«Più libertà per l’intelligenza artificiale europea»
Le aziende e i ricercatori europei chiedono all'UE un "cambiamento di rotta" nelle normative sull'intelligenza artificiale, temendo di restare esclusi dai benefici economici globali
Dopo Mark Zuckerberg, capo di Meta, che il mese scorso aveva finanziato la pubblicazione di una lettera su The Economist contro le politiche restrittive dell’Unione europea a proposito di intelligenza artificiale, ora a scrivere agli eurocrati sono una cinquantina le aziende e ricercatori che hanno chiesto alle istituzioni europee un deciso “cambiamento di rotta” per non restare esclusi dai grandi benefici di una tecnologia aperta in grado di “accelerare la crescita economica e la ricerca.” Il timore è che le norme in gestazione, che entreranno in vigore nei prossimi 24 mesi, impediscano alle aziende e alle startup dei Paesi Ue di usare una tecnologia che sulla carta potrebbe valere fino al 10% del Pil globale entro il 2035. La firma è di nomi come Essilor Luxottica, Prada, Pirelli, Exor Group, Meta, Spotify, che in una lettera aperta esortano la politica di Bruxelles a prendere decisioni “rapide, armonizzate, coerenti e chiare” che permettano l'uso dei dati europei per l'addestramento dell'IA a beneficio dei cittadini che, altrimenti saranno “privati dei progressi di cui godono invece Usa, Cina e India.” Nella comunicazione, riportata dall’agenzia Ansa, si legge: “Siamo un gruppo di aziende, ricercatori e istituzioni parte integrante dell'Europa e lavoriamo per fornire servizi a centinaia di milioni di europei. Vogliamo vedere l'Europa prosperare e avere successo anche nel campo della ricerca e delle tecnologie relative all'intelligenza artificiale. Tuttavia, è diventata meno competitiva e meno innovativa rispetto ad altre regioni del mondo e ora rischia di restare ulteriormente indietro a causa di decisioni normative poco coerenti". La missiva è stata firmata anche da Engineering, Ericsson, Nicolò Cesa-Bianchi (Università degli Studi di Milano), Eugenio Valdano, Sorbonne/Inserm e altri ancora, attori che fanno riferimento ai modelli che operano con testi, immagini e file audio, e che consentiranno il prossimo salto in avanti dell'IA. La preoccupazione riguarda le decisioni prese finora, giudicate frammentarie e imprevedibili in quanto avrebbero creato incertezza sul tipo di dati che possono essere usati per addestrare i vari modelli di intelligenza artificiale, rallentando lo sviluppo di applicazioni europee e quindi spalancando il mercato a prodotti extracomunitari. L’invito è a riaffermare il principio di armonizzazione sancito nei quadri normativi come il Gdpr e offrire “un'interpretazione moderna delle sue disposizioni che ne rispetti comunque i valori fondamentali, permettendo così che l'innovazione nell'IA si sviluppi qui con la stessa portata e velocità che in altre regioni del mondo”. L’alternativa, sempre secondo i firmatari, è “continuare a respingere il progresso, contraddire le ambizioni del mercato unico e restare a guardare mentre il resto del mondo sviluppa tecnologie a cui i cittadini europei non avranno accesso”. La disputa si gioca sull’evoluzione dei software che permettono di elaborare immagini, video e audio mediante modelli linguistici innovativi che però la Ue non permette di usare, ed è per questo motivo che nell’aprile scorso Meta decise di non offrire il nuovo modello di IA ai clienti europei. Ciò che rende complessa la soluzione della vicenda da parte del legislatore è anche la divisione in essere nei singoli Paesi riguardo le decisioni da prendere: gli irlandesi, che sul loro territorio hanno le sedi europee di Apple, Meta e Google, hanno agito mediante la Commissione per la protezione dei dati e nel luglio scorso avevano chiesto a Meta di attendere impedendo l’uso di contenuti pubblici per l’addestramento dei modelli di linguaggio di grandi dimensioni. La normativa europea è molto ampia: a oggi per contrastare il potere dei giganti del web ci sono leggi come il data Act, il Data governance act (Dga), il Digital market act (Dma) e il Digital Services act (Dsa), oltre che al recente Digital operational resilience act (Dora) e il Nis2, la direttiva europea per la sicurezza informatica che dovrà essere recepita dai singoli Stati membri entro il 17 ottobre 2024. E ce ne sono anche altre dedicate a singoli settori. Come già avviene in altri settori, come quello dei droni ma non soltanto, tutte queste regole comportano costi troppo alti e impediscono ai piccoli attori di competere contro Cina e Stati Uniti, impedendo anche di rispettare altre leggi come quella del rispetto per la concorrenza. L’idea della neo rinnovata Commissione europea sarebbe ora quella di favorire gli investimenti mediante i programmi Horizon Europe e i Digital Europe, questo volto all’IA generativa, rendendo disponibili circa 4 miliardi di euro fino al 2027.