Piaggio Aerospace in mani turche tra prospettive e dilemmi
L'acquisto da parte della turca Baykar degli assetti societari di Piaggio Aerospace apre un nuovo capitolo nella storia della storica azienda aeronautica italiana. Ma anche uno scenario di possibile competizione con Leonardo nel mercato dei droni
La notizia era ufficiosamente arrivata ai primi di novembre, quando gli immancabili “rumors” provenienti da Villanova d'Albenga (Sv) e da Roma avevano paventato la possibilità di realizzare un accordo che si traducesse in un'offerta concreta. E il 27 dicembre una nota del Ministero delle Imprese e del Made in Italy comunicava che il nostro dicastero aveva “autorizzato i commissari straordinari di Piaggio Aero Industries e Piaggio Aviation, le due società in amministrazione straordinaria che operano sotto il marchio Piaggio Aerospace, a procedere con la cessione di tutti i complessi aziendali condotti alla società turca Baykar MakinaSanayi Ve Ticaret Anonim Sirketi (in breve Baykar)”, che si occupa di produrre gran parte del volume di droni da guerra fatti in Turchia ed esportati in molte nazioni. Dire droni però è riduttivo: dagli stabilimenti turchi dell'azienda escono sistemi di guida, componenti aerospaziali, impianti elettronici e di comunicazione e molto altro. Due le cose da sapere: innanzi tutto che la produzione di questi droni è fatta principalmente in materiali compositi come carbonio, kevlar eccetera, mentre Piaggio è specializzata in lavorazione del metallo (di questo è fatto l'aeroplano P180 Avanti prodotto), ma anche che l'azienda italiana ha accumulato esperienza con i droni grazie al progetto P1HH HammerHead a partire dal 2013, progetto che l'Italia ha sacrificato (parcheggiato, abbandonato, ignorato), per entrare nel programma del super drone Euromale con Leonardo, che al P1HH forniva l'elettronica. Questo dopo la cancellazione dell'ordine da parte degli arabi, che non gradirono che proprio l'Italia non lo ordinasse per l'Aeronautica Militare. E siccome Leonardo della Piaggio voleva soltanto la parte della manutenzione dei motori, piazzare sul mercato un'azienda in amministrazione controllata dal 2018 non era facile, soprattutto dopo quanto fatto della finanziaria Mubadala in era renziana. Ma i due fratelli turchi che la dirigono, appassionati e piloti, rispetto agli arabi sanno perfettamente che cosa hanno deciso di acquistare: un'azienda storica accreditata e certificata presso le autorità aeronautiche mondiali, che seppure produca un aeroplano un po' vecchio seppure iconico, è un formidabile ponte per aprire nuovi mercati a occidente.
E poi c'è la Piaggio che fa manutenzione ai motori aeronautici per operatori privati, governativi e militari, e questo per la Turchia è importantissimo, ricordiamo che Trump durante il primo mandato escluse Ankara dal programma F-35 nonostante facesse parti del suo motore, per aver acquistato i missili russi S-400. Certo, il fatto che l'azienda Baykar si stata fondata nel 1986 dal fu genero del presidente Erdogan Özdemir Bayraktar e che a mandarla avanti siano oggi i due figli Selcuk e Haluk, è una garanzia fintanto che la politica resta sotto il controllo dell'attuale presidente, così come una garanzia è il fatto che, producendo aeroplani per le nostre forze armate, una quota delle azioni deve restare in mani italiane. Più preoccupata oggi è la filiera dell'indotto aerospaziale nazionale (cablaggi, interni, componenti meccaniche, strumenti), che lavora per Piaggio Aerospace, diverse decine di aziende italiane che non possono esimersi dal temere scossoni nelle commesse e nelle produzioni di materiali ad alto valore aggiunto. Qualora queste fossero spostate presso fornitori turchi (che a fare cablaggi, elettronica e componenti hanno imparato dagli Usa), sarebbe un disastro. Comunque nella dichiarazione del Ministero si legge: “Dopo un’attenta valutazione comparativa delle offerte ricevute, la terna commissariale ha ritenuto che quella di Baykar fosse la più idonea a garantire gli interessi dei lavoratori dipendenti e dei creditori di Piaggio Aero e Piaggio Aviation e a rilanciare le prospettive industriali del Gruppo.” Il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso ha detto: “E' stato garantito il rilancio dell’azienda con una visione industriale chiara e ambiziosa; dopo sei anni d'attesa ridiamo un futuro a Piaggio Aerospace, un asset strategico per il nostro Paese, con una prospettiva produttiva di lungo periodo, salvaguardando complessi aziendali e forza lavoro”. Però quale sia questa visione non è ancora stato spiegato con esattezza. Perché sostenere di rafforzarsi nel settore civile con un velivolo molto costoso da costruire e certificato nel 1980 come l'Avanti Evo (da allora ne sono stati fatti meno di 350, pochissimi rispetto ai concorrenti), è oggi poco credibile, mentre lo è certamente di più riaprire la partita dei velivoli militari senza pilota verso l'occidente, ammesso che la politica italiana digerisca tutti i clienti di Baykar, che per il solo drone TB2 sono: Turchia, Albania, Azerbaigian, Bangladesh, Burkina Faso, Croazia, Emirati Arabi Uniti, Etiopia, Gibuti, Iraq, Kirghizistan, Kosovo, Kuwait, Libia, Maldive, Mali, Marocco, Niger, Nigeria, Pakistan, Polonia, Qatar, Romania, Togo, Turchia Turkmenistan, Ucraina, Uzbekistan. E tra questi ci sono potenziali clienti per i droni di Leonardo.
Dunque i tre commissari, dapprima Vincenzo Nicastro, quindi anche Carmelo Cosentino e Giampaolo Davide Rossetti, ma soprattutto i governi che hanno approvato nuovi ordini di aeroplani per le nostre Forze Armate, hanno saputo mantenere in piedi un'azienda storica che molti davano per spacciata, senza cedere davanti a prospettive di svendite o a cordate improbabili che ne avrebbero fatto uno spezzatino senza più storia né identità. Ora si dovranno superare altre tre fasi: la Golden Power, l’Antitrust e il tavolo con i sindacati, per arrivare a un nuovo via entro marzo. Da qui nascono almeno due domande: se Piaggio Aerospace è storicamente e industrialmente così importante, perché non ce la siamo tenuta tutta in mani italiane? Possibile che non esistano più imprenditori nostrani disposti a entrare nel mercato aerospaziale, in un momento nel quale è una delle industrie che cresce più in fretta? Consola che in un post su X, l'amministratore delegato dell'azienda Haluk Bayraktar abbia scritto: “Lavoreremo per preservare l'identità storica di Piaggio, aumentare la sua capacità produttiva e sostenere la crescita dei posti di lavoro in Italia, unendo l'innovazione al rispetto delle sue radici”. Detto da chi, con 5.100 perone, produce oltre la metà dei droni militari esportati nel mondo fa un certo effetto e può rassicurare, ma un ingegnere in Turchia prende l'equivalente di 900 euro. E i circa mille dipendenti italiani di Piaggio Aerospace, a partire dai manager, costano decisamente di più.