La lezione su Taiwan, che non abbiamo imparato
Taiwan, il pericolo non è scampato. Gli analisti: in caso di guerra ci sarebbero decine di migliaia di morti. Così la visita della Pelosi, falsamente contrastata da Biden, si è rivelata un capolavoro strategico
L'errore peggiore che l'Occidente può fare su Taiwan è quello di pensare che i rischi di un conflitto siano finiti con l'esercitazione cinese e la successiva mobilitazione di Taipei. C'è una domanda che bisogna porsi, ovvero perché, nonostante il pericolo d'invasione fosse concreto, e gli Usa decisi a proteggere l'isola, Washington non abbia schierato sue forze di difesa sul territorio di Taipei. A parte l'aspetto decisamente provocatorio di un simile atto, la risposta è negli scenari di guerra simulati a Washington tra luglio e agosto: se anche soltanto per ragioni di addestramento, un solerte ufficiale cinese avesse autorizzato un'operazione di sbarco dalle parti di Tainan, zona perfetta per dare il via alle operazioni, gli Usa e le forze taiwanesi avrebbero potuto ingaggiare uno scontro. Ma i missili antinave per la difesa di Taipei sarebbero stati in numero insufficiente per contrastare prolungati attacchi cinesi e quindi un aereo cargo americano sarebbe arrivato in soccorso dell'isola. Pensiamo soltanto per un attimo a che cosa sarebbe accaduto se questo fosse stato abbattuto dai cinesi: la reazione della Settima flotta sarebbe stata immediata con l'esposizione ai combattimenti di decine di migliaia di vite. E' soltanto un'ipotesi, ma uno scenario tanto realistico da essere stato analizzato all'inizio di questo mese dal Center for Strategic and International Studies (Csis) di Washington, il centro studi che ha lo scopo di preparare il Pentagono a qualsiasi tipo di situazione che possa accadere se la Cina tentasse di prendere Taiwan con la forza. La maggioranza delle simulazioni ha portato alla conclusione che se gli Stati Uniti intervenissero potrebbero impedire la conquista completa dell'isola portando il conflitto in una situazione di stallo, seppure con pesanti perdite da entrambe le parti in termini di navi, aerei, sottomarini e, soprattutto, persone. E se c'è una cosa che l'amministrazione Biden non può oggi permettersi è quella di dover giustificare internamente la perdita di cittadini americani. Immaginando di difendere Taiwan per sei mesi, gli Usa potrebbero perdere fino a 500 tra aerei ed elicotteri (circa 1.500 militari), almeno 20 navi di superficie tra le quali due portaerei, per un totale di 14.000 uomini. E poco cambierebbe se Taiwan permettesse agli Usa di schierare forze di difesa preventivamente sul suo territorio.
“Il risultato varia da una simulazione all'altra, e molto dipende dalle condizioni iniziali. Ma ciò che non cambia quasi mai è il risultato: un disastro sanguinoso, ed entrambe le parti subiscono perdite terribili”, ha affermato Bradley Martin, ricercatore che ha partecipato al partecipato alle analisi del Csis all'inizio di agosto, in una intervista alla testata Defence. Uno dei fattori peggiorativi per gli Usa sarebbe la linea del Giappone, che se non attaccato direttamente dalla Cina non interverrebbe con proprie forze, come la sua costituzione prevede. Nelle simulazioni del Csis, volutamente non sono state considerate armi nucleari, e questo perché è interesse di Pechino che Taiwan, in caso di guerra, subisca meno distruzione possibile e l'uso di atomiche porterebbe a un non-vincitore.
Da una guerra uscirebbe con le ossa rotte anche la Cina, perché la flotta di sommergibili americani classe Virginia avrebbe bersagliato subito le grandi navi da sbarco cinesi prima che queste avrebbero raggiunto le posizioni operative previste. Tra aerei e navi cinesi, secondo il Csis morirebbero 25.000 persone in poche settimane. E certamente non sarebbe quella l'eredità che il presidente Xi-Jinping vorrebbe lasciare, sempre che non sia rieletto nuovamente il prossimo anno.
Le analisi hanno quindi dato ragione alla linea suggerita dalla Difesa Usa all'amministrazione Biden: se soltanto la visita di Nancy Pelosi ha provocato una reazione così dura da parte di Pechino, ma nulla più, chissà che cosa sarebbe accaduto se Washington avesse mosso i Marines. Diventa quindi poco credibile il fatto che che Biden non fosse d'accordo con la visita della Pelosi, come invece riportato dalla stampa filo-dem. Dunque tra provocare Pechino e lasciare Taiwan alle velleità cinesi, la visita di Nancy Pelosi può essere considerata un capolavoro strategico. Come dire: noi ci siamo, ma non vorrete sparare su un diplomatico?
La lezione da trarre è che il pericolo di una catastrofe politica e umanitaria è stato concreto, oggi siamo più lontani dal punto di non ritorno, ma il problema continua a esistere. Se poi gli Usa a Taiwan dovessero perdere una parte della Settima flotta, le loro capacità di Difesa in un momento geo-politicamente “caldo” ne risulterebbero fortemente limitate per anni a vantaggio di Russia e Iran. Ma soprattutto, con migliaia di militari in fondo all'Oceano, i cittadini americani tornerebbero a vivere una situazione simile a quella della Seconda guerra mondiale, con i loro ragazzi ad affrontare un esercito alla pari (o quasi) e non più terroristi o forze limitate come è avvenuto in Afghanistan e Iraq. Situazione alla quale nessuna nazione oggi può dirsi pronta.