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(Ansa)
Difesa e Aerospazio

Kiev aspetta le armi dalla Nato, Mosca gli esperti militari della Corea del Nord

Mancano soldati, Kiev arruola i carcerati, Mosca chiama i genieri di Kim Jong-un. Ma Putin ha soldi da spendere mentre Zelensky è vicino al Default. Così, considerando gli "istruttori" della Nato, la volontà è chiara: la guerra deve continuare

In uno scenario di guerra che vede una lenta avanzata russa, come nelle città di Severnoye e Shumy, nonché in villaggi come Yasnodobrovka, Spornoye, Novoaleksandrovka e Novopokrovskoye, sempre nella regione di Donetsk, nonché a Chasov Yar, negli ultimi giorni di giugno le truppe di Mosca hanno conquistato terreno ma perso tanti uomini. La reazione ucraina è stata resa nota lo scorso fine settimana con un comunicato nel quale il Comando militare di Kiev ha annunciato che le forze di Mosca avrebbero perso oltre 1.500 uomini e centinaia di mezzi.

Dove stia la verità, quanto effettivamente l’avanzata russa sia da considerarsi consolidata e quanto siano veri i numeri, come sempre è quasi impossibile da controllare, ma per poter subire così tante perdite e continuare gli attacchi Mosca deve ovviamente arruolare nuove leve e per farlo non ha mai esitato a inquadrare combattenti stranieri, tanto che nei reparti è accertata la presenza di afgani, siriani, indiani, nepalesi e di immigrati naturalizzati russi che stanno svolgendo il servizio militare, per un totale di circa 10.000 unità. Secondo gli analisti militari Mosca riuscirebbe ad arruolare almeno 30.000 combattenti al mese e a produrre più armi nonostante l’embargo posto dall’occidente, con l’aiuto di Cina e Corea del Nord. Così la questione che maggiormente preoccupa oggi chi la guerra la vorrebbe veder finire è la concreta possibilità che la Corea del Nord possa inviare anche militari, seppure possa trattarsi di personale specialista del genio, quindi di tecnici e ingegneri, non da impiegare in combattimenti diretti quanto per la ricostruzione di assetti logistici nelle aree conquistate del Donetsk. In pratica i componenti di due o tre brigate dell’esercito di Kim Jong-un su un totale di dieci. Ciò in virtù del trattato per la mutua assistenza militare firmato il 19 giugno tra Mosca e Pyongyang che non specifica azioni relative al conflitto in essere ma al contempo non lo esclude, e che prevede il pagamento da parte russa di valuta forte (per la Corea il rublo lo è), per l’equivalente di quasi 120 milioni di dollari.

La conferma arriva anche dagli Usa: la scorsa settimana il portavoce del pentagono Pat Ryder, al proposito aveva dichiarato: “Se comandassi il personale militare nordcoreano sarei scettico sull’idea di inviarlo in una guerra contro l’Ucraina come carne da cannone”. Di fatto, se oltre ai proiettili d’artiglieria – quasi cinque milioni – e un quantitativo indefinito di missili balistici – i cui resti sono stati recuperati da Kiev per dimostrare la provenienza – Pyongyang mandasse anche soldati, inevitabilmente il conflitto si allargherebbe e certi governi occidentali si sentirebbero autorizzati a fare molto più di quanto stia avvenendo già oggi.

Sul fronte opposto anche l’Ucraina ha bisogno di uomini, ma stando a quanto riportato dall’Economist, lo Stato sarebbe vicino al fallimento: il primo agosto scade il termine per lo stop ai pagamenti sul debito, ora al 94% del Pil, e se le autorità non riusciranno a trovare un accordo con chi ha investito dovranno dichiarare il default. Ciò comunque non ferma Kiev dal chiede ancora più missili antiaerei a ogni fornitore possibile, mentre Mosca ha sempre bisogno di forniture da parte di Cina e Corea del Nord. Non a caso nei giorni scorsi l’ambasciatore russo alle Nazioni Unite, Vasily Nebenzya, ha dichiarato che ci saranno ritorsioni politiche nel caso in cui Israele fornisse sistemi di difesa aerea Patriot all’Ucraina. In tale quadro preoccupa la possibilità concreta che Washington invii mercenari in Ucraina per aiutare le truppe di Zelensky nelle operazioni di manutenzione dei propri sistemi d’arma, per due ragioni: la prima è che giocoforza dovranno essere ex militari Usa, la seconda è che costoro dovranno recarsi presso le postazioni di lancio e quindi in piena zona di guerra, divenendo quindi possibili bersagli da patre delle forze russe.

Ma dietro a questa situazione c’è anche la mancanza di nuove leve nell’esercito ucraino, sempre più difficili da trovare – le diserzioni sono frequentissime - al punto che Kiev ha proposto ai propri carcerati la libertà in cambio dell’arruolamento, esclusi pluriomicidi, stupratori e naturalmente chi ha commesso crimini contro la sicurezza dello stato. Da qui la possibilità di chiedere l’ingresso sul campo di battaglia di mercenari statunitensi gestiti direttamente da aziende coordinate dal Pentagono, poiché è invece noto che a oggi già operino sul campo quelli arruolati da società private, inclusi soldati di origine sudamericana, in un numero che l’Istituto britannico degli studi strategici Rusi calcola in oltre 23.000 unità. A questo numero bisogna aggiungere i “tecnici istruttori” provenienti da diverse nazioni Nato, che secondo diverse fonti sarebbero oltre 8.000, ma che Mosca stima in numero quasi doppio.

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Sergio Barlocchetti

Milanese, è ingegnere, pilota e giornalista. Da 30 anni nel settore aerospaziale, lo segue anche in veste di analista. Docente di materie tecniche presso la scuola di volo AeC Milano è autore di diversi libri.

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