L’intelligence? Si studia all’università…
L'intelligence come disciplina universitaria: formare gli esperti del domani per affrontare le sfide globali della disinformazione e della sicurezza
Per Mario Caligiuri, presidente della Società italiana di intelligence (Socint), «affrontare le trasformazioni sempre più rapide che registriamo nelle nostre società contemporanee si rivela necessario per anticipare i fenomeni in modo da tentare di regolarli». E’ anche per questo motivo che la disciplina è da alcuni anni oggetto di studio universitario per formare gli esperti del domani. Che, secondo Caligiuri è già oggi…
Ordinario di pedagogia della comunicazione all’Università della Calabria, nel 2007 Caligiuri ideò il Master in intelligence, il primo attivato da un ateneo pubblico italiano, su suggerimenti fecondi del Presidente Emerito della Repubblica Francesco Cossiga, e divenuto, ormai, fucina della nuova generazione di esperti e un punto di riferimento obbligato nel settore. Grazie ad un corpo docenti di primissimo piano tra accademici, giornalisti, militari e funzionari dello Stato, il Master si è rivelato un laboratorio in cui sperimentare le più autorevoli teorie sulla disciplina e sia le tendenze deboli che però poi imprimono le dinamiche dell’avvenire. Giunto alla quattordicesima edizione e quindi il più longevo d’Italia, il Master in Intelligence dell’Università della Calabria prepara i professionisti della sicurezza e del futuro. Grazie a un approccio interdisciplinare e al contributo di esperti di fama internazionale, il Master offre una preparazione pluridisciplinare, indispensabile per comprendere e fronteggiare le sfide della metamorfosi del mondo: tra le attività, il Laboratorio di Cyber Intelligence, realizzato in collaborazione con vari Dipartimenti dell’ateneo calabrese, che si svolge nel periodo estivo, con 5 giornate consecutive di seminari e attività concrete, offrendo agli studenti l’opportunità di sperimentare sul campo e mettere in pratica le conoscenze acquisite.
Professore, un corso universitario per preparare gli specialisti!
«Era indispensabile che ciò accadesse, vista la specializzazione richiesta agli esperti del settore. Innanzitutto chiariamo di cosa si tratta: il termine intelligence individua tre concetti differenti: un apparato dello Stato, i cosiddetti servizi segreti; un metodo di trattazione dell’informazione; il complesso di queste funzioni. Ritento che la più efficace definizione di intelligence l’abbia coniata Bill Gates: “ho una certezza semplice ma incrollabile: il modo migliore per prevalere sugli altri è quello di eccellere sul terreno dell’informazione, ovvero il modo con cui si raccolgono, analizzano e utilizzano le informazioni”».
Bill Gates fa riferimento al metodo dell’intelligence:
«Esattamente, ovvero alla raccolta, all’analisi e all’utilizzo delle informazioni. Ritengo che oggi l’intelligence costituisca una necessità sociale utile a tutti i cittadini per difendersi dalla “società della disinformazione” che non è costituita solo dalle fake news, che sono l’elemento più banale ed immediatamente riconoscibile. Questo perché la vera disinformazione, quella che incide, determina e orienta una visione del mondo, è la disinformazione prodotta quotidianamente dagli Stati e dalle multinazionali».
La disciplina rappresenta una forma di protezione anche per le aziende…
«Non potrebbe essere altrimenti poiché è indispensabile per poter solcare la globalizzazione sempre più feroce, e serve anche agli Stati per garantire il benessere e la sicurezza dei propri cittadini. Infatti, gli Stati nascono con lo scopo preciso di difendere la vita delle persone. Non a caso uno dei più acuti studiosi di intelligence del nostro Paese, il sociologo Francesco Sidoti, scrive che il fine ultimo dell’intelligence è “salvare vite umane”».
A rendere il Master un punto di riferimento nel panorama scientifico e accademico nazionale è il corpo docente, pare di capire.
«Protagonisti dalla comprovata esperienza nel mondo dell’Intelligence, della politica e dell’università: basti pensare ai nomi intervenuti nelle precedenti edizioni, come i ministri Paolo Savona, Giulio Tremonti, Marco Minniti e Roberto Cingolani, il presidente della Camera Luciano Violante, i direttori dei Servizi come Franco Gabrielli, Nicolò Pollari e Vittorio Stelo, accademici come Alessandro Barbero e Derrick De Kerckhove, magistrati come Nicola Gratteri e Giuseppe Pignatone, giornalisti come Lucio Caracciolo e Paolo Messa, dirigenti di azienda come Andrea Gavosto e Alfio Rapisarda, e numerosi altri esperti del settore. Una rete di relatori di prestigio che garantisce una visione trasversale delle dinamiche di Intelligence, con un’attenzione particolare alle implicazioni per la sicurezza nazionale e il futuro del Paese».
Professore, lei parla di “società della disinformazione”. Di cosa di tratta?
«La tendenza dominante del nostro tempo potrebbe essere identificata con la disinformazione che rappresenta l’emergenza educativa e democratica più drammatica dell’inizio del XXI secolo. Infatti, l’eccesso di informazioni ha sostituito la censura ma gli effetti sono gli stessi, con persone che non comprendono la realtà, diventano manovrabili consumatori e inconsapevoli elettori. Di fronte ai problemi dell’occidente, dall’immigrazione ai rischi ambientali, dall’invadenza della criminalità alla crisi della democrazia, dai pericoli del cyberspazio all’avvento dell’intelligenza artificiale, dai drammi dei femminicidi ai morti sul lavoro, la risposta è sempre uguale: c’è bisogno di maggiore istruzione».
