'Strani eroi' di Alessandro Bongiorni, intervista all'autore
In un romanzo noir ambientato nei tragici giorni del rapimento di Aldo Moro, Bongiorni racconta fatti realmente accaduti e fatti che sarebbero potuti accadere
Abbiamo incontrato Alessandro Bongiorni, 33 anni, fresco vincitore del Premio Zocca Giovani 2017 grazie al suo romanzo Niente è mai acqua passata (Frassinelli 2016). L'autore è da pochissimo di nuovo in libreria con il suo ultimo lavoro, intitolato Strani eroi, ambientato esattamente quarant’anni fa, nei giorni drammatici del rapimento di Aldo Moro.
Come mai un autore così giovane ha deciso di scrivere un romanzo sul caso Moro?
Più che un romanzo sul caso Moro, è un romanzo col caso Moro. Il sequestro e tutto ciò che ne è seguito, infatti, sono in realtà solo gli strumenti per raccontare i tre protagonisti: personaggi che non c’erano ma che avrebbero potuto esserci.
E poi il caso Moro mi ossessiona da anni, il quarantennale è stata la scusa perfetta per dare forma a una mia inquietudine.
Nel romanzo, oltre al rapimento di Moro, si parla di un altro fatto drammatico di quei giorni, ossia l’omicidio di Fausto Tinelli e Lorenzo "Iaio" Iannucci. Puoi spiegarci perché?
Ci sono una marea di indizi che suggeriscono dei collegamenti tra le due vicende.
Innanzitutto, il memoriale di Moro è stato trovato nel covo brigatista di via Monte Nevoso 8, a Milano. Fausto Tinelli abitava al numero 9 di via Monte Nevoso, camera sua si affacciava sull’appartamento occupato da Azzolini, Bonisoli e dalla Mantovani. Già questo puzza. In più, aggiungiamoci che Fausto e Iaio sono stati ammazzati da tre sicari, quasi sicuramente fascisti venuti da Roma, due giorni dopo il sequestro di Aldo Moro. E non dimentichiamo la figura fondamentale di Mauro Brutto, il giornalista dell’Unità che più di tutti ha indagato sull’omicidio di Fausto e Iaio: morto nel novembre del 1978, investito da un sedicente pirata della strada. La sua borsa di pelle, una tracolla che portava sempre con sé e dentro cui teneva i frutti delle sue indagini, è stata trovata qualche ora dopo l’”incidente” in un parchetto lì vicino. Vuota. Si dice che Brutto avesse scoperto un collegamento tra l’eversione nera e alcuni rami spezzati dei Servizi, e l’omicidio di Fausto e Iaio, per qualche oscuro motivo, rientrerebbe in questa dinamica.
Nella nota dell’autore scrivi: “Questo è un romanzo in cui si narra di fatti realmente accaduti, di altri che non sono accaduti e di altri ancora che sarebbero potuti accadere; in cui si incontrano persone che c’erano, persone che non c’erano e persone che avrebbero potuto esserci.” Chi sono gli “strani eroi” da cui il romanzo prende il titolo? Personaggi storici o di fantasia?
Mettiamola così: per quel che ne so io, i tre protagonisti sono personaggi di fantasia, ma in quel contesto non mi stupirei se fossero esistiti. Nell’imbroglio degli anni Settanta ci può stare tutto.
Pensi che 'Strani eroi' possa essere definito un romanzo politico?
Lo definirei più che altro un romanzo laico. Sul caso Moro sono stati fatti sette processi e due commissioni parlamentari d’inchiesta. È stato scritto di tutto. Il mio obiettivo non era dare anche la mia versione, che non importa a nessuno, ma raccontare una storia plausibile utilizzando i numerosi interrogativi – questi sì reali – rimasti in sospeso. Ognuno continuerà ad avere la sua opinione, come è sempre stato.
Quale credi che sia il rapporto tra la tua generazione e quegli anni drammatici? È vero quello che si dice, ossia che i giovani non sanno praticamente nulla della stagione del terrorismo?
Credo che tra le due generazioni non ci siano grossi punti in comune. Rispetto a quarant’anni fa oggi è tutto diverso: il modo di relazionarsi, la partecipazione, le idee. Non è necessariamente, o completamente, un male, dato che in quegli anni capitava di morire in piazza. E sì, i giovani di oggi, facendo una banale generalizzazione, mi sembrano poco informati su quel periodo. Questo è un peccato perché non conoscere la storia, anche e soprattutto la più recente, è limitante. Finisce che diamo per scontato troppe cose e non ce ne rendiamo neanche conto.
Hai abbandonato il protagonista dei tuoi romanzi precedenti, il vicecommissario Carrera. È stato difficile?
Inizialmente sì. Facevo parlare i nuovi personaggi e continuavo a sentire la sua voce. Ma devo dire che è durata poco. Comunque non l’ho abbandonato: diciamo che dopo gli ultimi due romanzi si meritava una tregua, poveraccio.
Alessandro Bongiorni, Strani eroi
Frassinelli, 2018, 398 p.