Esercito europeo
(Ansa)
Difesa e Aerospazio

L'esercito della Unione Europea è già un flop

Presentata la bozza dell'«esercito rapido» ma sui migranti in Polonia il progetto mostra già

C'è la bozza per un esercito "rapido" europeo, ma rischia di essere un fallimento

Lunedì e martedì prossimi il Consiglio Esteri e Difesa dei 27 Paesi Ue dovrà analizzare la bozza che l'Alto rappresentante per la politica estera e di difesa dell'Unione, Josep Borrell, ha illustrato giovedì 11 novembre ai Commisari. Il progetto prevederebbe la nascita di una forza militare a dispiegamento rapido (Eurdc) di almeno 5.000 uomini, da impiegare in caso di crisi. E non in alternativa alle prerogative della Nato bensì a supporto di eventuali problemi di sicurezza ai confini esterni dell'Unione. Ovvero, se fosse già attiva, questa forza dovrebbe occuparsi della gestione dei migranti in arrivo dalla Bielorussia e in aiuto alla Polonia e alla Grecia, e magari anche del fronte sud che dall'Africa investe Spagna, Italia e Grecia.

L'approvazione della bozza, che per noi sarà valutata da Esteri e Difesa, quindi da Luigi Di Maio e Lorenzo Guerini, non potrà però avvenire prima della prossima primavera, quando la presidenza di turno della Ue sarà svolta dalla Francia. La quale in fatto di difesa, storicamente ha sempre agito da sola e proprio vantaggio, Africa inclusa.

Ciò che invece pare probabile è che sarà l'Italia a metterci i primi 1.500 soldati per creare il "gruppo di battaglia" terrestre da impiegare soltanto in caso di necessità e anche con compiti di sicurezza cibernetica, oltre che con uomini appartenenti ad Aeronautica, Esercito e Marina. E se ancora non è deciso dove potrà essere il quartier generale della Eurdc, né dove potrebbero essere le basi operative, si sa che i militari dovranno poter compiere anche azioni che comportano l'uso della forza seppure nel rispetto dei trattati, anche separando fazioni in lotta o eseguendo evacuazioni o esfiltrazioni in situazioni emergenziali. E dalla guerra nella ex Jugoslavia, prima che in Iraq, abbiamo imparato che in quelle missioni i soldati muoiono.

Tuttavia Borrell ha spiegato: "Non possiamo aspettare che altre nazioni risolvano i nostri problemi, serve una strategia complementare alla Nato che non creerà problemi agli Usa e neppure all'Alleanza Atlantica (...), l'Europa è in pericolo e i cittadini europei probabilmente non sono sufficientemente al corrente delle minacce che affrontiamo. E' nostra responsabilità identificare le nuove sfide e poter dare una risposta anche agendo da soli". L'Alto rappresentante è tra i pochi politici europei ad essere convinto che l'Unione stia vivendo in un mondo più ostile, "con i nostri spazi economici e strategici sempre più contestati, e il nostro spazio politico sempre più degradato". Ma la parte più sorprendente del suo intervento sono state queste parole: "Non è la forza che determina la missione ma è la missione che determina la forza". Difficile capire che cosa intenda veramente, ma per l'Italia è certamente una buona occasione: il presidente Mario Draghi ha l'autorevolezza per chiedere e ottenere un ruolo importante che possa anche comprendere una ricaduta industriale per le nostre aziende, e poi noi italiani abbiamo dimostrato ottime capacità durante le missioni all'estero, e ci sappiamo fare.

Il vero problema, semmai, è che dopo decenni in cui si parla di esercito Ue non siamo mai riusciti a farlo. Nel 1992 fu il momento dell'Eurocoprs, che però doveva agire sotto il comando Nato, rischiando di prendere ordini contrastanti dagli interessi dell'Unione. Ma la Nato, come abbiamo visto negli ultimi anni, tra veti e convenienze, se ne guarda bene di approvare una risoluzione che ci aiuti a contrastare le migrazioni da sud e da est. Ricordiamo le parole di Macron nel 2018: "L'Alleanza è cerebralmente morta" Ma senza la Nato la quantità delle forze che potremo schierare farà ridere: vorremmo infatti organizzare un esercito di 5.000 unità quando la sola Polonia per la vicenda dei migranti ne sta mobilitando 13.000. Inoltre non è ancora chiaro chi comanderebbe la Eurdc, poiché i militari prendono ordini dai politici e quelli europei, soprattutto sul tema delle migrazioni, hanno idee molto diverse tra loro, dimostrando qualche volta che sono anche confuse. Da sempre la Ue in tema di interventi decisivi si è dimostrata incapace di reagire in tempi utili come di essere litigiosa, il rischio quindi è che un generale francese o irlandese venga bloccato da un politico tedesco o italiano, oppure che le regole d'ingaggio in caso d'attacco armato siano talmente mediate da essere inefficaci e provocare più perdite. Se la Ue ha da sempre voluto organizzarsi nel modo più democratico possibile, finanche discutendo anni per trovare soluzioni a problemi che certo non erano fondamentali, un esercito che possa definirsi tale non potrà mai essere una democrazia. Il rischio di un clamoroso flop è imminente e ai confini europei ci sono potenze che potrebbero anche approfittarne.

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Sergio Barlocchetti

Milanese, è ingegnere, pilota e giornalista. Da 30 anni nel settore aerospaziale, lo segue anche in veste di analista. Docente di materie tecniche presso la scuola di volo AeC Milano è autore di diversi libri.

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