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Difesa e Aerospazio

Russia-Ucraina, la guerra dei droni. Ma non la prima

Navali, aerei e terrestri, quella tra Russia e Ucraina può essere definita la prima guerra tra droni, ma l'idea è vecchia: i sovietici li usarono nel 1939 e i Goliath dei nazisti colpirono gli inglesi durante lo sbarco in Normandia

La guerra russo-ucraina sta rivelando la sperimentazione operativa di un numero sempre maggiore di mezzi armati senza pilota. Tra imbarcazioni, carri armati, velivoli ed elicotteri, non c'è dominio nel quale non siano apparsi nuovi droni oppure macchine nate per essere pilotate da esseri umani e trasformate in “unmanned”. Tra il 19 e il 24 maggio sono state diffuse per la prima volta le immagini di un attacco compiuto da un drone marino russo contro un altro mezzo navale senza pilota a bordo, in questo caso uno Usv V-5 Magura ucraino intercettato nel Mar Nero mentre era fermo. In questo caso l'equipaggio remoto doveva essere a una distanza notevole, oltre i 20 km, perciò è plausibile che fossero presenti altri Usv equipaggiati per estendere la copertura radio della stazione di comando e controllo, come fossero ripetitori, oppure che lo stesso Magura sia stato rilasciato da una nave porta-Usv come la Pchelka, oppure ancora che possa essere stato aviolanciato.

Dall'acqua al terreno, già due anni fa la Difesa russa aveva offerto una ricompensa in denaro, l'equivalente di circa 12.000 dollari, a chi fosse riuscito a catturare o sequestrare un veicolo terrestre senza pilota di fabbricazione estone operante in Ucraina, il Themis della Milren Robotics, azienda appartenente agli Emirati Arabi Uniti ma con sede a Tallin ma anche in Olanda, Svezia e Finlandia.

E nel febbraio di quest'anno la ricompensa era stata raddoppiata con una dichiarazione rilasciata dal direttore del centro per gli studi militari Ruslan Pukhov ai media russi. Ebbene: all'inizio di maggio i canali Telegram hanno pubblicato le immagini di un modello di Themis. Interrogato dalla stampa specializzata del settore Difesa, un portavoce dell'azienda ha rifiutato di commentare dicendo soltanto che la società è a conoscenza delle immagini diffuse e del fatto che l'esercito ucraino li stesse sperimentando dal febbraio scorso ma per missioni di sminamento e di trasporto di merci nelle località pericolose da raggiungere per le truppe. L'azienda ha però annunciato il 23 maggio che sta quintuplicando la capacità produttiva con l'aggiunta di un nuovo stabilimento accanto alla sede centrale di Tallinn, in Estonia. Si prevede che il nuovo spazio produrrà 500 unità Themis all'anno. E alla domanda del motivo di tante commesse, Milren Robotics ha risposto che se fino a poco tempo fa i governi acquistavano poche unità per svolgere valutazioni e collaudi, “ora hanno valutato l'efficacia e molti clienti si stanno preparando a lanciare acquisti in quantità elevate”, come ha affermato l'amministratore delegato Kuldar Väärsi. Dal punto di vista tecnologico l'interesse nell'analisi di questi mezzi non è tanto nella struttura quanto nell'ambito dei sensori e dei sistemi di trasmissione e ricezione dati in modo codificato e criptato e difficilmente disturbabili. Il vantaggio per il nemico è quello di poter localizzare le trasmissioni prendendo di mira il centro di controllo, di decifrare le comunicazioni e creare sistemi di disturbo che possano bloccare i droni, poterne prendere il controllo o comunque poter migliorare il livello delle radiocomunicazioni e dei sensori delle proprie flotte unmanned.

Passando alla componente aerea, la guerra tra Russia e Ucraina sta mostrando in azione tre categorie di droni. La prima è quella dei velivoli appositamente progettati per svolgere missioni di ricognizione e bombardamento, siano essi a perdere (destinati a distruggersi all'impatto), costruiti in Turchia, Ucraina e Iran. La seconda categoria è quella dei droni commerciali, ovvero nati per uso ricreativo e poi modificati per il trasporto di piccole ma letali quantità di esplosivo. Sono limitati nell'autonomia come nella distanza massima raggiungibile, ma si sono rivelati molto utile nelle operazioni di scoperta del nemico e nella neutralizzazione di postazioni difficilmente localizzabili dall'alto a meno di non volare molto bassi e a velicità ridotta, cioè le condizioni che espongono gli elicotteri convenzionali al pericolo di essere abbattuti. Infine, nei cieli ucraini e russi si sono visti droni realizzati partendo da velivoli ultraleggeri nati per uso sportivo, tipicamente a due posti, dove il carico utile di circa 200 kg è stato rioccupato dai sistemi di comando e controllo e con anche un centinaio di chili di esplosivo. L'Ucraina fino allo scoppio della guerra era infatti una delle nazioni nella quale si concentravano i produttori di questi velivoli leggeri.

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Sergio Barlocchetti

Milanese, è ingegnere, pilota e giornalista. Da 30 anni nel settore aerospaziale, lo segue anche in veste di analista. Docente di materie tecniche presso la scuola di volo AeC Milano è autore di diversi libri.

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