L'Italia agli Europei 3^ parte (dal '88 al '96)
Dai giovani campioni di Azeglio Vicini, alla rivoluzione tattica di Arrigo Sacchi. Una semifinale e poco altro
1988 - GERMANIA OVEST
8 squadre per 8 stadi in altrettante città. La nona edizione del torneo continentale sbarca per la prima volta in Germania, che prepara per l'occasione un'accoglienza in grande stile. L'Italia di Bearzot, tornata tra mille polemiche dal Mondiale messicano (fuori agli ottavi, un mezzo fallimento), ha bisogno di ritrovare l'identità perduta. La Federcalcio decide così di dare via ad un nuovo ciclo, una nuova grande rivoluzione che questa volta non coinvolge soltanto i giocatori.
Bearzot viene infatti cortesemente accompagnato alla porta e ringraziato sentitamente per gli 11 lunghi anni di dedizione alla causa azzurra. Al suo posto, il tecnico dell'Under 21 probabilmente più bella e convincente della storia italiana, Azeglio Vicini, che porta con sé nella rappresentativa "Senior" alcuni campioncini che col tempo diventeranno stelle di prima grandezza del pallone internazionale.
Donadoni, Giannini, Mancini, Vialli, De Napoli, Maldini, Zenga. Parte il nuovo corso della nuova Italia. Che accanto a giovani promesse dal futuro ricco di sicure soddisfazioni schiera giocatori già affermati e per questo garanzia di qualità e quantità dei momenti più difficili. Tra loro, Altobelli, Franco Baresi, Ancelotti, Bergomi e Dossena.
Gli azzurri vengono inseriti nel gruppo 2 di qualificazione. Passano soltanto le prime classificate dei 7 gironi. L'Italia è chiamata a fare meglio di Svezia, Portogallo, Svizzera e Malta.
Le prime quattro gare dicono benissimo ai ragazzi di Vicini. Che battono nell'ordine Svizzera, Malta (in casa e in trasferta) e Portogallo, a Lisbona. Tutto relativamente facile, o quasi. Altobelli sugli scudi, segna a ripetizione e (6 reti su 11) fa grande una squadra che oltre a lui non offre molte soluzioni in attacco.
I problemi arrivano alla gara numero 5. Italia a Stoccolma per affrontare l'avversario più forte del girone, la Svezia di Stromberg, idolo atalantino. Finisce male, 1 a 0 per la formazione di casa. Primo campanello d'allarme per Vicini, che non può permettersi di fare altri passi falsi se non vuole salutare prima del tempo gli Europei.
Nell'incontro successivo, pareggio a reti bianche in Svizzera. Si conferma la sensazione di qualche mese prima. Se non segna Altobelli, l'Italia soffre. E arranca in cerca di alternative che non arrivano. A dissipare questi dubbi ci pensa Gianluca Vialli nella partita di ritorno contro la Svezia. Si gioca a Napoli. Per la nostra nazionale è necessario fare risultato, costi quel che costi. L'attaccante della Sampdoria mette la firma su due prodezze, una più bella dell'altra. Finisce 2 a 1 per l'Italia. Che ora si trova ad un passo dalla qualificazione alla fase finale.
Contro il Portogallo, ultimo avversario del girone, basterebbe un pareggio. Tuttavia, davanti al pubblico di Milano, gli azzurri chiudono la fase di qualificazione con 3 gol. Ancora Vialli, poi Giannini, quindi De Agostini. Festa grande, si va in Germania.
Oltre all'Italia e alla Germania Ovest, qualificata di diritto, accedono alle gare che valgono la coppa Danimarca, Inghilterra, Irlanda, Olanda, Spagna e Urss. Come da tradizione, due gironi di 4 squadre. Le prime due di ogni gruppo volano in semifinale, si fa sul serio. Agli azzurri non sembra andare malissimo. Capitano con la formazione di casa, la Spagna e la Danimarca.
La prima partita è proprio contro la Germania Ovest dei fenomeni Brehme, Littbarski, Matthaus, Voller e Klinsmann. Li guida un certo Beckenbauer, leggenda del calcio tedesco. Sblocca la gara Mancini, che trova il modo di farsi perdonare per un filotto di prestazioni tutt'altro che convincenti. Pareggia dopo 4 minuti Brehme su punizione a due in area. 1 a 1 e riflettori accesi sull'impegno del mercoledì successivo. La Spagna ha battuto all'esordio la Danimarca e per continuare ad andare avanti nella manifestazione occorre batterla.
