intelligenza artificiale
(Ansa)
Cyber Security

Intelligenza artificiale: il regolamento europeo che non c’è

La Rubrica - Cybersecurity Week

Dopo avere più volte rinviato, arrivo al tema dell’intelligenza artificiale. La proposta è il risultato sono “storici,” peccato che siano figli di un accordo di “compromesso” e “provvisorio” rispetto a un regolamento che ovviamente non esiste e, da quando ci sarà, ci vorranno altri due anni prima che entri in vigore. Leggendo quanto comunica ufficialmente in Consiglio Europeo è difficile non essere perplessi per almeno una buona ragione.

Da ormai quasi dieci anni l’Unione Europea ha fatto delle norme il principale strumento per difendere la propria sovranità nella società dell’informazione e oggi, quando si trova di fronte a quella che minaccia di essere la più dirompente evoluzione tecnologica del nuovo millennio, tentenna. Un’esitazione che sembra essere figlia di contrasti tra i paesi membri perché qualcuno sembra convinto di potere essere competitivo sul mercato globale e quindi vuole evitare che la regolamentazione tarpi le ali alle sue imprese. Se così fosse è abbastanza evidente che costoro non hanno ben chiara la situazione attuale.

Il punto di partenza è la questione dei modelli fondativi che sono le basi su cui sono costruite le intelligenze artificiali. Si tratta dell’equivalente della “scuola dell’obbligo” che consente di disporre in tempi rapidi di un’intelligenza artificiale pronta a specializzarsi. Facile intuire che i modelli fondativi sono un vantaggio strategico per chiunque ne disponga, e allo stato attuale i grandi operatori statunitensi sono gli unici. In Francia guardano con orgoglio alla startup Mistral, nata nel 2023, che promette di rendere operativo il proprio chatbot nei primi mesi del 2024 e ha raccolto 500 milioni di euro di fondi lo scorso dicembre. Stessa cifra finita nelle casse della tedesca Alpha Aleph, fondata nel 2019, che già eroga servizi.

Tutto molto bello, ma facciamo un piccolo paragone. La sola Microsoft tra il 2019 e il 2020 ha investito un miliardo di dollari in Open AI, attiva dal 2015 e all’inizio 2023 altri 10 miliardi. Mi sembra evidente che tempo e denaro non giocano a favore delle startup del Vecchio Continente e questo senza contare Meta, Amazon e soprattutto Google, con alle spalle il suo motore di ricerca e servizi come Maps, Chrome e Gmail che rappresentano la più vasta base dati mondiale detenuta da un singolo operatore. Altra storia quella di Anthropic, start up targata USA, nata nel 2021, che proprio da Amazon e Google ha ricevuto 6 miliardi di dollari. Detto questo veramente qualche paese europeo pensa seriamente di competere su un simile terreno con questi avversari? Se anche così fosse, le regole future saranno applicate a tutti gli operatori, oppure qualcuno si immagina una guerra “tecno-commerciale” con gli Stati Uniti per favorire le startup europee? E infine: una normativa equilibrata e con un certo grado di tutele e investimenti non avrebbe potuto costituire uno scudo per fare crescere le startup del Vecchio Continente in un ambiente meno “ostile”? Questa storia mi fa pensare a un altro episodio in cui qualcuno, l’11 dicembre 1941 poco prima della dichiarazione di guerra agli Stati Uniti, si domandava se Mussolini avesse per caso mai visto l’elenco telefonico di New York.

TUTTE LE NEWS DI CYBERSECURITY

I più letti

avatar-icon

Alessandro Curioni