La Svizzera neutrale con l'Ucraina, ma non con altri
Berna esporta armi ma usa la "neutralità" come scusa secondo i casi. Vende armi a Riad, agli Emirati che le usano in Yemen, ma non a Kiev
Tra gli argomenti fuori-tema del World Economic Forum che si sta svolgendo a Davos, in Svizzera, c’è una questione che riguarda direttamente la Confederazione e la guerra in Ucraina. Nonostante le ripetute richieste, la Svizzera non permette alla Germania di fornire a Kiev le munizioni per difesa aerea di fabbricazione elevetica che la Difesa ucraina considera importantissime, e la conseguenza di tale posizione è la pressione che gli americani stanno facendo affinché Berna cambi idea. Le munizioni di cui si parla servono per alimentare i sistemi antiaerei montati sui corazzati Gepard che Berlino ha già fornito a Zelensky, e che presto fornirà in un numero aggiuntivo di sette unità, mezzi che tuttavia saranno inutili se mancheranno i proiettili da sparare.
Vero è che la decisione svizzera di negare l’esportazione delle sue armi a Paesi terzi senza autorizzazione è stata presa circa trent’anni fa e per questo motivo l’azienda tedesca Rheinmetall sta costruendo un nuovo impianto in grado di produrre i proiettili da 35 mm, ma non potrà iniziare la produzione fino a giugno. Alla base della decisione di negare quanto richiesto da Kiev e Berlino è la volontà svizzera di mantenere il suo impegno per la neutralità militare e la regola è stata applicata anche per bloccare altri trasferimenti di armi all'Ucraina provenienti da Spagna e dalla Danimarca. È noto che la Svizzera usi il suo concetto di neutralità come vincolo opportunistico, del resto la Confederazione è un buon esportatore di armi e saltuariamente ha allentato le limitazioni per sostenere la sua industria militare. Come nel 2016, quando permise alcune forniture all'Arabia Saudita e ad altri paesi del Medio Oriente che combattono le milizie Houthi sostenute dall'Iran nello Yemen. E più recentemente ha permesso a Riad di ricevere munizioni per sistemi di difesa aerea consegnati in precedenza giustificandosi con la dichiarazione che sarebbero state utilizzate per legittima difesa e per proteggere le infrastrutture civili. Ovvero la stessa ragione per la quale servirebbero in Ucraina.
A livello legale interno non sarebbero necessarie modifiche alla legge confederale che regola la vendita d’armi, e il provvedimento di Berna potrebbe essere soltanto di tipo amministrativo. Il rischio è che Berlino, per ritorsione, in futuro annulli le commesse e si rivolga interamente alla nuova fabbrica che sta costruendo Rheinmetall. In tale scenario la domanda ancora più importante è come reagirebbe la Svizzera qualora il conflitto si allargasse e coinvolgesse la Nato, inclusi gli Usa che stanno per fornirle velivoli e sistemi Patriot, con tempistiche simili a quelle promesse all’Ucraina. Ed è evidente che una ritorsione potrebbe essere quella di dare la precedenza a Kiev e agli altri alleati in Europa, ma anche a Taiwan.