E qui emergono le sue competenze di pedagogista che ha appena dato alle stampe, per la Luiss Press, il libro “Maleducati. Educazione, disinformazione e democrazia”, che sta facendo molto discutere.
«Questo accade perché il metodo dell’intelligence è indispensabile per fronteggiare l’emergenza educativa. Si tratta, infatti, di una componente fondamentale dal momento che la disinformazione, nella mia visione, rappresenta l’emergenza educativa e democratica del nostro tempo. Pertanto, lo studio dell’intelligence dovrebbe essere considerata una materia di base fin dalle elementari, come leggere, scrivere, e far di conto. Allo stesso modo della sicurezza informatica. Non a caso in questi mesi tra l’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale, diretta da Bruno Frattasi, e il Ministero per l’Istruzione e il Merito, guidato da Giuseppe Valditara, si sta lavorando per introdurre la sicurezza informatica nelle scuole in modo strutturato».
Pertanto, l’intelligence a suo modo di vedere rappresenta una bussola per capire il mondo?
«In un certo senso, si. Infatti, orientarsi nella realtà è il presupposto per capire il mondo e l’intelligence ci aiuta ad individuare le informazioni rilevanti, ad unire i punti che sembrano dispersi, a contestualizzare le informazioni – in quanto un singolo dato, se non è inserito in un contesto, non serve a nulla – e cogliere i segnali deboli perché i segnali forti li vedono tutti e spesso portano da un’altra parte».
Oggi è diventata una disciplina accademica ma quando sentiamo il termine intelligence pensiamo anche ad altro…
«Certo, allo “spionaggio”, sia come praticato dai Servizi segreti che alla letteratura e al cinema. Partiamo dal dato che l’intelligence viene considerata la “dimensione mancante della storia” e scandisce le vicende dell’umanità fin dagli albori, come si comprende leggendo la Bibbia. E’ divenuta anche un genere letterario e cinematografico di grande successo. I primi testi potrebbero essere considerati “La spia” di James Fenimore Cooper del 1821, “La lettera rubata” di Edgar Allan Poe del 1844 e “L’agente segreto” di Joseph Conrad del 1907».
Da sempre la letteratura sullo spionaggio è molto efficace,
«Perchè a firmarla sono stati spesso agenti segreti, soprattutto inglesi, facendola decollare nell’immaginario collettivo come un fenomeno sociale e di costume culturale. Graham Greene, Ian Fleming e John Le Carrè hanno servito nell’intelligence di Sua Maestà».
E’ il senso dei tempi, diremmo tra politica e sociologia, letteratura e cinematografia, appunto.
«Ovviamente “il ruolo della spia segue il mutamento della società” rappresentando, nel racconto letterario, un “archetipo del bene: i cattivi sono sempre gli altri”, mentre “il termine intelligence è più corretto di spionaggio (che infatti oggi è intorno al 10% dell’attività dei Servizi) perché è più vasto e più esatto. Il termine intelligence spiega realmente cos’è il lavoro di un Servizio, che non è la spia che riferisce in modo oscuro al potere politico un’informazione riservata, ma la Struttura dello Stato che elabora, programma, analizza e informa il decisore politico cosa c’è davvero tra le pieghe dei risvolti più indecifrabili della politica estera».
A questo punto, si aprono connessioni praticamente infinite…
«Come i rapporti tra intelligence e magistratura che hanno segnato profondamente le vicende della nostra Repubblica, nonostante si sia ancora poco indagato su un tema così rilevante, che anima da anni il dibattito politico. Oggi più che mai c’è bisogno di una risposta forte delle élite pubbliche per fronteggiare il terrorismo e la criminalità che rendono sempre più incerta la vita dei cittadini. Pertanto, tra intelligence e magistratura, occorre passare dalla diffidenza reciproca alla collaborazione necessaria.
Sul tema due sono suoi testi…
«Uno nel 2017, con la prefazione di Carlo Mosca e un altro nel 2021, con la prefazione di Luciano Violante, in cui ho evidenziato un aspetto centrale per le democrazie del XXI secolo, allorquando sarà l'Intelligence a determinare chi vincerà o perderà la sfida del futuro».
Per non parlare dei collegamenti con la geopolitica, disciplina che in questi ultimi anni sta facendo registrare una crescita in letteratura e un interesse praticamente globale.
«L’ordine mondiale che si sta prefigurando è molto diverso da quello che finora abbiamo conosciuto. I rapporti di forza tra gli Stati stanno cambiando profondamente in un contesto in cui tutti sono concorrenti per attirare risorse nei propri territori e conquistare mercati nelle altre nazioni, utilizzando l’intelligence economica e la guerra delle informazioni e la disinformazione. Inoltre, gli Stati devono competere per il potere con altri attori, rappresentati dalle multinazionali finanziarie e dalle organizzazioni criminali».
Anche per le sfide in corso sullo scenario mondiale servirà essere sempre più “intelligenti”…
«I problemi sono sempre più globali ma le risposte rimangono inevitabilmente nazionali, mentre la ricchezza si smaterializza poiché siamo difronte a “nazioni senza ricchezza e ricchezze senza nazioni”; l’immigrazione è destinata ad aumentare dai paesi poveri ai paesi ricchi creando condizioni esplosive; l’emergenza ambientale rappresenta una questione centrale e la trasformazione più grande è rappresentata da quella del potere, che sarà sempre più facile da conquistare, ma sempre più difficile da mantenere”.