La tentazione di «umanizzare» cani, gatti, e in generale gli animali, non risparmia il mondo vegetare. Ci piace pensare, e sentirci raccontare, che le piante sono «intelligenti», hanno sentimenti, provano dolore se vengono abbattute da una bruta motosega o stroncate da un fulmine, e persino possiedono una loro forma di autoconsapevolezza. Peccato che nulla di tutto ciò sia dimostrabile, né dimostrato. Alberi e piante sono tante cose, e molto di queste davvero formidabili, ma non sono «intelligenti». A ridimensionare per noi questa narrazione molto green, nutrita (probabilmente) anche da un certo senso di colpa nei confronti del pianeta e della natura, è Paola Bonfante, professoressa emerita di biologia vegetale all’Università di Torino e accademica dei Lincei, che nel mondo vegetale ha trascorso una vita. E le piante le conosce davvero bene. Domenica 1 ottobre (alle 11) nel corso della XXI edizione del Festival Bergamo Scienza, Bonfante terrà una tavola rotonda dal titolo Le piante: intelligenti o incomprese? In dialogo con il filosofo della scienza Paco Calvo.
Alla fine, le piante sono intelligenti oppure no?
Esistono su questo due visioni un po’ diverse: quella di un gruppo di persone molto coinvolte nella divulgazione scientifica, e poi quella dei ricercatori sperimentali. I primi amano dire che le piante e gli alberi sono intelligenti, che si può parlare di neurobiologia vegetale, mentre i ricercatori di laboratorio affermano che la terminologia è sbagliata perché le piante non hanno un sistema nervoso..
Dunque parlare di neurobiologia vegetale è scorretto...
Non possedendo sistema nervoso, è un termine senza fondamento.
Anche il concetto di «intelligenza vegetale» è fuorviante?
Bisogna anzitutto intendersi su cosa definiamo come intelligenza. Le piante sono certamente organismi potentissimi, hanno cambiato l’atmosfera terrestre 450 milioni di anni fa, da quando sono sul pianeta, immensurabilmente più antiche di noi. Dipendiamo dall’ossigeno che producono, ci danno cibo ed energia fossile su cui abbiamo fondato la nostra civiltà, e hanno le loro regole hanno avuto una loro evoluzione.
Quindi?
Con questo non vanno antropomorfizzate. È un falso problema chiedersi se sono intelligenti, perché non è sperimentalmente verificabile.
E che definizione diamo di intelligenza?
Io ne dò una definizione biologica e riduzionalistica. Una cellula cosa sa fare? Grazie alla sua membrana sa riconoscere i segnali esterni e a seconda di questi si adatta e adatta il suo metabolismo, questa è un’intelligenza biologica se vogliamo. E ogni cellula la possiede. Anche i batteri. Ma se l’intelligenza è un parto della mente, nelle piante c’è una mente che la esprime? Non è dimostrabile.
Si racconta anche che le piante comunicano tra loro, hanno un sistema di auto-aiuto. Vero o mica tanto?
Esiste una rete sotterranea di miceli fungini che tiene insieme le radici ma, al di là di ciò, noi non abbiamo idea di quali segnali o molecole passino. E non possiamo sostenere che si parlino tra loro. Di nuovo, perché attribuire sentimenti alle piante? È una lente antropomorfica. Certo, sappiamo da tanti anni che tra alberi e funghi c’è una relazione stretta, il 90 per cento delle piante ha un legame con funghi del suolo che si associano alle loro radici. E le comunità vegetali dipendono da queste relazioni. Ma, nella versione popolare, alla Ted talks per intenderci, viene raccontato in modo enfatico: che le «piante madri» mandano il loro cibo e nutrimento ai germogli nati dai semi e riconoscono i loro «parenti».
Tutte sciocchezze?
Ho sempre avuto dubbi, mi chiedo dove siano le verifiche sperimentali. Intanto però il pubblico si commuove, partono applausi... A gennaio 2023 su Nature Ecology and Evolutio è uscito uno studio che afferma che questi lavori non sono sostenuti da ricerche scientifiche, non c’è la cosiddetta «peer review». Sono basati sull’aneddotica.
Molti parlano alle piante di casa convinti che così crescano meglio.
L’orchidea fiorisce e noi le facciamo i complimenti, ma non è che parlando lei capisce e fa più fiori, le piante non sono come gattino di casa, questo è piuttosto un nostro bisogno di accudimento, di umanizzare ciò che abbiamo intorno. Diverso è il discorso delle comunità indigene e del loro rapporto con la foresta, per esempio.
A Bergamo tanti appuntamenti da non perdere
Organizzato dall’Associazione BergamoScienza, il festival – dal 29 settembre al 15 ottobre – OFFRE conferenze, mostre, laboratori, spettacoli e tour virtuali.
Tra gli ospiti: i Premi Nobel per la Fisica Serge Haroche e Kip Thorne; Steve Fleming, direttore del MetaLab allo University College di Londra; il cardiochirurgo Ottavio Alfieri; l’astrofisica Simonetta di Pippo con Ilaria Zilioli, funzionaria legale dell’ESA; l’astronauta Luca Parmitano; il fisico teorico Avi Loeb; Camilla Colombo, docente del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Aerospaziali del Politecnico di Milano; Pietro Faccioli, docente di fisica applicata all’Università di Milano Bicocca; Chris Bowler, direttore del Dipartimento di Genomica ambientale ed evolutiva presso l’École Normale Supérieure di Parigi con l’evoluzionista Telmo Pievani;; lo storico dell’ambiente Marco Armiero; la biologa ed esperta in comunicazione scientifica Sara Moraca con la climatologa Elisa Palazzi; Roberta Fulci, autrice scientifica e conduttrice radiofonica con la biologa Agnese Collino; Alfonso Lucifredi, naturalista e giornalista scientifico; Adele La Rana, storica della fisica; i divulgatori scientifici Danilo Gasca e Ruggero Rollini; il paleontologo Cristiano del Sasso; il cantautore Cristiano Godano; Francesca Pasinelli, direttore Generale di Fondazione Telethon; Luigi Naldini e Alessandro Aiuti, rispettivamente direttore e vicedirettore dell’Istituto San Raffaele Telethon per la Terapia Genica; Marco Marietta, direttore della struttura Semplice «Malattie della Coagulazione» dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Modena; Franco Piovella, medico specializzato in chirurgia vascolare All’IRCCS di Pavia.