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(Ansa)
Difesa e Aerospazio

La strategia militare dell'Ucraina con i missili Usa

Cosa e dove vogliono colpire i vertici di Kiev con le armi dell'occidente dopo il via libera ad agire anche in territorio russo

Con un fronte molto esteso di oltre mille chilometri, e dopo mesi nei quali ogni centimetro di avanzata doveva essere fatta affondando nel fango, con l’arrivo della terza stagione estiva di guerra, Russia e Ucraina devono evitare di commettere gli errori fatti nel 2022 e nel 2023, quando entrambe le parti hanno sacrificato troppi uomini in combattimenti casa per casa al fine di riconquistare pochi chilometri quadrati di territorio. Perciò, mediante l’utilizzo di missili a medio e lungo raggio di costruzione occidentale sparati verso obiettivi posti sempre più all’interno del territorio russo, l’Ucraina cerca ora di neutralizzare le postazioni dalle quali subisce a sua volta gli attacchi verso strutture energetiche e con queste di colpire anche le località ritenute centri di comando o di stoccaggio di munizioni. Inoltre, distruggere radar significa accecare alcuni settori di spazio aereo e quindi poterlo attraversare con minore rischio di essere intercettati e abbattuti.

Missili Himars distruggono sistema radar russo a Belgorod

Missili Himars distruggono sistema radar russo a Belgorodwww.panorama.it

Una cosa è certa: colpendo la Russia in profondità grazie al via libera di taluni Paesi Nato all’uso di ordigni di maggiore portata, è automatico aspettarsi che anche Mosca farà la stessa cosa e cercherà, per esempio, di intensificare gli attacchi verso le basi ucraine prossime al confine polacco, ovvero dove Kiev concentra le forniture occidentali per poi distribuirle, e dove sono presenti – in bunker sotterranei – centri di comando e controllo. Infine, Mosca ha tutto l’interesse di rendere inservibili le piste degli aeroporti presso i quali potrebbero essere basati gli F-16 in arrivo. Sono basi, queste, che sono già state oggetto di attacchi, ricordiamo infatti i missili russi e ucraini caduti per errore (o a causa dei disturbi indotti ai sistemi di navigazione da atti di guerra elettronica), oltre il confine con la Polonia, soltanto qualche mese fa. Per questo motivo le forze ucraine devono cercare di eliminare le postazioni russe che, stando decine di chilometri nelle retrovie, consentono di sparare missili e di intercettare quelli in arrivo, oppure che svolgono a loro volta il lavoro di guidare (orientare) i lanci verso il territorio ucraino.

In questa ottica ha quindi perfettamente senso il monito di Mosca agli Stati Uniti di non proseguire con le forniture di missili a maggiore gittata né di autorizzare l’uso di quelli occidentali che possano colpire a centinaia di chilometri dal confine, perché giocoforza provocherebbero un’escalation del conflitto. Mosca ha parlato dopo che nella giornata di ieri è stato colpito un sistema di difesa antiaerea nella regione frontaliera di Belgorod, ovvero Kiev avrebbe voluto neutralizzare la “sentinella” dello spazio aereo per rendere più difficile alla Russia il potersi difendere da missili che saranno lanciati nei prossimi giorni.

Secondo il canale Telegram russo Dva Majora, sul quale scrivono esperti di sistemi militari, a colpire le postazioni di missili S300 e S400 (tipicamente le batterie antiaeree russe), sono stati ordigni del tipo Himars costruiti negli Stati Uniti, e questo sarebbe stato confermato dalla raccolta di detriti la cui provenienza è stata riconosciuta senza dubbi. Uno dei radar presi di mira da Kiev, localizzato nella regione di Orenburg, si trova però molto lontano dal confine ucraino ed è invece prossimo ai confini sud-orientali del territorio russo europeo. Ma il motivo di tale atto potrebbe semplicemente essere stato dimostrativo oppure finalizzato a rendere ciechi alcuni settori dello spazio aereo alla frontiera russa per poi farvi transitare altri velivoli o missili.

La Russia da tempo (anche prima del febbraio 2022) ha attivato decine di radar a lungo raggio - conosciuti con la siglia Oth - che mettono segnali molto potenti e su frequenze relativamente basse, alcuni dei quali sono ricevibili anche in Italia, che potrebbero facilmente rientrare tra i prossimi obiettivi di Kiev anche perché sono strutture imponenti e fisse. Quanto alle postazioni degli S300 e S400, esse possono essere anche prive di soldati – se non per la loro protezione – dunque potrebbe anche essere credibile la dichiarazione russa sul fatto che non ci siano state vittime nell’attacco delle scorse 48 ore, anche se il canale Telegram ha mostrato anche fotografie di mezzi militari incendiati mentre un secondo canale social, Astra, ha riportato che a essere colpite sono state anche una caserma e un magazzino di armi nel distretto di Korochanskiy, sempre all’interno della regione di Belgorod. Se la politica di Washington alla vigilia del momento più caldo della campagna elettorale è divisa tra chi vorrebbe maggiore appoggio a Zelensky e chi a Israele, la Difesa Usa esprime invece preoccupazioni per l’effetto di queste autorizzazioni a usare missili con maggiore portata sull’equilibrio della deterrenza strategica con Mosca, che potrebbe percepire tali attacchi come minacce alle proprie “capacità di deterrenza”, con il rischio che venga a mancare del tutto la già incrinata fiducia reciproca tra le due superpotenze in fatto di armi nucleari. Ma certamente il metter alla prova i propri missili a casa del nemico è per il Pentagono un’occasione imperdibile che potrebbe essere sfruttata per analisi e decisioni riguardanti l’evoluzione tecnica degli ordigni e quella logistica degli approvvigionamenti. Tra le domande che la Nato e i Paesi europei devono porsi ce ne sono due oltremodo importanti. La prima: se oltre a saper gestire le conseguenze di un possibile inasprimento della guerra, la produzione occidentale di missili possa davvero tenere testa alle esigenze ucraine di volerli usare in continuità. La seconda: per quanto tempo Mosca potrà ancora disporre di munizioni di questo tipo e se davvero la Cina sta contribuendo alle forniture nonostante la smentita. Nulla, infatti, può escludere che prossimamente il Cremlino possa autorizzare i suoi militari a intercettare i carichi d’armi quando questi sono, per esempio, in acque o in spazio aereo internazionale, su velivoli o navi non ucraine. Sarebbe un disastro, il rischio più concreto di scatenare un nuovo conflitto mondiale dal 1945.

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Sergio Barlocchetti

Milanese, è ingegnere, pilota e giornalista. Da 30 anni nel settore aerospaziale, lo segue anche in veste di analista. Docente di materie tecniche presso la scuola di volo AeC Milano è autore di diversi libri.

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