Tarantino, The Hateful Eight, 5 idee per vederlo meglio
Razzismo, il portato della guerra civile, la violenza, l'amore per il western, i 70mm Ultra Panavision: di cosa si parla quando si parla di Quentin
Negli Stati Uniti fan e critici sono già al lavoro per sezionare e analizzare l'ultimo film di Quentin Tarantino, il western anomalo, The Hateful Eight.
Vediamo alcune delle idee che emergono dal dibattito della critica in questi giorni, evitando il più possibile spoiler.
Un mistero da risolvere
Secondo Aisha Harris di Slate,
The Hateful Eight, per certi versi non sembra un film di Tarantino, in particolare per quanto riguarda il quasi mistery che viene messo in scena nel "secondo atto" della sceneggiatura, a proposito di un omicidio che deve rivelare il suo autore.
D'altra parte, c'è nel film una natura tipica di Tarantino e non solo per il linguaggio dei personaggi che usano liberamente la parola "nigger".
Una scena, in particolare, resta impressa, secondo Harris: alla fine del "primo atto" una tortura terribilmente esplicita con elementi e implicazioni dalla forte caratterizzazione bizzarramente sessuale.
The Hateful Eight, poi, ha un riferimento esplicito e quasi teorizzato da Tarantino: il richiamo forte, già espresso in modo notevole in Django Unchained, alla relazione problematica dell'America con la mascolinità afroamericana.
How One Hateful Eight Scene Takes Tarantino’s Tradition of Sexualized Violence to a New Level
Revisione della Storia
A. O. Scott, The New York Times
Il nuovo film di Tarantino prosegue il progetto di revisione della storia del regista.
In particolare approfondisce il lavoro di intreccio fra la storia dei film di genere e la crudeltà della Storia reale per offrire una sorta di esaltante riparazione a favore delle vittime.
Qui siamo in un ovviamente "mitico" west successivo alla guerra civile, solo che a differenza di quanto succede nei western "tradizionali", praticamente privi di afroamericani, qui il protagonista-eroe è Marquis Warren (Samuel L. Jackson) che indossa l'uniforme delle truppe dell'Unione e ha in tasca una lettera del presidente Abraham Lincoln. È un cacciatore di taglie e ovviamente bersaglio di tutti i possibili odi razziali.
Ma a Scott il film non piace: la rilettura della storia è oscurata da un plot che riesce a essere insieme debole e un po' goffo, sottolinea il critico nel New York Times, anche se concede al lavoro di Tarantino sia il coraggio di scavare nel ventre del razzismo americano, sia una grande interpretazione di Jackson.
Quentin Tarantino’s ‘The Hateful Eight’ Blends Verbiage and Violence
La versione Ultra Panavision
Negli Stati Uniti The Hateful Eight viene distribuito in due versioni leggermente diverse. Quella più ricca viene presentata secondo la tradizione delle roadshow release: si parte con una overture orchestrale per poi offrire allo spettatore l'esperienza visuale dei 70mm Ultra Panavision; sarà inoltre più lunga di sei minuti e avrà un intervallo di circa 12 minuti.
La Ultra Panavision proietta con un rapporto 2.76:1, più ampio dunque del normale e mostra l'inusuale morbidezza dell'obiettivo con il quale sono effettuate le riprese.
Il film è come un lottatore di sumo in pensione
Alex Hess, The Guardian
In sintesi The Hateful Eight riguarda un piccolo gruppo di uomini (banditi, per la verità li chiama Hess) che passano buona parte del film in una stanza, le pistole pronte all'uso e i botta e risposta brillanti ad animare la conversazione, cercando di scoprire chi sta con chi.
Oltre al fuoco delle pistole e alle varie oscenità dei dialoghi, la stanza si riempie di storie improbabili che aiutano a tenere la fiducia reciproca al minimo e lo spettatore non ha mai il dubbio che prima della fine del film, saranno quasi tutti a terra in una pozza del loro stesso sangue.
È vero, dice Hess, ricorda Le Iene, il film del debutto di Tarantino. Ma nessuno dei film del regista è in realtà più lontano di questo dallo strabiliante debutto del 1992.
Le Iene (Reservoir Dogs in originale) era l'equivalente cinematografico di un pugile peso piuma; The Hateful Eight ricorda invece un lottatore di Sumo in pensione.
L'essenzialità e le velocità del primo film è sostituita in quest'ultimo da un lunghissimo omaggio alle personali ossessioni di Tarantino.
Why Quentin Tarantino's inner movie nerd should stop directing his films
Tarantino ha perso l'inventiva
Richard Brody, The New Yorker
Il film è dominato dai dialoghi. Il testo, dice Brody, è strabordante, infinito; i personaggi parlano moltissimo e sono impegnati a raccontare storie che per la maggior parte dei casi ingannano gli altri personaggi.
Warren (Samuel L. Jackson) in particolare racconta storie per sopravvivere, lo storytelling è parte del suo armamentario di uomo nero in un mondo ostile. Ma racconta anche storie per vendicarsi, per diffondere la violenza.
Soprattutto, conclude Brody, The Hateful Eight riflette benissimo la trasformazione (involuzione intende dire) della regia di Tarantino. Le immagini articolate dell'inizio della carriera, ispirate dalla devozione per maestri come Jean-Luc Godard, Martin Scorsese e Sergio Leone, hanno lasciato spazio a una piattezza auto imposta, una blanda realizzazione dei meccanismi della sceneggiatura, che sono diventati la vera ossessione di Tarantino. Ora i suoi maestri, minori rispetto ai giganti della regia che abbiamo prima citato, sono William Witney e Charles Marquis Warren.
Cambiando, però, il tocco artistico è peggiorato. Tarantino è diventato vittima dei suoi nuovi gusti. Ha ridotto la sua capacità di invenzione, l'ha abbassata al livello dei suoi nuovi autori di culto.
The Hateful Eight: Quentin Tarantino’s Playfully Adolescent Filmmaking
The Hateful Eight, il trailer italiano
Il film uscirà in Italia in febbraio.