Crisi Cina-Taiwan, sempre più navi per “abituare la popolazione” alla guerra
L'esercitazione con accerchiamento di Pechino all'isola ribelle è significativa soprattutto per preparare tutti ad una guerra difficilmente evitabile
La pressione militare cinese su Taiwan, specialmente sulla popolazione dell'isola, si fa sempre più forte. Con la presenza di navi e di velivoli armati ai limiti delle acque e dello spazio aereo dell'ex Formosa, questa volta Pechino vuole mandare un messaggio al neo presidente William Lai Ching-te, considerato un deciso indipendentista. Gli analisti militari sono concordi sull'affermare che difficilmente Pechino darà il via ad azioni più importanti entro breve tempo, mentre intenderebbe con questa mossa ottenere alcuni vantaggi: far considerare come consuete le attività militari vicino a Taiwan, rendendo possibile ma improbabile l'immediata invasione; affermare la propria presenza come inevitabile e abituare all'idea la cittadinanza dell'isola; infine tenere sotto pressione il nuovo governo democratico di Taipei.
Il posizionamento delle navi cinesi
Le esercitazioni si stanno svolgendo nello stretto di Taiwan e nel nord, sud ed est dell’isola, nonché nelle aree intorno alle isole Kinmen, Matsu, Wuqiu e Dongyin, tutte amministrate da Taipei. Con queste manovre la Cina, stando alle parole del colonnello Li Xi, portavoce del Comando del settore orientale dell’Esercito popolare di liberazione (Pla), intende “mettere alla prova la sua capacità di prendere il potere”, e lo sta facendo con esercitazioni terrestri, marittime e aeree iniziate giovedì sulla costa meridionale del continente e poi estese in poche ore intorno all’isola autogovernata. La prima nave ad avvicinarsi alle coste è stata la fregata missilistica della marina cinese FFG-548, che ha fatto rotta verso l'isolotto di Pengjia, a nord di Taiwan, ma l'unica reazione, al momento è stata quella della Guardia Costiera dell'isola, che si è limitata a tracciare le rotte delle unità cinesi e a fotografarle. Successivamente sono state avvistate altre quattro navi della guardia costiera cinese entrare nelle “acque limitate” di due isole taiwanesi, mentre altre due imbarcazioni fornivano supporto. La Guardia Costiera di Taipei ha dichiarato: “E' l'ottava volta questo mese che le navi cinesi entrano nelle acque soggette a restrizioni, esortiamo la Cina a esercitare autocontrollo e a fermare immediatamente il suo comportamento irrazionale”.
Ma nessuna risposta è finora arrivata e mentre scriviamo le forze di Pechino stanno terminando il secondo giorno delle esercitazioni di guerra “Joint Sword 2024A” che servirebbero a verificare la capacità dei militari di presidiare, controllandole, alcune aree chiave della regione. Di fatto una “ritorsione e punizione” in seguito al discorso di insediamento del presidente Lai Ching-te, durante il quale sono state pronunciate parole inaccettabili dalla Cina: “Taiwan è un stato la cui sovranità risiede nel popolo”. Nulla di nuovo rispetto agli ultimi cinque anni, si potrebbe osservare, ma il confine tra esercitazioni e scontri è sempre più sottile e queste manovre altro non sono che parte di una crescente campagna di intimidazione politica e militare da parte di Pechino per rivendicare l’isola come propria e non escludere l’uso della forza per raggiungere il suo obiettivo di “unificazione”. Agli occhi di Pechino la seconda colpa di Lai dopo essere stato eletto è che nel suo discorso di insediamento, avvenuto lunedì 20, ha dichiarato di voler mantenere la situazione in vigore dal 1949, anno della fine della guerra civile e della separazione tra Cina e Taiwan. E benché Lai non abbia mai parlato di voler promulgare una dichiarazione d'indipendenza, il fatto che Taiwan sia molto vicina all'Occidente e agli Stati Uniti rappresenta per il presidente Xi Jinping una spina nel fianco. E nel momento in cui a Lai sono uscite le parole: “E' chiaro a tutti che la Repubblica di Cina e la Repubblica popolare cinese non sono subordinate l'una all'altra”, ai militari è arrivato l'ordine di muoversi.
