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(Ansa)
Difesa e Aerospazio

L'Europa fornisce armi al Benin (con uno sguardo sul Niger)

È passata sotto silenzio la decisione di Bruxelles di fornire quasi 12 milioni di armamenti al paese africano a due passi dal paese nel pieno del caos

Non soltanto Ucraina, tramite la Ue forniamo anche armi alla Repubblica del Benin. È infatti passata quasi in silenzio la decisione da parte del Consiglio europeo di erogare un pacchetto di aiuti militari del valore di 11,75 milioni di euro al Paese africano che, da membro della Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (Ecowas), si è dichiarato favorevole e disposto a partecipare a un intervento militare in Niger a seguito del colpo di stato del 26 luglio scorso. Oggetto della fornitura saranno droni e aeromobili da utilizzare per missioni d’intelligence volte all’acquisizione di obiettivi, per la sorveglianza e il pattugliamento aereo del territorio nell’ambito dell’Operazione Mirador. Si tratta di una campagna armata per il contrasto delle minacce rappresentate dalle milizie jihadiste insorte contro il governo di Porto Novo nel 2019 e asserragliate nel nord del Paese, ovvero al confine con il Niger, dove la politica del presidente Patrice Talon non riesce a ottenere risultati.

In una nota di Bruxelles viene dichiarato che l’assistenza militare della Ue al Paese africano avviene “nel pieno rispetto delle leggi internazionali, dei diritti umani e del diritto umanitario internazionale”. La cifra è stata erogata è erogato attraverso il meccanismo dello European Peace Facility, strumento utilizzato anche per le forniture militari destinate all’Ucraina e finalizzato a rafforzare la capacità militare nei Paesi terzi e delle organizzazioni regionali e internazionali “impegnate a preservare la pace, la stabilità e la sicurezza internazionale.”

La stabilità politica in Benin è di fatto fortemente minacciata e sabato scorso le autorità di Porto Novo avevano aperto un’indagine a seguito dell’incendio a un edificio commerciale nella città di Seme-Podji, situata dieci chilometri a sud della capitale, evento scaturito dopo una violenta esplosione e che ha provocato la morte di 33 persone. Da ormai due anni alcuni gruppi estremisti e violenti si muovono dalle loro basi in Mali e Burkina Faso verso gli stati meridionali e costieri dell’Africa occidentale. Uno dei principali corridoi di questa espansione è stato il tratto di territorio protetto che comprende i parchi nazionali Arly e Pendjari.

Quest'area, detta Wap, è costituita da riserve naturali collegate e contiene anche diverse zone semi protette più piccole e numerose concessioni di caccia. La sua posizione è strategica perché si trova lungo molteplici confini nazionali, ovvero tra Benin, Niger e Burkina Faso e corre vicino a quelli di Nigeria e Togo. La copertura offerta dalle sue foreste e dalla vegetazione della savana e il suo relativo isolamento ne hanno fatto un punto operativo per i gruppi armati non statali che alimentano l’instabilità politica nel Sahel. Il più significativo dei gruppi violenti, attivo dal 2020, è lo Jama’at Nasr al-Islam wal Muslimin (Jnim), nato dalla fusione di gruppi estremisti provenienti dal Mali e sovente affiliati ad al-Qaeda.

Uno dei grandi problemi sta nel fatto che questi combattenti si presentano anche come alternativa di governo agendo come se già lo fossero, così interi villaggi si sono adattati al loro comando approfittando del fatto che molti di coloro che vivono in queste aree dipendono dall’economia illecita. Negli stati costieri come il Benin, le merci sono più economiche grazie a una combinazione di infrastrutture portuali e sussidi su beni chiave come i carburanti. Tuttavia, i residenti in quest’area considerano legittime molte delle attività economiche vietate (come il contrabbando di benzina, alcuni beni di consumo e la caccia), poiché forniscono sostegno vitale che non può essere acquistato dalla stragrande maggioranza dei cittadini.

Il Benin si è quindi trovato nella necessità di rafforzare il suo arsenale, ma a causa della guerra in Ucraina alcune forniture militari sono rallentate, come quella degli elicotteri russi Mi-171 prodotti da Russian Helicopters, le cui linee di produzione sono state interrotte dal conflitto. Di conseguenza Mosca non è riuscita a fornire gli elicotteri di cui il Paese ha bisogno per rafforzare la sua forza aerea nella lotta contro i gruppi armati del nord. E nonostante il capo delle forze armate si sia rivolto anche ad airbus Helicopters, ottenendo due esemplari di H-125, la necessità di mezzi volanti permane. Nel marzo scorso il governo cinese aveva donato al Benin quattro droni Pmr-50 e la Francia aveva consegnato una dozzina di veicoli blindati Vab.

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Sergio Barlocchetti

Milanese, è ingegnere, pilota e giornalista. Da 30 anni nel settore aerospaziale, lo segue anche in veste di analista. Docente di materie tecniche presso la scuola di volo AeC Milano è autore di diversi libri.

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