Spotify streaming
(Ansa)
Tecnologia

Musica in streaming, un’onda che continua a crescere

L’incremento degli utenti spinge in alto i ricavi e migliora un mercato in cui però dominano pochi grandi player. Con una rivincita per Europa sugli Stati Uniti

La musica è lo streaming, e lo streaming è la musica. Piaccia o meno, la rivoluzione digitale ha travolto il vecchio sistema e trasformato radicalmente il settore. Che vive di stream e di artisti che hanno successo sulle varie piattaforme di streaming audio. Un comparto che continua a crescere sotto tutti i punti di vista: secondo i dati del primo semestre 2024 stilati da Deloitte per FIMI, il mercato musicale italiano è cresciuto del 15,1%, registrando un fatturato di oltre 200 milioni di euro.

A trainare il settore c’è lo streaming premium, cioè gli abbonamenti a pagamento che permettono di ascoltare i brani preferiti senza limiti e senza pubblicità; rispetto allo stesso periodo del 2023, i ricavi del segmento sono aumentati del 23%, innalzando la quota dell’ascolto via streaming all’81%, con un miglioramento pari al 18,1%. Un incremento che ha riguardato tutte le voci, incluso il volume di ascolto, che da gennaio a fine giugno ha fatto segnare +31,7%, con più di 46 miliardi di brani ascoltati sulle diverse piattaforme. A testimoniare la buona salute del comparto sono i numeri in rialzo anche per il comparto fisico (+5,7%), arrivato a guadagnare una quota di mercato del 15% grazie alla riscoperta del vinile, che da solo ha registrato un picco del 16% in confronto all’anno precedente. Per capire come e quanto lo streaming audio influenza la giornata tipo degli appassionati, è utile il report ‘Io sono Cultura 2024’ di Fondazione Symbola, che evidenzia come in Italia la media di ascolto di musica su base settimanale degli utenti sia pari a 21,9 ore. Un dato in aumento rispetto alle 20,5 ore di ascolto indicate da FIMI per il 2022.


FIMI


Allargando il raggio d’analisi, il Global Music Report firmato dall’International Federation of the Phonographic Industry (IFPI) certifica che i ricavi su scala globale generati dallo streaming nel 2023 - sommando abbonamenti e pubblicità - sono aumentati di oltre il 10% per un valore complessivo di 19,3 miliardi di dollari. Cifre di un segmento che rappresenta più del 67% del mercato totale. In mezzo a tanti numeri, però, va considerato che a differenza dei dischi venduti fino agli anni Duemila, lo streaming musicale non fa ricchi gli artisti, che devono cavalcare i concerti (non a caso c’è stata un’esplosione di live negli ultimi anni, non solo per la pausa forzata durante la pandemia Covid-19) le partnership e il merchandising, in quanto solo il 3% genera incassi superiore ai 50mila dollari.

Guardando ai numeri, i servizi per l’ascolto di musica in streaming sono tanti, spostando il focus sul mercato, invece, sono pochi player a dividersi la porzione più grande della torta. Basta considerare che negli Stati Uniti, che è il mercato più redditizio per lo streaming audio, tre piattaforme detengono più del 90% della quota di mercato della modalità premium. In vetta c’è Spotify, con una quota del 36%, segue Apple Music con il 30,7% del pubblico pagante e poi Amazon Music con il 23,8% degli utenti abbonati. Giù dal podio, con poco più di 9 milioni di sottoscrizioni e una quota del 6,8% c’è YouTube Music, mentre secondo Digital Music News il restante 2,7% se lo dividono Tidal, Pandora e SoundCloud.

Se le piattaforme di Apple e Amazon sfruttano da una parte la popolarità dei dispositivi e dell’ecosistema della Mela, e dall’altro lato l’abbonamento a Prime che include un lungo elenco di servizi, Spotify si muove su un terreno completamente diverso. Oltre a una rivincita dell’Europa sul dominio a stelle e strisce in tutti i mercati tech, la compagnia fondata nel 2006 a Stoccolma da Daniel Ek e Martin Lorentzon si dedica solo di streaming audio e primeggia pressoché ovunque, grazie alla duplice proposta tra versione gratuita (con pubblicità) e a pagamento. Secondo i risultati del terzo trimestre 2024 pubblicati dalla stessa società svedese, Spotify conta su 640 milioni di utenti attivi, di cui 252 milioni paganti (in Italia il piano individuale costa 10,99 euro al mese, quello per studenti 5,99 euro/mese, il Duo con 2 account 14,99 euro e l’abbonamento Family che include un massimo di 6 membri costa 17,99 euro ogni mese). A crescere sono anche i ricavi, pari a 4 miliardi di euro e in aumento del 19% rispetto all’anno scorso, con un reddito operativo che ha registrato il nuovo picco trimestrale di 454 milioni di euro. Cifre raggiunte anche grazie agli aumenti delle tariffe che, come per tutti i servizi streaming audio e video che guidano il mercato, continueranno a verificarsi perché 1 o 2 euro in più per ogni singola sottoscrizione è una sicurezza per migliorare i precedenti risultati finanziari e accontentare gli azionisti.

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Alessio Caprodossi