Gli hacker dell’età dell’oro
Nel riquadro, Lee Felsenstein (Getty Images)
Cyber Security

Gli hacker dell’età dell’oro

La Rubrica - Cybersecurity Week

Durante un incontro estivo con alcuni giovani entusiasti che, come dicono loro, “da grandi vogliono fare gli hacker etici”, si parlava di quale sia lo spirito che dovrebbe animare il loro lavoro. Durante la conversazione mi sono scappati alcuni nomi: John Draper, Lee Felsenstein, Eric Corley. Mi sono immediatamente reso conto che non avevano idea di chi fossero eppure, lasciatemi dire, è come se un aspirante cantante rock non conoscesse i Doors, Bruce Springsteen o gli Eagles. Allora vale la pena spendere due parole per dire chi sono costoro.

Nell'immaginario collettivo, John Draper, è una sorta di precursore degli hacker moderni. In primo luogo è, di fatto, un rappresentante del mondo underground, quindi piuttosto lontano da quell'ambiente accademico in cui si forgiano i primi hacker (del MIT parlerò un’altra volta). La sua vita fatta di chiaroscuri ha esercitato un considerevole fascino e non si può restare indifferenti di fronte ai suoi arresti, alla sua amicizia con Steve Wozniak (l’uomo che ha creato il primo Apple) e ad alcuni suoi brillanti risultati come l'editor di testi EasyWriter. Non è un caso che, secondo molti, la tecnica di hacking telefonico utilizzata dal protagonista del film "WarGame" sia stata sfruttata per la prima volta proprio da Draper. Come è diventato un celebrità e come si è guadagnato il soprannome di Captain Crunch?

Torniamo al 1969, quando entra in contatto con un gruppo di giovanissimi phreaker (gli hacker dei telefoni) non vedenti, John con uno di loro scopre che il fischietto, regalato insieme ai cereali Cap’n Crunch, è in grado di generare il tono a 2600 Hertz che permette di prendere il controllo delle centraline telefoniche. Ben presto Draper si appassiona alla cosa e grazie alla sua preparazione tecnica inizia a studiare le apparecchiature che poi si trasformeranno nella famigerata Blue Box che permette di violare la rete telefonica e quindi di effettuare chiamate “a scrocco”. Il fatto suscita l'interesse del giornalista Ron Rosenbaum, al quale alla fine Draper concede un’intervista pubblicata nel mese di ottobre del 1971 su "Esquire" che lo rende una celebrità. Effetto collaterale, il suo arresto per frode telefonica nel maggio del 1972 e la successiva condanna a cinque anni di reclusione. Lui è la prima fonte di ispirazione per quel popolo di hacker curiosi spesso un po' troppo "invadenti" che a partire dagli anni Novanta si sono guadagnati le prime pagine dei giornali di tutto il mondo.

A differenza di quanto molti pensano, il termine hacker non è associato solo ed esclusivamente alla rete, ma ha una accezione molto più ampia: per questo si parla anche di hacker del software oppure dell’hardware. Proprio in questo ambito Lee Felsestein è considerato uno di quelli che ne ha scritto la storia. Nel 1975 è tra i primi membri del Homebrew Computer Club, circolo di alcuni appassionati informatici che hanno fatto la storia della tecnologia (per esempio Steve Jobs, Steve Wozniak). Da questo momento in poi il trentenne ingegnere di Philadelphia realizza alcune delle pietre miliari nella storia dell’informatica. Sempre nel 1975 costruisce il Sol-20 (uno dei primi minicomputer oggi esposto allo Smithsonian Museum), l’anno successivo è la volta di Pennywhistle 103 kit modem, il primo apparato di connessione alla rete a basso costo, e nel 1980 sviluppa l’Osborne-1 (anche questa macchina è esposta allo Smithsonian Museum). Nel 1994 la comunità hacker riconosce i suoi grandi meriti e la Electronic Frontier Foundation lo premia con il EFF Pioneer Award e quattro anni dopo anche il mondo dell’informatica ufficiale dimostra di comprendere l’importanza del suo lavoro e lo ammette nella “Hall of Fame of the Computer Museum of America” di San Diego.

Veniamo a Eric Corley, che a partire dal 1984 con la fondazione della rivista “2600: The Hacker Quarterly”, ha dato voce al mondo degli hacker che si è formato al di fuori dei centri di ricerca universitari. Dal giorno della sua fondazione, il magazine si schiera in tutte le vicende di hacking più controverse partecipando attivamente alla battaglia per Kevin Mitnick, l’hacker più ricercato d’America, in prigione senza processo, per poi sfidare la MPAA, associazione che raccoglie tutte le major cinematografiche statunitensi, distribuendo gratuitamente il software DeCSS, programma scritto dall’adolescente norvegese Jon Johansen, che permette la decodifica dello standard di protezione usato per cifratura dei DVD. Insomma, attenzione a dire “hacker” perché la storia è un tantino più complicata di quanto si potrebbe pensare.

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Alessandro Curioni