Un Regno «unito» con l'Islam
Nelle istituzioni hanno sempre più spazio le istanze della comunità musulmana, nonostante le contraddizioni della Sharia con le leggi inglesi. Al recente voto c’è stato l’appoggio di questa componente della società ai laburisti. Ma un partito di ispirazione religiosa non è più un’utopia
Il presidente del Consiglio italiano Giorgia Meloni dichiara che l’Islam e la sua legge, la Sharia, non sono compatibili con la cultura del Paese ed europea. I governi svedese, olandese, tedesco e altri si avvicinano alle posizioni intransigenti di Polonia e Ungheria, in una tendenza generale di opposizione alle istanze integraliste. Ma in Gran Bretagna si sta verificando il contrario: il nuovo governo laburista sta cedendo a una progressiva islamizzazione.
Il sindaco musulmano di Londra, Sadiq Khan, anch’egli laburista, è stato eletto per tre volte. Non è che l’esempio più famoso. Altri grandi centri hanno, o hanno avuto, sindaci di fede islamica della stessa parte politica: Birmingham, Leeds, Blackburn, Sheffield, Oxford, Luton, Oldham e Rochdale. Proprio a Birmingham - circa 1,2 milioni di abitanti - il 30 per cento è musulmano (dati 2021). L’ultimo capo del Partito nazionale scozzese era un pakistano con lo stesso credo. Khan caldeggia l’inasprimento dell’atteggiamento penale contro l’«islamofobia», definita da un comitato del Parlamento, come fenomeno «a radice razzista», che si manifesta con parole dette o scritte che causano, o che potrebbero generare, turbamento ansioso per musulmani che le sentissero, a detta della stessa «vittima» (perciò senza bisogno di provare un intento persecutorio da parte del supposto reo). In particolare si dovranno seguire le chat online per individuare i trasgressori...
I critici affermano che in tal modo si crea (o si rafforza) la «polizia del pensiero» di orwelliana memoria. Tra l’altro il partito laburista ha diffuso un video elettorale con una conversazione fra Keir Starmer, l’attuale primo ministro, e Sadiq Khan. Il primo afferma: «L’islamofobia è intollerabile, soprattutto online, dobbiamo adottare misure molto più robuste, una politica di tolleranza zero». E il secondo risponde: «Spero che lei possa attingere alla sua esperienza di procuratore generale per agire concretamente contro i colpevoli...».
Dalla teoria alla pratica, l’applicazione rigorosa di norme «anti-islamofobiche» verrà assicurata dalla nomina di una deputata musulmana praticante, di origini pakistane, come Lord Chancellor: la 44enne Shabana Mahmood. Chi occupa questa carica è a capo di tutti i giudici inglesi, di cui determina promozioni e carriere; in più, ora, è anche segretario di Stato (ovvero ministro) per la Giustizia. È un po’ come se in Italia il primo presidente della Cassazione, il presidente della Corte costituzionale, il vicepresidente del Csm ed il ministro della Giustizia, fossero tutti di fede musulmana.
All’insediamento la nuova Lord Chancellor ha giurato sul Corano, e nel suo discorso ne ha citato il testo dove parla della giustizia: ha affermato che lei «come musulmana» si batterà sempre per la «giustizia». Ma non ha specificato se intende la tradizionale giustizia britannica (che discende dalla Magna Carta del 1215...), oppure la giustizia della Sharia, del diritto islamico, che è assai differente, si direbbe contrapposta (come si sa, prevede decapitazioni, amputazioni giudiziarie di mani e piedi, lapidazioni a morte, fra l’altro). Da sottolineare come la nuova Lord Chancellor abbia citato 14 volte la parola «giustizia» nel suo discorso, ma non una volta abbia utilizzato la parola «libertà». Questa nomina, che giornalisticamente dovrebbe essere un notizia assai rilevante, non ha provocato dibattito nei media inglesi, ad alcun livello. C’è un altro esempio eclatante: l’annuncio recente da parte del ministro degli Esteri, David Lammy, di una limitazione sulla fornitura di armi a Israele, a causa di un «chiaro rischio» che potrebbero essere utilizzati per «infrangere le leggi internazionali umanitarie…». Il messaggio implicito qui è che Israele è uno Stato comunque propenso a misure illegali anti umanitarie. Questa misura ha ricevuto i plausi dei numerosi manifestanti «pro-Palestina» che hanno sfilato in molte città britanniche nelle scorse settimane.
