Difesa e Aerospazio

Starliner (vuota) è rientrata integra

Ma per gli astronauti c'è un problema: le tute spaziali Boeing non si adattano agli impianti SpaceX

La capsula Boeing Starliner è rientrata sulla Terra senza astronauti a bordo e del tutto integra, ma ancora troppo presto per poter ipotizzare quando essa potrà volare nuovamente. La Nasa intende infatti avviare una serie di analisi per comprendere appieno l'origine dei malfunzionamenti riscontrati nel primo volo con persone a bordo, avvenuto il 5 giugno scorso. Da quel momento erano iniziati gli studi sulla perdita di gas, sull'anomalo riscaldamento delle baie motori e sul distacco di materiale isolante, ma in mancanza di sufficienti garanzie era stato deciso di farla rientrare senza astronauti. Così Starliner ha lasciato la Stazione spaziale internazionale (Iss) venerdì sera (6 settembre), per atterrare nel Nuovo Messico poco dopo la mezzanotte di sabato 7. L'operazione ha posto fine al Crew flight test (Cft), ovvero la prima missione abitata di Starliner, anche se gli astronauti Suni Williams e Butch Wilmore sono rimasti sulla Iss, dove vivranno fino al febbraio 2025 per poi salire su una Crew Dragon di SpaceX, la missione Crew-9, il cui lancio è previsto verso la Iss il 24 settembre e tornare sulla Terra. Ma per poterlo fare sarà necessario spedire loro le tute di volo SpaceX, poiché quelle di Starliner non sono adattabili all'interfaccia pneumatica per la pressurizzazione. Così la Crew Dragon della missione “Crew 9” verrà lanciata tra due settimane ma con solo due astronauti a bordo invece dei quattro previsti, proprio per fare spazio i due collaudatori Boeing. A bordo ci sarà anche una tuta per Wilmore, poiché Williams potrebbe usarne una del tipo SpaceX della sua misura presente a bordo della Iss.

Le tute spaziali pressurizzate utilizzate durante il lancio e il rientro, note come tute intra-veicolari (Iva), sono fondamentali: esse proteggono chi le indossa dalla perdita improvvisa di pressione in cabina e aiutano a regolare la temperatura corporea entro limiti sopportabili. Senza di esse gli astronauti sarebbero molto più vulnerabili. Il pasticcio della incompatibilità delle tute è dovuto al fatto che circa un decennio fa la Nasa diede a Boeing e SpaceX più libertà di progettare i loro veicoli spaziali a patto che soddisfacessero i requisiti e gli standard di sicurezza dell'agenzia, ma senza assicurarsi che i sistemi accessori delle due aziende fossero intercambiabili, ovvero avere tute Iva che si adattassero a veicoli spaziali diversi. Al momento, nell'eventualità che si verifichi un'emergenza grave sulla stazione spaziale, due astronauti dovrebbero evacuarla senza Iva, ma considerando che la capsula Crew Dragon è completamente pressurizzata, in un rientro normale per i due astronauti di Starliner non ci sarebbero problemi salvo nell'eventualità, comunque remota, di depressurizzazione della capsula.

Un simile incidente accadde il 30 giugno 1971, quando l'equipaggio della capsula sovietica Soyuz 11, composto da tre cosmonauti, morì durante l'atterraggio dopo che una valvola del veicolo spaziale si era aperta mentre nessuno di loro indossava la tuta pressurizzata. La Nasa fece tesoro di quanto accaduto ai sovietici ma creò procedure differenti e meno rigide, arrivando però a imporre agli equipaggi di indossare le tute in ogni lancio e in ogni atterraggio a partire dal disastro del Challenger nel 1986 in cui persero la vita sette astronauti.

Guardaroba a parte, dopo questo incidente tecnico il programma dovrà essere ridiscusso. Come ha detto Steve Stich, responsabile del Commercial Crew Program della Nasa, durante una conferenza stampa post-atterraggio sabato mattina: “Penso che valuteremo i progressi tra un mese e avremo un'idea un po' più precisa di quale saranno gli impatti di quanto accaduto sul programma. Sappiamo su che cosa dobbiamo lavorare, risolveremo le questioni tecniche e poi torneremo a volare quando saremo pronti. Quello che dobbiamo fare ora è inviare un propulsore a White Sands, nel Nuovo Messico, dove c'è il nostro centro prove, e assicurarci di capire le esatte sequenze che causano il riscaldamento. Allo stesso tempo, dobbiamo esaminare le modifiche software per ridurre il numero di richieste di riaccensione dei propulsori. Infine, esamineremo le coperte termiche all'interno delle baie motori per poterle modificare al fine di mantenere i propulsori più freddi”.

La missione Cft non deve però essere considerata un fallimento, anzi, sono molti gli aspetti positivi conclamati dal primo volo di Starliner: la capsula ha funzionato molto bene durante il lancio, la discesa e l'atterraggio, Boeing è riuscita a raggiungere l'85%-90% degli obiettivi della missione nonostante i noti problemi tecnici. Lo ha sottolienato anche Joel Montalbano, vice amministratore dello Space Operations Mission Directorate della Nasa, che ha sottolineato gli aspetti positivi della vicenda: “È importante ricordare che questa è stata una missione di prova durante la quale abbiamo imparato moltissimo”.

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Sergio Barlocchetti Collaboratore