Slam, tutto per una ragazza – La recensione
Gli amori giovanili, la passione per lo skateboard e una maternità imprevista nel delicato film di Andrea Molaioli tratto da un romanzo di Nick Hornby
Ci sono diverse linee che s’intrecciano in Slam – Tutto per una ragazza (è in sala del 23 marzo) di Andrea Molaioli. Prima di tutto quella del titolo, nel riferimento allo slam che appartiene al linguaggio dello skateboarding e testimonia di un capitombolo rovinoso dopo un’evoluzione difficile sulle rotelle. Poi il romanzo dal quale il film è tratto, appunto Tutto per una ragazza (ed. Guanda) di Nick Hornby (quello di Alta fedeltà e Febbre a 90° tanto per citare altri due titoli acquisiti dal cinema), che infila nella vicenda la figura del leggendario skater Tony Hawk, famoso per le sue incredibili temerarie evoluzioni. Infine il nome brillante del regista, Andrea Molaioli, 50 anni, arrivato all’affermazione immediata e clamorosa proprio al suo esordio con La ragazza del lago (2007), mistery intrigante e fascinoso cui il successivo Il gioiellino (2011) non è riuscito a dare adeguata replica.
Una “maledizione di famiglia”
Proprio con Hawk il giovane protagonista della storia, Sam (Ludovico Tersigni), 16 anni, appassionato di skateboard, sostiene costantemente un dialogo immaginario. Non a caso, perché i fatti della sua vita sembrano specchiarsi con quelli del suo eroe, che a tratti pare guidarlo nelle scelte e illuminarlo con la sua visione della vita. Sam ha un problema: è figlio di una coppia separata, l’amorevole Antonella (Jasmine Trinca) e il forse troppo maschileValerio (Luca Marinelli) e molto soffre di quella condizione: specie perché uno dei suoi grandi sogni, accanto a quello d’iscriversi all’università, è quello di non ricadere nell’errore dei genitori di averlo concepito quando avevano la sua stessa età. Una sorta di maledizione familiare, peraltro, visto che anche nonni e bisnonni hanno fatto lo stesso nel corso del tempo.
Ma Alice aspetta un figlio
Invece Sam incontra Alice (Barbara Ramella), coetanea talmente e adorabilmente deliziosa da fargli perdere la testa. E in parte il controllo nelle frequenti, reciproche e del tutto inevitabili manifestazioni ormonali che accompagnano i loro incontri. C’è aria di “fidanzamento”, tra i due. Con la famiglia di lei a pesare e a pressare tanto da indurre nel giovanotto i sintomi del soffocamento, aggravati dal fatto che pure lo skate e gli amici sono diventati un pallido ricordo. Ma quando lui, per riacquistare la libertà perduta decide di lasciarla, Alice gli confessa d’essere rimasta incinta. Bum. Anzi, slam. Sortilegio perpetuato.
Davanti alla rivelazione e alle sue conseguenze, il confuso impanicato Sam riesce a rispondere soltanto con la fuga, la diserzione dalle responsabilità e da un destino maligno che pare avvolgere anche lui, come il suo intero albero genealogico. La ritirata, comunque, dura poco. Sam torna ad affrontare la vita, la paternità, la maturità, la consapevolezza, il dovere. Anche se è solo alle soglie dei 17 anni. Con ogni possibile, logica conseguenza.
Quelle fughe temporali
Hawk e la sua autobiografia Tony Hawk (TH): Occupation: Skaterboarder sono guida spirituale e non solo per l’adolescente Sam. Sul quale riescono ad produrre, almeno così crede il ragazzo, delle magiche escursioni temporali che lo proiettano al futuro, lasciandogli intravedere – forse – quel che sarà di lui nella relazione con Alice e con il figlioletto che chiameranno Ufo. Una piccola, saltuaria, bizzarra macchina del tempo messa in moto nel racconto (con voce fuori campo, in inglese, dello stesso Hawk) che il film trasforma in flashforward non sempre agili nella loro identificazione e nelle motivazioni del loro aggirarsi narrativo: ma che restano, in ogni caso, punti di riferimento stilisticamente qualificanti di una rappresentazione nello specifico non facilissima, dalla quale però Molaioli riesce a trarre il miglior risultato possibile. Quello, cioè, di un film articolato e al tempo stesso semplice, visionario e realistico, deliziosamente nature nello svolgimento di quella delicata trama d’amore e di quelle due maturazioni forzate.
Due personaggi dolci e simpatici
Merito anche di una sceneggiatura (scritta dal regista insieme con Francesco Bruni e Ludovica Rampoldi) molto attenta non solo ai raccordi ma anche ai dialoghi, sempre pertinenti e adesivi ad un linguaggio giovanile mai falsato, mai forzato da improvvide coloriture. Un mondo raccontato con leggerezza e ironia senza che, con questo, se ne trascurino le più serie ed intense verità. Sam e Alice (i due ragazzi recitano con ardore contenuto ma candido le loro parti, proprio come dev’essere) sono veri, simpatici e dolci nell’espansione di quell’amore che sembra amore vero ma forse non lo è, simboli di una generazione per la quale i sentimenti pesano quanto lo smarrimento che quegli stessi sentimenti producono.