Ci si può domandare, a questo punto, il perché di un simile allineamento da parte della sinistra britannica (e non solo) con le istanze islamiche. «Non c’è alcuna idea più a destra dell’ideologia islamica», ha affermato una signora ex-musulmana in un video. Coraggiosa davvero, perché la Sharia prescrive la pena di morte obbligatoria per qualunque musulmano abbandoni la fede. Sempre in ampia parte dei media chi critica l’Islam viene marchiato come «di ultradestra». Si creano inoltre situazioni paradossali, dove la gran parte delle femministe storiche di sinistra tacciono sull’oppressione delle donne nell’Islam, glissando addirittura sulle mutilazioni genitali femminili praticate su decine di milioni di donne. E i gay «pro-Palestina» in Occidente, mentre quelli palestinesi devono rifugiarsi nel tollerante Israele? Pare che si abbia paura di alimentare il «razzismo». Ci sono poche eccezioni di chi apertamente si oppone a queste pratiche che vanno contro ogni legge occidentale; è il caso della radicale Emma Bonino, già ministro degli Esteri italiano, che ha vissuto per anni al Cairo imparando l’arabo e facendo campagna contro la pratica delle mutilazioni femminili, subite dall’80-90 per cento delle donne egiziane. Si sono viste manifestazioni enormi nelle strade europee a favore della Palestina (o di Hamas), passando sotto silenzio gli assassini a colpi di mitra nelle strade dell’Iran di centinaia di donne che protestavano contro le uccisioni da parte della polizia di ragazze che non portavano «correttamente» il velo islamico.
Oltre alle considerazioni di affinità ideologica, c’è un voto di blocco musulmano in Gran Bretagna, di circa quattro milioni di persone. Nel censimento del 2021 risultavano essere il 6,5 per cento della popolazione. Nell’importante sito The Muslim Vote si spiega come, unendo le forze, i votanti della comunità islamici, possono determinare il successo o meno dei candidati di altri partiti, in particolare dei laburisti. Fra gli obiettivi elencati dalla propaganda online spiccano questi temi; in Palestina, un cessate il fuoco da parte di Israele e sanzioni contro di esso, nonché arrivare a uno Stato di Palestina. Si parla poi di «eradicazione dell’“islamofobia” nei pubblici servizi»: ecco che, per polizia e giudici si chiede di combattere «islamofobia, misoginia e razzismo», anche con addestramento obbligatorio del personale contro i «pregiudizi inconsci». E ancora, nelle scuole, si auspica «sia dato spazio alle esigenze islamiche» dall’insegnamento fino al vestiario...
Riguardo alla pressione elettorale esercitata da questa comunità religiosa, va ricordato come con il sistema uninominale secco inglese, in molti collegi una manciata di voti può fare la differenza. In particolare, tali consensi sono stati essenziali per assicurare l’enorme maggioranza di seggi (63 per cento, con il 34 per cento dei voti) ottenuti dai laburisti il 4 luglio scorso. Le misure pro-Islam del nuovo governo servono a consolidare questo legame politico. Se i credenti islamici britannici fondassero una loro formazione, come alcuni di loro vorrebbero, «spaccherebbero» quel voto, con conseguenze catastrofiche per la percentuale degli stessi laburisti. Vi è una comprensibile preoccupazione in Gran Bretagna. La recente, selvaggia uccisione a coltellate di tre ragazzine a Southport, da parte di un giovane psicopatico, ha provocato violente reazioni in molte città. Si è scoperto dopo che il ragazzo non era musulmano, ma le modalità dell’attacco richiamavano quelle di altri attacchi gratuiti di chiaro stampo islamista: la folla inferocita ha assaltato la moschea locale. I media hanno detto che elementi di «estrema destra» hanno aizzato le sommosse, diffondendo notizie false sulla religione dell’assassino. A quel punto, purtroppo, la violenza è scoppiata. Il tutto su uno sfondo di immigrazione crescente: fra il 2011 e il 2021 la popolazione inglese è aumentata di 3,5 milioni (circa 6,3 per cento). Di tale incremento, 1,16 milioni (33 per cento) sono musulmani (fonte: The Muslim Council of Britain). Nonostante le promesse, i governi conservatori non hanno ridotto l’afflusso di immigrati (685 mila netti nel 2023), e ciò spiega la disaffezione di molti loro sostenitori. Intanto, i servizi sociali, abitativi, sanitari, scolastici e dei trasporti sono sempre più sotto pressione. E i britannici sempre più insofferenti verso chi vuole varcare, clandestinamente, il confine del Regno Unito.