Scudo missilistico ue
(ESSI)
Difesa e Aerospazio

A una settimana dal voto, l'EU litiga per il suo scudo missilistico

La Germania vuole lo ESSI con missili statunitensi e israeliani, Polonia e Grecia propongono una rete propria dell'Unione, ma tutto è gestito dalla Nato, che dipende dagli Usa. Risultato: nell'Ue si litiga e la Difesa comune resta un miraggio

A una settimana dal voto, si litiga per lo scudo missilistico europeo

Un sistema di difesa comune per lo spazio aereo che comune già lo è. Questa l’idea presentata la scorsa settimana dai primi ministri di Grecia e Polonia, ovvero Kyriakos Mitsotakis e Donald Tusk, che hanno presentato l’idea alla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, la quale ha rapidamente appoggiato l’idea sposata a tempo di record anche dall’alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza Josep Borrell. Quest’ultimo alla riunione del Consiglio degli affari esteri tenutasi il 28 maggio a Bruxelles ha affermato: “Sono lieto che taluni Stati membri affermino di voler difendere il nostro spazio aereo, perché dovremmo considerarlo in modo frammentato?” spiegando quindi ai giornalisti che l’idea solleva comunque molte domande: “il diavolo è nei dettagli, bisogna stabilire infatti dove verrebbero messe queste difese aeree, su quale confine, con quali capacità e quali finanziamenti.” Nella loro lettera, Mitsotakis e Tusk hanno immaginato “un sistema di difesa aerea completo per proteggere il nostro spazio aereo comune dell’UE da tutte le minacce in arrivo”, citando ovviamente quanto sta accadendo tra Russia e l’Ucraina come motivazione principale dell’iniziativa.

Oltre ai benefici militari in caso di malaugurata necessità e a quelli in termini di deterrenza, secondo Grecia e Polonia un simile sforzo costituirebbe un programma congiunto che farebbe apparire ai potenziali aggressori che l’UE è unita nella difesa. Ma sul piano diplomatico interno all’Unione, l’idea dello scudo per lo spazio aereo comune potrebbe essere vista come una velata frecciata a Berlino, dove i funzionari sono ben avviati nel mettere insieme una coalizione di difesa aerea nell’ambito della loro European Sky Shield Initiative(ESSI), che ora conta 21 paesi membri. I funzionari tedeschi hanno creato l’iniziativa nel 2022 subito dopo l’invasione russa dell’Ucraina avvenuta inizialmente colpendo le infrastrutture e i centri abitati con missili e droni, appunto minacce aeree.

Bisogna tuttavia osservare che se dal punto di vista della gestione, lo spazio aereo europeo per il traffico civile è già uniformato e viene gestito da Eurocontrol, sul fronte militare l’organizzazione della sua difesa avviene seguendo le regole Nato. Così il progetto tedesco era essenzialmente un’evoluzione europea dell’architettura di difesa aerea dell’Alleanza volta a coordinare gli appalti nazionali e garantire l’interoperabilità tra impianti sensori e missili o aeroplani intercettori. Alla presentazione della ESSI il ministro polacco Tusk aveva affermato di volerel’adesione del suo Paese, ma trovò la dura opposizione del presidente Andrzej Duda e di altri Stati dell’Unione, che tra le motivazioni espresse consideravano sia gli ordini già confermati ad aziende statunitensi, sia il fatto che parte delle infrastrutture dello ESSI si sarebbero basate su prodotti non europei, tra i qualiil missile israelo-americano Arrow 3 e, appunto, il sistema Patriot statunitense. Così anche la risposta tedesca all’iniziativa greco-polacca è stata fredda, limitandosi a far notare che nulla osta al nuovo progetto qualora non interferisse con l’iniziativaprecedente. Prima della riunione del Consiglio degli affari esteri di questa settimana, il segretario di Stato Siemtje Möller ha dichiarato: “La Nato rimane la più grande e importante alleanza di difesa per l'Europa”, dunque confermando che la Germania intende perseguire il progetto di acquisire statunitensi e israeliani.

Come quasi sempre accade, ogni iniziativa dell’Ue che vede la necessità di un acquisto comune di armi – e in generale per la Difesa - si scontra contro aspettative, interessi industriali e commerciali molto diversi. Non a caso gli accordi sui maggiori programmi come il carro armato europeo (Francia-Germania e poi Italia), per i nuovi caccia di sesta generazione Fcas e Gcas (il primo Francia-Germania e Spagna, il secondo Regno Unito-Italia e Giappone) e per molti altri progetti finiscono per frammentare le risorse che sarebbero disponibili qualora tutti gli Stati fossero concordi a parteciparvi. Con in più un problema: a decidere sulle esportazioni di armi americane è soltanto Washington, mentre nella Ue sono i singoli Paesi e questi hanno politiche e regole spesso diametralmente opposte tra loro, come nel caso di Francia e Germania, oppure di Italia e Francia.

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Sergio Barlocchetti

Milanese, è ingegnere, pilota e giornalista. Da 30 anni nel settore aerospaziale, lo segue anche in veste di analista. Docente di materie tecniche presso la scuola di volo AeC Milano è autore di diversi libri.

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