Onde radio e droni. Cos'è successo alla Nave Duilio
La dinamica di quanto accaduto nel Mar Rosso al nostro cacciatorpediniere che ha distrutto il drone lanciato dagli Houthi
Dopo Usa, Regno Unito, Francia e Germania, anche la nostra Marina ha dovuto rispondere al fuoco degli Houthi. L’episodio di sabato 2 marzo non deve però trarre in inganno: ancora non è possibile sapere se il bersaglio del drone – o più droni - lanciati dai ribelli yemeniti fosse deliberatamente la nave italiana in quanto tale, oppure soltanto una delle unità a portata di autonomia dell’ordigno. Sta di fatto che prima ancora che una traccia apparisse sul radar della Caio Duilio, a illuminare la nostra fregata potrebbe essere stato il fascio di onde provenienti da un radar iraniano, necessario per orientare il lancio ostile. Oppure emesse da un drone che operava in alta quota o, ancora ma meno probabile, da un’altra nave. Sono analisi, queste, che possono fare per esempio i nostri velivoli G550 Caew, che vorremmo far arrivare in zona proprio a supporto preventivo di atti come quello accaduto due giorni fa.
Durante la navigazione nel settore sud della zona da pattugliare, gli operatori ai sistemi del Caio Duilio hanno rilevato un eco radar (la riflessione delle onde radio sull’oggetto volante) quando si trovava a circa 15 km dalla nave, osservando che si trattava di un oggetto in rapido movimento che volava a bassa quota. La reazione d’allarme è stata immediata e il sistema radar stima immediatamente la velocità, che facilmente avrebbe potuto essere di circa 350 km l’ora, circa 188 nodi, che significa percorrere circa sei chilometri in un minuto, cioè 3,2 miglia nautiche in sessanta secondi, se espresso con le unità di misura di marinai e aviatori.
Posto che non c’erano velivoli in missione segnalati in quella posizione, né canali radio di comunicazione attivi con essi, nessuna risposta alle chiamate, è stato attivato il radar di tiro per tracciarlo – che è diverso da quello di scoperta, perché con risoluzione maggiore in termini di precisione ma collegato al puntamento delle armi – e al tempo stesso sono state accese le ottiche di bordo, in modo da poterlo inquadrare sui monitor.
A quel punto, mentre la distanza era ormai di poche miglia (circa 4), il comandante Andrea Quondamatteo, tenente di vascello, 47 anni, originario di San Benedetto del Tronto, ha fatto il suo dovere proteggendo nave ed equipaggio (234 persone), dando l’ordine di aprire il fuoco all’operatore del radar di tiro. Ordine che segnali digitali hanno passato dalla postazione alla batteria di prova dritta (davanti alla nave, sul lato destro), il cui cannone da 76 mm a tiro rapido ha esploso sei colpi in rapida successione che hanno neutralizzato l’oggetto, costantemente illuminato da microonde. Nulla di strano, un esercizio procedurale fatto tante volte in esercitazione e in addestramento da comandante e dal suo equipaggio, procedure fondamentali per non esitare, per non avere l’incertezza che fa trascorrere il tempo e impedisce la capacità di difendersi.
Osservando qualsiasi fotografia della fregata Caio Duilio non si può non notare la presenza di diverse antenne radar. Questo perché minacce diverse per materiale di costruzione, velocità, forma e grandezza si possono scoprire e identificare meglio usando le lunghezze d’onda più opportune. Ed ecco perché l’equipaggiamento della nave comprende il sistema di ricerca di superficie Ran 30X/I Rass che funziona sulle bande E/F (da 2 a 4 Ghz), quello multifunzionale tridimensionale Selex SPY-790 Empar in banda G (4-6 Ghz), il radar di ricerca di superficie e aerea Bae/Thales S1850 e aerea 3D in banda D (110-170 Ghz), quindi il radar secondario di sorveglianza Selex Sir per l’identificazione amico/nemico (IFF), quindi il sistema per la radionavigazione e l’appontaggio degli elicotteri Selex Spn 753 (Navr) che funziona in banda I (8-10 Ghz).
Come si evince dall’elenco, ogni apparato funziona su lunghezze d’onda differenti ed è dedicato a uno scopo preciso. È quindi ipotizzabile che il bersaglio sia apparso sul Thales S1850 e poi sia stato “illuminato” dal Selex Sir e quindi dalle onde radio del Ran 30/X, per poi essere “calcolato” dai due sistemi di puntamento Selex Mstis NA25X (multisensore radar ed elettro-ottico) e tracciato dal sistema di scoperta e tracciamento bispettrale Sagem Vampir MB (Iras) che completa da dotazione di bordo. Il cannone collegato, l’Otobreda 76/62 da 76mm, raggiunge i 120 colpi al minuto e può sparare colpi di diverso tipo, da proiettili incendiari, a frammentazione o perforanti. Si tratta di sistema d’arma ritenuto molto efficace e per questo esportato a 53 Marine militari nel mondo. Semmai ce ne fosse bisogno, un’altra conferma che chi dispone dell’elettronica e della tecnologia migliore è avvantaggiato. E pensare che un secolo fa a mitragliare i primi aerosiluranti erano uomini che usavano calcoli, occhi e mirino.