Dodici miglia, la linea proibita che autorizza a reagire
Taiwan intanto ha mobilitato le sue forze armate per tenere sotto controllo l’attività cinese e già venerdì scorso il Ministero della Difesa dell’isola ha pubblicato immagini di suoi caccia F-16 armati di missili che pattugliavano i cieli, mentre il presidente visitava alcune basi militari poste in allerta e venivano attivate le batterie missilistiche. A cominciare da quella più vicina alla capitale, Taoyuan, dove in veste di comandante in capo delle Forze armate, ha dichiarato che Taiwan “difenderà i valori della libertà e della democrazia” e che lui stesso sarà in prima linea con i militari per difendere la sicurezza nazionale e preservare la pace e la stabilità nella regione”,
I media delle due nazioni, soprattutto televisivi, sono visibili da ambo le parti, così la Cina ha risposto ai servizi andati in onda a Taiwan con filmati che inquadravano soldati che uscivano da un edificio verso le postazioni di battaglia e jet che decollavano a ritmo serrato, senza alcun commento ma accompagnando il tutto con le note di una travolgente melodia marziale. Lo scopo, chiaramente, è quello di impressionare l'opinione pubblica di Taiwan, facendo finta di ignorare che l'isola è ormai fortificata. Il pericolo maggiore è l'effettivo accerchiamento e blocco aereo-navale di cinque aree marittime effettuato mentre una cinquantina di jet cinesi sono stati rilevati ai bordi dello spazio aerei di Taipei nella notte e una trentina di unità navali sono da qualche ora negli schermi dei radar a lungo e medio raggio della Difesa dell'isola. Con una differenza rispetto alle altre volte: Pechino sta usando la Guardia Costiera per avvicinarsi a territori dichiarati “limitati” da Taipei ma non reclamati come propri, lambendo il confine delle 12 miglia nautiche (22,2 km), che per convenzione internazionale segna l'inizio di quelle sovrane dell'isola. Ma se questo fosse superato, significherebbe che la Cina sarebbe disposta a subire azioni di difesa da parte di Taiwan, alle quali poi dovrebbe reagire.
Sul fronte diplomatico la Cina sta approfittando della campagna elettorale statunitense, che impone a Biden grande equilibrio, e delle parole del nuovo capo della “Provincia ribelle”, che Pechino considera un “piantagrane separatista” più del suo predecessore Tsai Ing-wen. Il portavoce del Ministero degli Affari esteri cinese Wang Wenbin, con un tono insolitamente deciso, ha dichiarato: “Le forze indipendentiste di Taiwan rimarranno con la testa rotta e vedranno il sangue scorrere dopo essersi scontrate con la volontà cinese di raggiungere la completa unificazione”, mentre l’agenzia di stampa Xinhua di Pechino e il quotidiano del partito al potere, il People’s Daily, hanno entrambi pubblicato editoriali che salutavano l'inizio delle esercitazioni, scagliandosi contro il “comportamento da traditore” di Lai e promettendo un “duro colpo”.
Le Nazioni Unite hanno invitato le parti in causa a evitare l’escalation mentre gli Stati Uniti, che rappresentano il più forte alleato e sostenitore militare di Taiwan, hanno esortato la Cina ad agire con moderazione.
Gli Usa e la posizione della Settima flotta
Intanto la Marina degli Stati Uniti osserva la situazione con la Settima flotta, ovvero la portaerei Uss Ronald Reagan (Cvn-76), le unità Uss Mobile, la nave da carico Wally Schirra (Take-8) e la fregata della Marina reale olandese Hnlms Tromp, insieme alla quale stanno terminando esercitazioni nel Mar Cinese Meridionale. Alcuni filmati diffusi dal Pentagono mostrano la portaerei Reagan mentre effettua rifornimento in mare dalla petroliera militare Usns John Ericsson (Tao-194) e la nave da carico Charles Drew (Take-10) che stazionava nel Mar delle Filippine. La Reagan aveva lasciato la base di Yokosuka (Giappone) il 16 maggio scorso insieme con l'incrociatore Uss Robert Smalls (C-62) e il cacciatorpediniere Uss Howard (Ddg-83) per effettuare un ultimo pattugliamento dell'Indo-Pacifico, secondo quanto previsto dal programma Forward Deployed Naval Force-Japan, prima di ritornare negli Stati Uniti. L'approdo in territorio americano era previsto entro l'autunno, ma è possibile che gli ultimi eventi spingano il Pentagono a modificare i programmi, anche in vista della prossima esercitazione in programma che si svolgerà nella zona delle isole Hawaii, dove sarebbe ora diretta la nave Uss Tromp. L’esercitazione si chiamerà Rim of the Pacific 2024 ed è prevista dal 26 giugno al 2 agosto. Al momento, la dichiarazione della Difesa Usa è questa: “La Marina degli Stati Uniti partecipa regolarmente con alleati e partner a esercitazioni e operazioni marittime di alto livello, che hanno continuato a crescere in dimensioni, portata e complessità, per creare operazioni combinate che migliorano l'interoperabilità, aumentano la deterrenza e dimostrano una risoluzione condivisa”. E Taiwan conta sull'accordo con Washington per potersi difendere.
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