Pancreas, la cura possibile
La proliferazione tumorale di quest’organo è spaventosa. Per contrastarla è allo studio un farmaco che s’impiega nella terapia dell’asma.
Il cancro al pancreas fa parte dei famigerati «tumori killer», quelli con la più bassa probabilità di sopravvivenza. Ma, grazie ad alcune nuove scoperte, in futuro potrà essere rimosso da questa categoria.
La caratteristica più interessante emersa di recente è che un farmaco usato per il trattamento dell’asma ha mostrato, sia in cellule da coltura sia in animali di laboratorio, una capacità sbalorditiva di contrastare la proliferazione tumorale. È il frutto di una ricerca dalle potenziali applicazioni nella cura di altre neoplasie che è stato pubblicata lo scorso luglio sul Journal of Experimental & Clinical Cancer Research a firma di un gruppo internazionale coordinato dall’Istituto di Genetica e Biofisica Adriano Buzzati Traverso del Cnr di Napoli, tra i quali Gabriella Minchiotti (Cnr-Igb) e Cristina D’Aniello (Cnr-Igb). «La nostra ricerca fa parte degli studi cosiddetti di “riposizionamento”, cioè quelli che mirano a impiegare nella cura del cancro farmaci utilizzati per altre patologie» spiega D’Aniello.
«Ciò che ci ha guidato è l’osservazione che tra i pazienti asmatici vi è una minore incidenza del tumore al pancreas. Era quindi ipotizzabile che la budesonide, il glucocorticoide più impiegato per l’asma, potesse avere effetti positivi come coadiuvante nel trattamento dell’adenocarcinoma duttale pancreatico, la forma più letale e frequente di tumore al pancreas».
A questo punto i ricercatori ne hanno sperimentato l’effetto nell’impedire la proliferazione, la migrazione e l’invasività delle linee cellulari del cancro del paziente coltivate in laboratorio, e lo sviluppo delle cellule del tumore umano in topi di laboratorio. «Il farmaco inibisce il loro ciclo cellulare» precisa D’Aniello. «Più in dettaglio, budesonide e glucocorticoidi inducono una sorta di riprogrammazione delle cellule cancerose, così da contrastare il loro metabolismo glicolitico e trasformarlo in metabolismo di tipo ossidativo, bloccandone di conseguenza la crescita». Quello che ci si chiede è quali vantaggi potranno trarne i pazienti. «Siamo ancora nella fase della sperimentazione preclinica, ma ci auguriamo che il passo successivo sarà l’avvio degli studi clinici.
Il vantaggio in tal caso è che si sa già che la budesonide, essendo utilizzata in varie terapie, come quella per l’asma, non ha effetti tossici sulla salute. Se i risultati saranno positivi, potrà essere impiegata anche in combinazione con altri farmaci, in particolare quelli della chemioterapia come gemcitabina, nab-paclitaxel, fluoroderivati e derivati dal platino». Lo studio lascia fuori un 20 per cento dei tumori al pancreas, quelli neuroendocrini, ma D’Aniello è ottimista: «Bisognerà estendere la ricerca, ma come mostrano i nostri risultati su altri tipi tumorali, come quello della mammella, è possibile che il budesonide funzioni anche nel cancro al pancreas di natura neuroendocrina e speriamo in altri tipi di neoplasie solide che coinvolgono organi diversi».
Il tumore al pancreas ha un tasso di sopravvivenza a cinque anni del 12,5 per cento circa, ma dagli ultimi dati disponibili questa percentuale appare in crescita. La maggior parte delle volte il cancro insorge nei tessuti di questo organo, che è deputato alla digestione e alla produzione di insulina.
Più raramente, si presenta prima nelle cellule endocrine del pancreas che forniscono enzimi importanti per il metabolismo del glucosio, come l’insulina.
A seconda delle caratteristiche e dello stadio del tumore, i medici lo trattano con chirurgia, radioterapia o chemioterapia, senza molto successo. Accanto alla budenoside, ci sono poi ulteriori e promettenti linee di ricerca. «Altri farmaci a bersaglio molecolare sono già in uso per alcuni sottotipi di tumore pancreatico, come gli inibitori della tirosin-chinasi che colpiscono vari recettori coinvolti in segnali di cellule tumorali. Ricerche parallele hanno come scopo trovare nuovi bersagli molecolari e individuare marker diagnostici. Le sequenze di migliaia di tumori al pancreas, con le tantissime mutazioni appena scoperte, forniranno indizi utilissimi per terapie innovative. E poi dalle cure immunoterapiche, in fase di forte sviluppo, arriveranno presto risultati» conclude D’Aniello.
L’immunoterapia è una nuova strategia che si basa sull’idea che il sistema immunitario si possa potenziare e mettere in condizioni tali da riconoscere le cellule tumorali con l’obiettivo di distruggerle. Il concetto centrale è abbastanza semplice: le difese dell’organismo riconoscono come estranee le cellule tumorali e scatenano la reazione dei linfociti T, come fossero soldati. Ma il cancro reagisce spegnendo alcuni interruttori del sistema immunitario, chiamati «check-point». L’immunoterapia, basata sull’impiego di anticorpi, disinnesca le capacità dei linfociti T di annientare le cellule «nemiche». Tutte queste speranze si stanno concretizzando anche grazie a «organoidi» che riproducono il tessuto tumorale. Avere una simulazione fedele del cancro del malato in laboratorio permette infatti ai medici di sperimentare nuove terapie pensate ad hoc per un dato paziente. Così, in pochi anni, vedremo finalmente aumentare la percentuale di coloro che sopravvivono a questa terribile malattia per più di cinque anni.