L’arma segreta dell’Inter
Grazie alla collaborazione con Lenovo, la squadra nerazzurra ha a disposizione dati accurati su ciascuno dei giocatori e può migliorare l'organizzazione degli allenamenti
Se l'Inter sta conquistando risultati di primo livello sul campo, parte del merito va riconosciuto anche a Lenovo. Le due società si sono accordate per rendere più tecnologici gli allenamenti, per analizzare nel dettaglio la velocità dei singoli giocatori, calcolare la distanza percorsa da ciascuno di loro con il pallone tra i piedi e non, misurare le prestazioni sulla base del carico di lavoro assegnato a ciascuno. Insomma, per dare allo staff tecnico un lungo elenco di riferimenti e parametri utili a decidere strategie personalizzate per i membri della rosa. Per fornire ai calciatori suggerimenti tattici sulla base del loro comportamento durante le partite. Una sorta di radiografia hi-tech, ecco, decisamente più affidabile degli appunti presi a penna, di fretta, su un taccuino.
«Non volevamo una partnership basata solo su logiche di marketing, ci piaceva l'idea di mettere una squadra di calcio in condizioni di svolgere meglio il suo lavoro. L'obiettivo era dimostrare che l'innovazione può essere un veicolo per rendere più funzionale l'organizzazione di un club, sia a livello interno, gestionale, che nel rapporto con i tifosi» spiega a Panorama.it Luca Rossi, presidente della divisione Intelligence Devices Group di Lenovo (nella foto in apertura assieme ad Alessandro Antonello, ad dell'Inter). Avviata nel 2019, la collaborazione si rafforza e diventa ancora più visibile per la stagione imminente: il logo di Lenovo sarà presente sul retro della maglia neroazzurra.
Rossi, il binomio tra tecnologia e sport è ormai inevitabile?
È una questione di praticità. Si tratta di affidare all'intelligenza artificiale, e a quella umana, il compito di interpretare flussi di dati sempre più generosi. Dall'Inter ci dicono di essere molto contenti, di avere fatto passi in avanti importanti da quando abbiamo iniziato a lavorare insieme. Era tempo che succedesse per il calcio quello che sta già accadendo altrove, in altre discipline.
Per esempio?
La Formula 1, dove il peso dell'innovazione è imprescindibile. Oppure nel motociclismo, penso a Ducati, altra realtà di primo piano con cui stiamo lavorando. Il parere è unanime, una volta provati i benefici di queste soluzioni, non si può tornare indietro. E, lo sottolineo ancora, nel calcio il trend è irreversibile: stanno iniziando i grandi club che hanno capacità d'investimento superiori, quelli medi e piccoli dovranno adeguarsi.
In questo modo però non si rischia di marginalizzare il gesto atletico, di renderlo un riflesso di un aggiustamento matematico?
Penso avvenga l'opposto. L'elemento umano, con la sua dose di fallibilità, con tutti gli elementi che lo determinano, anche emotivi, rimane al centro. Non stiamo certo impiantando un piede robotico al calciatore, gli mettiamo a disposizione alcuni strumenti per conoscersi meglio e dare il massimo. Il resto dipende da lui.
La nuova maglia dell'Inter con il logo di Lenovo sul retro
La pandemia ha accelerato l'adozione della tecnologia anche in fasce d'età e categorie di consumatori che esprimevano diffidenza di fronte al suo potenziale. A che punto siamo, soprattutto sul fronte dei pc, settore in cui Lenovo è leader di mercato?
Siamo alla consapevolezza che il computer non può essere sostituito da uno smartphone o da un tablet, che per essere produttivi o godersi un'esperienza d'intrattenimento completa servono uno schermo più grande, un mouse, una tastiera. Se fino a un anno abbondante fa l'adagio era «un computer per ogni famiglia», o «un computer per ogni casa»», oggi siamo decisamente a «un computer per ogni persona»». E gli impatti sulle vendite si vedono, i numeri sono molto alti, lo sarebbero di più se non ci fossero problemi di disponibilità dei componenti.
Che tipo di evoluzioni immagina per il settore? L'era della sharing economy, dell'uso che vince sul possesso, potrà applicarsi pure a questa categoria di prodotti?
In realtà non serve parlare al futuro, il meccanismo esiste già, è stretto in una formula che lo racconta: si chiama «Device as a service». Ben diverso da prendere un pc a rate: anziché comprarlo, si paga un canone fisso a un produttore che si occupa di tutto. Di fornire il dispositivo, aggiornarlo, proteggerlo da attacchi esterni, smaltirlo a fine vita e fornire il modello successivo. Abbiamo in piedi questa formula con alcune multinazionali, prevediamo di estenderla alle grandi imprese, seguiranno le medie e le piccole.
E per il grande pubblico?
È questione di tempo. Non di se, ma di quando.