Usa, si allargano le crisi sindacali per l'industria aeronautica
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Usa, si allargano le crisi sindacali per l'industria aeronautica

Dopo Boeing scioperi anche in Textron, con diversi costruttori statunitensi che disertano la fiera dei jet d’affari più importante del mondo

C’è aria di crisi per l’aviazione statunitense, dopo gli scioperi alla Boeing, alcuni grandi produttori come Dassault e Gulfstream hanno deciso di non partecipare alla più grande convention statunitense del comparto dell’aviazione d’affari, la Nbaa-bace in programma a fine ottobre Las Vegas. Si tratta della maggiore esposizione e convention dei cosiddetti jet d’affari, un mercato che non ha subito crisi neppure durante il covid, quando la richiesta per voli privati è aumentata proprio per la garanzia di protezione e la flessibilità nei collegamenti che possono offrire. Ora però qualcosa sta cambiando: il margine tra costi e prezzi si è ridotto, la concorrenza tra produttori si è fatta feroce e vengono richiesti tempi di produzione molto elevati. La decisione di questi costruttori di non partecipare è stata sposata anche dal colosso americano Textron Aviation, holding che controlla Bell Helicopter, Cessna, Beechcraft e altri nomi storici dell’aviazione. La motivazione del ritiro improvviso, a meno di un mese dalla fiera annuale, vede Gulfstream voler concentrare le attività di marketing presso il suo centro vendite di Savannah, in Georgia, e lascia essere la canadese Bombardier l’unico grande costruttore di aeromobili d’affari, circondato da diverse aziende di dimensioni più ridotte come Pilatus e Daher. Hanno invece confermato la loro presenza Boeing e Airbus che presentano i loro jet di linea convertiti in aerei d’affari. Textron non ha dichiarato esattamente perché si è ritirata all'improvviso dall’evento, ma circa metà della sua forza lavoro è scesa in sciopero lunedì 23 settembre fermando la produzione. Vero è che i 5.000 lavoratori che hanno incrociato le braccia sono membri dell'International Association of Machinists, gli stessi che hanno rifiutato un accordo provvisorio che avrebbe dato loro un aumento del 26% in quattro anni e un bonus annuale in contanti di 3.000 dollari. La situazione è simile a quella che sta affliggendo la produzione di Boeing, dove il medesimo sindacato sta trattando per ottenere maggiori aumenti di salario e benefit ritenuti ormai necessari per bilanciare l’aumento del costo della vita nelle città sedi di stabilimenti aeronautici. Lunedì la Boeing ha aumentato la sua offerta ai lavoratori in sciopero, nel tentativo di porre fine allo sciopero che ha in gran parte bloccato la produzione per più di una settimana. Intanto Boeing ha formalizzato alle maestranze una nuova proposta che ha descritto come la “migliore e definitiva” offerta al sindacato International Association of Machinists and Aerospace Workers (Iam), che aumenterebbe gli stipendi, ripristinerebbe i bonus annuali e aumenterebbe i benefit pensionistici per i lavoratori. “Questa offerta riconosce il contributo che i nostri dipendenti apportano al successo e al futuro dell'azienda”, ha scritto Mike Fitzsimmons, vicepresidente delle relazioni sindacali della Boeing, in una lettera ai leader sindacali, specificando: “Vi chiediamo di sottoporre questa offerta ai vostri iscritti per un voto il prima possibile per porre fine all'attuale sciopero e consentire ai nostri dipendenti di tornare al lavoro e di riconcentrarsi insieme sul futuro e sulla ripresa dell'azienda.” L'offerta propone un aumento salariale generale del 30 percento in quattro anni, rispetto alla precedente offerta della Boeing del 25 percento. I lavoratori vedrebbero un aumento immediato del 12 percento, seguito da aumenti del 6 percento per ciascuno dei tre anni successivi del contratto. Aumenterebbe il bonus da 3.000 a 6.000 dollari e anche il contributo che i dipendenti accantonano nel fondo pensione. Il sindacato Iam ha tempo fino a venerdì a mezzanotte per ratificare il contratto fermando lo sciopero al quale hanno aderito 33.000 lavoratori della Boeing all'inizio di questo mese. Di certo lo sciopero ha messo ulteriore pressione al gigante aerospaziale statunitense, oggi guidato dal nuovo numero uno Kelly Ortberg, Rispetto a quella dei velivoli commerciali, la produzione degli aeroplani d’affari di Gulfstream, Dassault e Cessna è però molto più artigianale e ridotta nei numeri, ovvero molto più simile a quella dei maxi-yacht, che implica una formazione lunga per sviluppare competenze e abilità, ma considerando che circa il 40 percento dei clienti questo tipo di aeroplani sono governativi, mentre il 35% sono compagnie di leasing aeronautico, il rischio di ritardare le consegne e pagare le penali è altissimo. Lo sciopero dei lavoratori iscritti allo Iam riguarda per la maggioranza assemblatori delle strutture, dunque una fase lavorativa precedente a quella più artigianale del completamento e dell’arredo, e che produce le parti contemporaneamente all’altra per poi farle trovare pronte per l’assemblaggio finale. Il collaudo in volo dei nuovi velivoli avviene prima dell’installazione degli interni; dunque, un ritardo nell’assemblaggio delle strutture si riflette enormemente sui tempi di consegna degli aeroplani. Sul fronte politico ad aiutare le aziende aeronautiche sono sempre stati i Repubblicani; e oggi nel settore c’è aspettativa per un cambio di amministrazione alla Casa Bianca, e quindi di passo, in una delle industrie simbolo degli Usa.

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Sergio Barlocchetti

Milanese, è ingegnere, pilota e giornalista. Da 30 anni nel settore aerospaziale, lo segue anche in veste di analista. Docente di materie tecniche presso la scuola di volo AeC Milano è autore di diversi libri.

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