A regolare i conti con le Furie Rosse di Butragueno ci pensa Vialli al 74' su imbeccata deliziosa di Ancelotti e velo di Altobelli. Diagonale di sinistro e palla in gol. L'Italia esulta, la Spagna non si rialza. E' quasi fatta. Ora tocca regolare la Danimarca, che è stata battuta anche dalla Germania. A Colonia il sogno prende forma. La partita rimane in equilibrio fino al 67'. Poi, ci pensa Altobelli. entrato da una manciata di secondi, forse meno, a chiudere la pratica. Sigillata e archiviata poco prima del fischio finale da De Agostini. Italia in semifinale. Con Germania, Olanda e Urss.
Gli azzurri di Vicini se la dovranno vedere con i sovietici, la bestia nera dell'Italia agli Europei. Il ct manda in campo gli uomini che tanto bene hanno fatto nelle tre gare precedenti. Altobelli parte ancora dalla panchina. Davanti il trio Mancini, Giannini e Vialli. Nell'Urss giocano Zavarov, Mikhaijlichenko, Protasov, Alejnikov e capitan Dasaev, il portiere, da molti considerato l'erede naturale di Jascin.
Pronti e via e l'Italia sta a guardare. L'Urss domina in lungo e in largo e non fa giocare gli avversari, che non riescono a sollevarsi e a fare paura. Arriva il gol di Litovchenko, quindi due minuti dopo quello di Protasov. L'Italia è alle corde, bersagliata dal gioco avvolgente della nazionale sovietica. Non ci sarà nulla da fare. Azzurri a casa e Urss in finale, dove verrà battuta dall'Olanda del trio rossonero Rijkaard, Gullit e Van Basten. Strapotere orange.
I convocati azzurri per la fase finale: Zenga, Ferri, Bergomi e Altobelli (Inter); Baresi, Maldini, Ancellotti e Donadoni (Milan); Cravero (Torino); Ferrara, Francini, De Napoli e Romano (Napoli); De Agostini e Tacconi (Juventus); Fusi, Mancini e Vialli (Sampdoria); Giannini (Roma); Rizzitelli (Cesena).
1992 - SVEZIA
E' l'ultima edizione degli Europei con la formula che prevede 8 squadre ammesse alla fase finale. Svezia qualificata di diritto e 7 squadre che devono passare dall'inferno delle qualificazioni per meritarsi il pass che vale il diritto di partecipare alle gare in terra scandinava.
Per l'Italia, si rinnova la tradizione. Che dice che dopo un buon Mondiale, arriva un Europeo così così. Nel '90, gli azzurri di Vicini avevano spaventato il mondo con una squadra che era stata esclusa dalla finale soltanto ai calci di rigore dall'Argentina stellare di Maradona e soci. Era il Mondiale italiano, il Mondiale carico di aspettative e di speranze per la squadra di casa. Il presidente della Federcalcio Matarrese ne esce a pezzi, deluso e sfiduciato. Vorrebbe silurare Vicini, ma lo conferma più per necessità che per reale convinzione.
Nel girone di qualificazione per gli Europei svedesi, Italia a battagliare con Ungheria, Urss, Norvegia e Cipro. Due incontri, due pareggi. Prima in Ungheria (1-1, gol su rigore di Roberto Baggio), quindi in casa contro l'Urss (0 a 0 bruttissimo e privo di azioni degne di nota a causa anche e soprattutto della pioggia). Gli azzurri non piacciono, Schillaci sembra spento e Zenga fa il fenomeno. Senza di lui, sarebbe finita peggio, soprattutto contro i sovietici.
Le cose vanno meglio contro Cipro (4 a 0, e non è una notizia, impegno troppo facile), e contro l'Ungheria (3 a 1 in casa). Donadoni e Vialli mettono ko la squadra magiara. Si rivede il sole. I numeri dicono che la qualificazione è ancora alla portata. Ma a Oslo contro la Norvegia capita il patatrac. Vicini deve fare a meno di Baggio, Giannini e Donadoni. Al loro posto inserisce Eranio, Lombardo e Crippa. Va malissimo. Al 25' è già 2 a 0 per i norvegesi. A nulla servirà il gol di Schillaci a una decina di minuti dalla conclusione della partita.
A fine partita, Matarrese recita il de profundis per il ct degli azzurri: "Quando avremo la certezza matematica dell'eliminazione europea, affideremo la guida della Nazionale a un uomo di provata esperienza nazionale e internazionale di club". Fine delle discussioni. Vicini sa già che dovrà fare le valigie per lasciare Coverciano al termine degli Europei. Eppure, rimane al suo posto.
Le tre gare che seguiranno non cambieranno le sorti del selezionatore. Prima il pareggio a reti bianche a Mosca contro l'Urss, forse l'ultima occasione per tornare in corsa, poi il pareggio casalingo contro la Norvegia. Quindi, per chiudere, la vittoria stentata contro Cipro. L'Italia si classifica seconda a 3 punti dall'Unione Sovietica. Che proprio non ha alcuna intenzione di regalare nulla alla nostra nazionale. Vincerà il torneo una sorprendente Danimarca.
