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Sale la tensione tra Stati Uniti e Sudafrica

Washington ha dichiarato l'ambasciatore sudafricano negli Usa "persona non grata". I due Paesi sono del resto sempre più divisi da numerose questioni di natura geopolitica

Aumentano le tensioni diplomatiche tra Washington e Pretoria. Venerdì, il Dipartimento di Stato americano ha dichiarato l’ambasciatore sudafricano negli Stati Uniti, Ebrahim Rasool, come “persona non grata”.

Ebrahim Rasool è un politico istigatore di razzismo che odia l'America e odia il presidente Donald Trump”, ha affermato il segretario di Stato americano, Marco Rubio. “Non abbiamo nulla da discutere con lui e quindi è considerato persona non grata”, ha aggiunto. Il diplomatico dovrà quindi lasciare il Paese entro il 21 marzo, mentre il presidente sudafricano, Cyril Ramaphosa, ha bollato come “deplorevole” la mossa di Washington. Nel post in cui annunciava la sua decisione, Rubio ha allegato un articolo di Breitbart News, che riportava alcune dichiarazioni di Rasool, in cui il diretto interessato collegava il movimento di Trump al suprematismo.

La tensione diplomatica tra Pretoria e Washington non nasce del resto oggi. Problemi si erano verificati già il mese scorso, quando la Casa Bianca aveva criticato una controversa legge che, firmata da Ramaphosa, consente di espropriare terreni senza indennizzo in determinate circostanze: vale a dire quando ciò sia ritenuto “giusto, equo e nell'interesse pubblico”. Trump aveva espresso contrarietà nei confronti della norma, accusando Pretoria di “confiscare terre e di trattare molto male certe categorie di persone”. Parole, quelle dell'inquilino della Casa Bianca, che avevano a loro volta irritato Ramaphosa. In questo clima, sempre il mese scorso, Rubio si era rifiutato di partecipare al summit del G20 organizzato a Johannesburg. In quegli stessi giorni, Trump aveva inoltre siglato un ordine esecutivo, bloccando l’assistenza americana a Pretoria. E attenzione: i rapporti tra Stati Uniti e Sudafrica avevano iniziato a guastarsi già ai tempi dell’amministrazione Biden. Nel 2023, quest’ultima aveva infatti accusato il Paese di fornire armamenti alla Russia.

D’altronde, alla base delle fibrillazioni tra Trump e il Sudafrica vi sono varie questioni di natura geopolitica. Innanzitutto, la Casa Bianca teme i legami sempre più stretti di Pretoria con Pechino e Mosca. Ricordiamo che, a fine gennaio, il presidente americano aveva minacciato di imporre pesanti dazi ai Brics, qualora questi ultimi avessero proseguito nei loro intenti di de-dollarizzazione. In secondo luogo, non dimentichiamo che, a dicembre 2023, il Sudafrica aveva accusato Israele di genocidio a Gaza davanti alla Corte internazionale di Giustizia: una mossa che evidentemente l’amministrazione Trump considera assai problematica. Un altro punto spinoso agli occhi della Casa Bianca è rappresentato dal rafforzamento dei rapporti che intercorrono tra Pretoria e Teheran. Non a caso, Trump, nel suo decreto in cui bloccava gli aiuti al Sudafrica, ha citato esplicitamente sia la sua causa contro Israele sia le sue relazioni sempre più strette con l’Iran.

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Stefano Graziosi