Canada, l'anello debole della Nato
Il Canada è considerato l’anello debole dell’Alleanza atlantica. Il governo spende davvero poco per la difesa (tiene di più alle tematiche «woke») confidando in quel potente vicino che sono gli Stati Uniti. Peccato che Ottawa sia in prima linea proprio sull’Artico, dove Cina e Russia si fanno audaci. E in tanti chiedono una svolta.
«L’esercito che abbiamo attualmente non è pronto a contrastare le minacce che vediamo arrivare». Sono le brutali, ma schiette parole del generale Wayne Eyre alla tv canadese, poco prima di lasciare, in luglio, il ruolo di capo di stato maggiore della Difesa.
Il Canada nonostante sia uno dei fondatori è il ventre molle della Nato? «Il continuo sotto investimento (del Paese, ndr) lascia i suoi obblighi insoddisfatti e indebolisce la difesa complessiva sia dell’Alleanza nel suo insieme che del continente nordamericano. I canadesi meritano di meglio» scrivono Wilson Beaver e Elizabeth Tarr, analisti dell’Heritage foundation, centro studi Usa. I quali aggiungono impietosi: «Le priorità di Justin Trudeau (premier canadese, ndr) per il ministero della Difesa sono state “costruire un team inclusivo e diversificato” dando priorità all’eliminazione di “razzismo anti-nero, pregiudizi LGBTQ+, pregiudizi di genere e supremazia bianca”». Secondo Beaver e Tarr «il primo ministro avrebbe fatto meglio a spendere le risorse per rafforzare la prontezza militare del Canada e garantire che il Paese potesse difendere se stesso e i suoi alleati».
L’accusa principale a Justin Trudeau, il capo di governo più politicamente corretto della Nato, è di infischiarsene dell’obiettivo di spendere il 2 per cento del prodotto interno lordo per la Difesa. Il Canada, peggio dell’Italia che nel 2024 ha dichiarato l’1,49 per cento, è fermo all’1,37 per cento. Solo dopo il summit della Nato di luglio a Washington ha promesso un piano per raggiungere il 2 per cento appena nel 2032, ma senza indicare nei dettagli i passaggi necessari. Il budget per le Forze armate è di 30,5 miliardi di dollari, ma nonostante sia il sesto Paese della Nato come Prodotto interno lordo è il 27esimo nella spesa per la Difesa. Solo nel 2030 dovrebbe arrivare all’1,7 per cento secondo le promesse governative.
In maggio 23 senatori degli Stati Uniti hanno inviato una lettera al primo ministro canadese ribadendo la loro «preoccupazione e profonda delusione». Il Canada è protetto dall’ombrello del Norad, il comando aereo-spaziale americano contro minacce missilistiche e di aviazioni ostili. Non a caso investirà 38,6 miliardi di dollari, fino al 2042, nella modernizzazione del sistema integrato di difesa. «La gente si preoccupa poco delle minacce esterne confidando nello zio Sam che ci salverà sempre» spiega a Panorama una fonte all’interno del sistema governativo canadese. «Il problema non è solo spendere di più, ma il Paese risulta totalmente impreparato a combattere. Cosa accadrebbe se la Russia ci attaccasse dall’Artico?».
Lucio Martino, uno dei migliori esperti italiani del Nord America, fa notare che il Canada è «il secondo Paese per estensione territoriale sull’Artico dopo la Russia. Da un punto di vista strategico investono su questo fronte». Il ministro della Difesa Bill Blair ha dichiarato che il Canada acquisterà fino a 12 sottomarini a propulsione convenzionale, in grado di operare sotto il ghiaccio.
