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(Ansa)
Difesa e Aerospazio

Incidente aereo di Vinhedo, perché il ghiaccio è il maggiore sospettato

La tragedia brasiliana può insegnare molto al settore aeronautico: la modalità ricorda altre catastrofi avvenute nel passato, anche in Italia

Quello accaduto due giorni fa in Brasile è un incidente aereo dal quale il settore aeronautico potrà imparare molto. La speranza è che la memoria digitale dei registratori di volo recuperati sul luogo della tragedia possa essere letta nella sua completezza, soprattutto nei quindici minuti che hanno preceduto l'incidente. Per noi italiani è particolarmente importante per due motivi. Primo: ATR è un consorzio formato nel 1981 dalla francese Aérospatiale (oggi parte di Airbus) e dalla nostra Aeritalia (divenuta poi Alenia-Aermacchi e quindi Leonardo). Secondo: perché purtroppo di incidenti a questo tipo di aeroplano la cui causa, o concausa, è stata la formazione di ghiaccio, ne sono già avvenuti e la memoria nostrana torna alla sera del 15 ottobre 1987, quando precipitò lo ATR-42-312 “Città di Verona” in servizio con la compagnia ATI in un volo da Milano Linate a Colonia. Morirono 37 persone e l'inchiesta determinò come causa proprio la formazione di ghiaccio sulle ali ma anche – e questo fu oggetto di ricorsi e discussioni – di un errore da parte dell'equipaggio nella gestione della situazione, poiché avendo comunque compreso che le condizioni atmosferiche avrebbero determinato una consistente formazione di ghiaccio sulle ali, pur attivando il sistema che consente di ritardarne la formazione non avrebbero adeguato i parametri di volo – velocità e quota – in modo da evitare che le ali subissero un accumulo tale di ghiaccio da degradarne completamente le prestazioni.

Per chiarezza è necessario spiegare che la sigla ATR sta per Aerei da Trasporto Regionale e per l'Italia farne parte è stata probabilmente una delle migliori decisioni in campo industriale aeronautico prese dopo l'assurdo rifiuto di entrare a fare parte dei fondatori di Airbus alla fine degli anni Sessanta. Il primo aeroplano fu lo ATR-42, scelto negli anni successivi da decine di compagnie, dal quale, come sempre avviene in questo settore, si è generata un'evoluzione. Considerando le circa 15 tra versioni e varianti differenti, civili e militari, dello ATR-72 ne sono stati costruiti oltre 1.700. Derivato dal precedente ATR-42, oggi questo velivolo rappresenta il modello di riferimento per il mercato del trasporto regionale a corto raggio. La propulsione dello ATR-72-500, come l'esemplare precipitato in Brasile, è affidata a una coppia di turboelica Pratt & Whitney Canada PW124B da 2160 cavalli ciascuno, ovvero due motori a reazione (jet) la cui energia viene usata non per espellere aria ad alta velocità ma per muovere due eliche fatte apposta per questo aeroplano.

Il giorno stesso dell'incidente il costruttore ha pubblicato questa dichiarazione: “ATR è stata informata dell'incidente accaduto a Vinhedo, in Brasile, che ha coinvolto uno ATR 72-500. Il nostro primo pensiero va alle vittime a tutti coloro che sono stati coinvolti da questa tragedia, gli specialisti della ATR sono all'opera per supportare le agenzie che investigheranno sull'accaduto come per dare supporto alle compagnie clienti.” E' una frase di rito, ma sottolinea che ancora una volta i tecnici del costruttore dovranno rispondere e aiutare chi cercherà di capire che cosa sia accaduto il 9 agosto al volo Voepass Linhas Aéreas sul quale sono morte 62 persone e del quale sappiamo alcune cose con certezza. L'aeromobile è caduto completamente privo di controllo da parte dell'equipaggio con una traiettoria praticamente verticale e un assetto di rotazione attorno all'asse verticale (vite piatta) che si può verificare soltanto se i comandi sono inefficaci o il baricentro del velivolo è al di fuori dei limiti previsti (improbabile, ma non escludibile a priori come altre possibilità).

Al momento i registratori di volo sono in fase di analisi in un laboratorio di Brasilia appartenente all'istituto di investigazione per gli incidenti aerei (Cenipa), mentre i medici legali stanno facendo ogni sforzo possibile per identificare i corpi delle vittime, tutti recuperati, a cominciare da quelli del comandante Danilo Santos Romano e del copilota Humberto de Campos Alencar e Silva. Una questione riguarda proprio loro: perché nonostante i bollettini meteorologici disponibili annunciassero “severa formazione di ghiaccio tra la quota di 12.000 e 21.000 piedi”, l'equipaggio non ha richiesto una variazione di rotta o di quota? Purtroppo di incidenti innescati dalla formazione di ghiaccio gli ATR 42 e 72 ne hanno avuti ben cinque,con centinaia di morti complessivamente in circa 40 anni. Il comandante Santos Romano ha comunicato al Centro di controllo di San Paolo che era “ coperto di ghiaccio” e ha chiesto di atterrare all’aeroporto alternato Campinhas (più vicino) invece di quello di Garulhos previsto dalla pianificazione della rotta, ma ciò non gli è stato possibile in quanto la formazione di ghiaccio ha evidentemente peggiorato la situazione con molto anticipo.

Bisognerà quindi capire perché egli non ha immediatamente chiesto di scendere almeno a 9.000 piedi dai 17.000 ai quali si trovavano (da 5.200 a 2.700 metri circa), poiché a quella quota la temperatura dell'aria iniziava ad essere maggiore dello zero termico e questo avrebbe fermato, quindi in parte sciolto, il ghiaccio accumulato. Che è un indizio ma ancora non può essere considerata la causa, del resto lo ATR-72 vola regolarmente in nord Europa dove le condizioni meteo sono anche peggiori. All'indomani dell'incidente accaduto nel 1994 negli Usa, la Direzione generale dell'aviazione civile francese (che curò la certificazione dell'aereo), pubblicò una circolare diretta ai vettori che usavano gli ATR 42 e 72, proibendo agli equipaggi di inserire l'autopilota in presenza di ghiaccio oppure di turbolenze atmosferiche. Si trattava di una misura precauzionale scaturita dalla lettura dei registratori di volo, dai quali emerse che il ghiaccio formato sulle ali aveva contribuito a rendere instabile l'aereo. Di conseguenza tutte le compagnie che usavano questi aerei dovettero modificare i manuali di volo per dare agli equipaggi indicazioni sicure.

La formazione di ghiaccio sulle superfici (di qualsiasi aeroplano) può comportare la deformazione del profilo alare, che quindi non può “lavorare” come previsto, sia sulle superfici di comando dei piani di coda arrivando a bloccarle, e finanche a degradare le prestazioni dei motori qualora l'accumulo avvenga sulle pale delle eliche o nella presa d'aria dalla quale è alimentato il compressore.

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Sergio Barlocchetti

Milanese, è ingegnere, pilota e giornalista. Da 30 anni nel settore aerospaziale, lo segue anche in veste di analista. Docente di materie tecniche presso la scuola di volo AeC Milano è autore di diversi libri.

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