1996 - INGHILTERRA
Cambia il calcio, cambiano le regole che lo governano. Viene modificata la modalità di svolgimento dell'Europeo previsto in terra d'Albione. Non si può più correre il rischio che le grandi rimangano a casa. E' necessario, lasciano intendere i dirigenti Uefa, che la fase finale diventi una grande festa con le migliori nazionali disponibili al momento. Dunque, raddoppiano le squadre che si giocheranno il trofeo (da 8 a 16), e aumentano le formazioni che prendono il via alle qualificazioni (48). Infine, a proposito di regole che cambiano, va segnalato l'inserimento del golden gol. Ai tempi supplementari, la prima squadra che segna, vince.
L'Italia si presenta come vicecampione del mondo (ricordate il rigore sbagliato da Roby Baggio a Usa '94?), con Arrigo Sacchi che viene confermato timoniere di una squadra che è considerata tra le favorite, insieme con la Danimarca, l'Olanda, l'Inghilterra e la "solita" Germania. L'ex tecnico del Milan stellare mette alla prova 89 giocatori prima di scegliere quelli da convocare per l'impegno europeo. E' una prassi consolidata, Sacchi prova tanto e poi decide.
Gli azzurri vengono inseriti nel gruppo 4 con Croazia, Lituania, Ucraina, Slovenia ed Estonia. Come dire, anche l'Europa nel frattempo è cambiata.
Le cose non iniziano benissimo. Il 7 settembre del 1994 l'Italia pareggia 1 a 1 in Slovenia. Debutta Panucci. Conferme per i nuovi arrivati Mussi e Zola. Tuttavia, gli avversari sulla strada per l'Inghilterra non sono certamente irresistibili e così, a parte una brutta battuta d'arresto a Palermo contro la Croazia (doppietta di Suker, gol nel finale di Dino Baggio alla prima presenza in maglia azzurra), Sacchi conduce i suoi uomini in testa alla classifica del girone a pari punti proprio con la Croazia.
Il bilancio dice 7 vittorie, 2 pareggi e 1 sconfitta, 20 i gol fatti, 6 quelli subiti. Tutto liscio come l'olio, o quasi. Fanno il loro esordio in maglia azzurra, tra gli altri, Favalli, Rambaudi, Negro, Di Matteo, il già citato Dino Baggio, Bucci, Carnasciali, Peruzzi, Del Piero e Ravanelli. L'Italia diventa grande nei numeri e nelle prospettive.
Le 16 squadre che hanno guadagnato l'accesso alla fase finale vengono divise in 4 gruppi da 4. Passano le prime due di ogni girone, che accedono ai quarti di finale. L'Italia è inserita nel gruppo C, con Germania, Repubblica Ceca e Russia. Sacchi dirama le convocazioni e lascia a casa, tra le polemiche della stampa e dei tifosi, Roberto Baggio, Singori, Vialli, Panucci e Benarrivo. Deve rinunciare anche a Ferrara, ma qui le ragioni sono di carattere fisico e nulla si poteva fare e/o obiettare.
Nella prima gara, gli azzurri battono la Russia per 2 a 1 con doppietta di Casiraghi, strepitoso sotto porta grazie ai suggerimenti precisi ed efficaci di un sempre più convincente Zola. Squadra che vince... si cambia. Per l'incontro contro la Repubblica Ceca di Nedved, Sacchi decide di rinunciare alla coppia Casiraghi e Zola e schiera al loro posto Ravanelli e Chiesa. 4 minuti e gli avversari sono già in gol. Pareggia Chiesa al 18', ma poco dopo è Bejbl a chiudere la partita e a mettere nei guai l'Italia, rimasta in 10 per l'espulsione di Apolloni. Prima della sfida, la stampa registra il disappunto di Del Piero, escluso dagli 11 titolari: "Non capiremo mai il mister fino in fondo".
Contro la Germania, non c'è possibilità di sbagliare. E infatti gli uomini di Sacchi fanno del loro meglio per vincere la partita. Zola sbaglia un rigore e il portiere tedesco fa i miracoli. Bell'Italia, ma zero gol e pareggio che serve soltanto alla squadra del ct Vogts, che passa ai quarti, lasciando gli azzurri a piangere su un traguardo che sembrava ampiamente alla portata.
I convocati azzurri per la fase finale: Peruzzi, Torricelli, Del Piero, Di Livio e Ravanelli (Juventus); Apolloni, Mussi, Baggio, Zola e Bucci (Parma); Maldini, Costacurta, Donadoni e Albertini (Milan); Carboni (Roma); Nesta, Di Matteo, Fuser e Casiraghi (Lazio); Toldo (Fiorentina); Rossitto (Udinese); Chiesa (Sampdoria).