualche magistrato, per soffiarci nell’orecchio la presunta indiscrezione, allora abbiamo ritenuto che fosse arrivato il momento di provare a fare qualche verifica. Ma dentro a Fratelli d’Italia abbiamo trovato tutti tranquillissimi, quasi divertiti. Ci è stato confermato che la voce girava, che qualcuno aveva persino scritto ad Arianna, la sorella della Meloni, moglie di Lollobrigida, offrendole solidarietà, ma che si trattava di una bufala sesquipedale e che la Silvestri aveva deciso di rilasciare un’intervista per smentire quei boatos, dal momento che non ne poteva più.

Ovviamente ci siamo offerti di ospitare sulle nostre pagine l’annunciato sfogo, ma alla fine la deputata ha scelto la strada della lettera al Corriere della sera, mentre Lollobrigida, sempre con il quotidiano di via Solferino, lo scorso 15 marzo, aveva confessato l’esistenza della diceria senza entrare nei particolari: «Ormai di me si dice di tutto […] finisco pure nel gossip. È tutto assolutamente falso», senza specificare che cosa fosse «assolutamente falso».

Non sappiamo chi abbia iniziato a diffondere la storia, ma, certamente, Ferramonti ne era informato molto tempo fa. E, nell’occasione, non aveva mostrato grande simpatia per la Meloni. Ci aveva detto che a Washington nessuno prendeva sul serio la «fascionana», nonostante la futura premier, «essendo entrata in Aspen» credesse di «essere la benvenuta nei circoli atlantici».

Poi ci aveva spedito il logo del partito unico dei «Cialtroni» in cui figuravano tutti gli schieramenti compreso quello di Fdi. Successivamente ci aveva inondato di documenti, video e messaggi all’insegna del complottismo più spinto. Gli argomenti? Massoneria e servizi segreti deviati, mafia, stragi e colpi di Stato, Guerra fredda, terrorismo, intrighi vaticani, Covid, Big Pharma. Il 24 gennaio, Ferramonti ci ha spedito, a sorpresa, il santino elettorale di un candidato in Regione Lazio del partito della Meloni. Quindi ci ha inoltrato un messaggino dell’addetta stampa del politico di Fdi: «Buonasera dottor Ferramonti. Quando vuole possiamo sentirci per organizzare una eventuale intervista o un articolo […] con il giornalista Giacomo Amadori».

Un’iniziativa, quella del quasi settantenne bresciano, presa completamente a nostra insaputa. Ma, invece, di arrabbiarci abbiamo lasciato che Ferramonti continuasse a scriverci, senza rispondere. Il 7 febbraio ci ha inviato un volantino critico verso la Meloni in cui venivano messe a confronto le posizioni della premier prima e dopo la sua elezione su Mes, accise e pos.

Poi più niente. Sino alla missiva della Silvestri. Quando gli abbiamo fatto notare la smentita della deputata, Ferramonti non è arretrato di un passo: «Che doveva fare secondo te?». A questo punto gli abbiamo chiesto se fosse contattabile la sua fonte e lui ha replicato: «Troppo tardi. Ma chiedi nell’ambiente intorno a GM». Sembra che i veleni non siano ancora finiti.

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