Possibili ritardi per il nuovo scudo antimissile del Pentagono. La Ue, lentamente, mira al 2030
Difesa e Aerospazio

Possibili ritardi per il nuovo scudo antimissile del Pentagono. La Ue, lentamente, mira al 2030

C’è un progetto spaziale statunitense, lo Resilient Missile Warning and Tracking, giudicato essenziale dalla Difesa Usa ma che rischia di rallentare e di limitare l’aiuto che esso può dare anche a tutti gli alleati della Nato. La Space Force, ovvero la forza armata del Pentagono che si occupa di difendere ciò che sta fuori dall’atmosfera, ha infatti annullato il contratto con Raitheon (oggi Rtx) per costruire i satelliti destinati al tracciamento missilistico, riducendo quindi il numero di appaltatori da tre aziende a due

La decisione risale alla fine di giugno ma è stata spiegata soltanto il 25 luglio, quando a causa di possibili problemi con le tempistiche della progettazione e della consegna da parte dell’appaltatore, il contratto con Rtx, del valore di 727 milioni di dollari per tre satelliti come parte della prima fase del programma, è stato cancellato. La scelta lascia ora la Space Force con soltanto due fornitori, Millennium Space Systems e L3Harris, aumentando comunque il rischio di ritardare i tempi di messa in orbita, validazione ed entrata in servizio della costellazione “sentinella” in grado di tracciare missili balistici e ipersonici nell’orbita terrestre media, tra 2.000 e 35.000 km sopra il livello del mare. Il colonnello Rob Davis, supervisore dei programmi di rilevamento spaziale all'interno dello Space Systems Command, ha affermato che l’eliminazione di Rtx dal programma è stata una “scelta difficile ma necessaria”. I satelliti in orbita terrestre media, in sigla “Meo”, del programma Resilient Missile Warning and Tracking sono solo un pezzo del piano della Space Force per rafforzare le sue capacità di allerta e tracciamento missilistico contro le crescenti minacce provenienti da Cina e Russia, ma costituiscono quello più moderno e necessario. Oggi la costellazione di allerta missilistica del Dipartimento della Difesa è composta da sei satelliti in orbita a circa 36.000 km dalla Terra. Le loro grandi dimensioni e il piccolo numero li rendono però vulnerabili agli attacchi, mentre i sensori di bordo e il posizionamento attuale non consentono al sistema di rilevare con efficacia armi avanzate come i missili ipersonici (che volano a velocità diverse volte maggiori di quella del suono).

Per queste ragioni è in corso uno sforzo multimiliardario a medio termine per cambiare la composizione del sistema lanciando satelliti più piccoli ed economici in orbite più basse, in modo da osservare grandi aree senza richiedere lo stesso livello di complessità da sensori posizionati più lontano dal pianeta.

Poiché i nuovi satelliti sono meno costosi, questi avranno però una vita più breve, così il progetto prevede di schierarne nuove versioni ogni tre anni secondo un piano d’aggiornamento tecnologico prestabilito che ovviamente richiede una solida base industriale. La strategia è quindi quella di organizzare continuamente gare per nuove aziende fornitrici che entrino nel gruppo dei partecipanti, seppure questo aumenti i rischi industriali. Il primo nuovo satellite antimissile dovrebbe essere lanciato nel 2026 e la Space Force prevede di averne quattro in orbita entro il 2028. Il fornitore Millennium, società controllata da Boeing, ha un contratto per la consegna di sei unità per un valore di 412 milioni di dollari assegnato nel 2021, mentre la L3Harris nel giugno 2023 firmò per sviluppare il prototipo del primo satellite per 29 milioni di dollari con l’opzione per venderne altri tre negli anni successivi. Il programma non rientra tra quelli cofinanziati con gli strumenti giuridici della Nato, ma sarà pagato dai contribuenti degli Stati Uniti fino al 2035, quando in teoria dovrebbe essere completo e quindi in orbita con un totale di 18 satelliti. Sul fronte Europeo non esiste ancora nulla di simile se non il progetto di realizzare il sistema “Essi”, sigla di European Sky Shield Initiative. L'iniziativa fu tedesca e risale al 2022, l'intento è quello di costruire un sistema di difesa aerea europeo integrato, ma principalmente agendo per coordinare gli acquisti di armi per la difesa aerea del Vecchio Continente sfruttando l'economia di scala. Dunque, anche se realizzato, lo “Essi” non consentirà di intercettare eventuali missili all'origine dei lanci, bensì di avere scorte e capillarità sui territori dell'Unione. Che in questo tipo di contromisure continuerà a dipendere dagli Usa in ambito Nato. Attualmente nell'ambito delle iniziative per la cooperazione permanente dell'Unione europea per la sicurezza e la difesa comune (Pesco), sono state gettate le basi per realizzare armi in grado di neutralizzare missili ipersonici.

Il progetto ha preso il nome di Twister (da Timely warning and Interception with space-based theater surveillance), ed è stato finanziato con diverse tranche (l'ultima di 100 milioni di euro) per la progettazione di un intercettore che operi nell'atmosfera - Odino - da parte della multinazionale Mbda, che dovrebbe essere operativo nel 2030.

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Sergio Barlocchetti

Milanese, è ingegnere, pilota e giornalista. Da 30 anni nel settore aerospaziale, lo segue anche in veste di analista. Docente di materie tecniche presso la scuola di volo AeC Milano è autore di diversi libri.

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