I militari, però, fanno sapere a denti stretti che la situazione è disastrosa sia in termini di piani di mobilitazione in caso di conflitto, che di riserve di munizioni. Il generale Eyre aveva già denunciato queste carenze prima di lasciare il posto ad una donna, Jennie Carignan. Un rapporto interno, poi trapelato, evidenzia come l’esercito sia così sotto finanziato che metà del suo equipaggiamento è considerato «non disponibile e inutilizzabile». Il Paese, maglia nera assieme al Belgio, ha fallito anche in un secondo parametro Nato: il 20 per cento di spesa in nuovi equipaggiamenti. «Il governo canadese è da tempo un’eccezione a livello internazionale nella sua riluttanza a lavorare in partnership con l’ industria della difesa nazionale» ha dichiarato la rappresentante del comparto, Christyn Cianfarani, mettendo il dito nella piaga. «La narrazione è che rappresentiamo l’anello debole della Nato» ammette Fen Hampson, docente di Affari internazionali alla Carleton University di Ottawa. «Siamo chiaramente nel mirino dei politici americani».
E se tornasse Trump alla Casa Bianca - al momento in cui Panorama va in stampa non si conoscono ancora i risultati del voto - per il governo canadese sarebbero tempi duri.«Trudeau è indubbiamente un’anima “woke” (l’estremismo politicamente corretto, nda) e strenuo difensore dell’Lgbtq+», spiega ancora Martino, «Però non collegherei questa mentalità alle spese della Difesa». Da giovane il futuro premier si dipingeva la faccia di nero facendosi immortalare alle feste travestito da Aladin e attorniato da donne tipo harem. Quando gli hanno chiesto se fosse una foto politicamente scorretta ha risposto: «Sì, lo era. All’epoca non la consideravo razzista, ma ora ne sappiamo di più».
Per la fonte di Panorama all’interno del sistema canadese «se ci fossero le elezioni domani vincerebbero a man bassa i conservatori guidati da Pierre Poilievre, molto vicino alle posizioni della vostra premier Giorgia Meloni. Trudeau governa da nove anni e ha stufato soprattutto per l’economia che non va bene a cominciare dall’alta inflazione. La sua popolarità è al di sotto del 20 per cento, la gente vuole un cambiamento». Le prossime elezioni saranno nell’ottobre 2025. Nel Paese il fronte anti Nato è marginale, ma rumoroso, e appena può scende in piazza. La «Rete canadese per la pace e la giustizia» vuole uscire dall’Alleanza e sostiene che «le armi della Nato stanno prolungando la guerra in Ucraina e il genocidio a Gaza». Il Canada ha inviato in Europa 1.600 uomini che guidano il battle group in Lettonia, sul fianco est dell’Alleanza, composto anche da soldati italiani. Il nome dell’operazione, scattata dopo l’invasione russa dell’Ucraina, è «Rassicurazione».
Ma la vera sfida per il Canada si gioca nell’Artico, complice il riscaldamento globale che aprirà una nuova rotta marittima fra i ghiacci. Russia e Cina si stanno espandendo nella regione ormai vitale in quanto ricca di risorse energetiche e minerarie, e vi hanno formato «una partnership strategica». Pechino ha annunciato il progetto di una «Via della seta polare» mentre la Guardia costiera americana ha avvistato, il 28 settembre, navi militari cinesi e russe vicino alla canadese isola di San Lorenzo, nel mare di Bering, appena a sud dell’omonimo stretto che divide i due «mondi». Pierre-Hugues Boisvenu, ex senatore canadese, va giù duro: «Non possiamo più ignorare le minacce alla sovranità nazionale. Le potenze straniere stanno già mettendo alla prova la nostra determinazione, sia in aria tramite palloni spia, sia in mare con boe di monitoraggio. Siamo troppo dipendenti dagli Stati Uniti per la difesa artica: dobbiamo essere all’altezza delle nostre responsabilità come nazione del Nord».
Il governo canadese ha messo in cantiere, oltre ai sottomarini, il varo di sei nuove rompighiaccio, l’«arma» navale più importante nei mari estremi. Un investimento di 14,4 milioni di dollari con la società Chantier Davie Canada, che costruirà delle unità simili, per potenza, ai rompighiaccio nucleari russi Taymyr and Vaygach. Mosca detiene la flotta più forte. «Da un punto di vista strategico è cruciale che i canadesi controllino la loro fetta di Artico» sottolinea Martino. «È interesse dell’Alleanza atlantica che non diventi un “lago” russo».