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Google serie Pixel 9.
Tecnologia

Google Pixel 9 e gli altri nuovi oggetti smart

Anelli «sapientoni» già adorati dalle celebrità, orologi a prova delle avventure più estreme, gli smartphone flessibili e quelli ingegnosi, che possono diventare assistenti personali con lo zampino dell’Intelligenza artificiale.

Jennifer Aniston, che l’ha indossato a lungo, dice di adorarlo nonostante un tragicomico imprevisto: una volta le è caduto nella ciotola dell’insalata che stava per servire ai suoi ospiti. Kim Kardashian, avanguardista in tema di accessori bizzarri, non se ne separa nemmeno di notte, mentre i giocatori dell’Inghilterra l’avevano con sé agli ultimi Europei di calcio. E a proposito di celebrità britanniche, anche il Principe Harry pare essere un suo grande fan.

È l’anello hi-tech, con le vene di fili e il cuore di chip, che ha già fatto proseliti tra molti vip. Porta sul dito, con discrezione e leggerezza, le funzioni tipiche di uno smartwatch: monitoraggio del sonno, della forma fisica, del battito cardiaco, persino del benessere mentale grazie a un portentoso cocktail di algoritmi. Non mostra le notifiche, salvo qualche sparuta vibrazione, però potrebbe essere un sollievo, un detox dall’iperconnessione. Si tratta dell’ultima evoluzione morfologica della tecnologia, che mentre compie salti in avanti sul piano delle funzioni, indietreggia sulle forme: predilige il minimalismo, la rotondità, la flessibilità. Alcuni modelli sono in vendita, su tutti quelli di Amazfit e Oura; altri arriveranno presto, a cominciare dal Galaxy Ring di Samsung, che in Francia o in Germania si trova già a 449 euro. Da noi sarà disponibile prossimamente, pronto a sorvegliare la temperatura corporea e le funzioni vitali, motivandoci a dormire o muoverci di più. Di serie offre un kit per scegliere la misura adatta ed evitare i pasticci capitati ai divi. Vedremo se saprà conquistarci, diventare il nostro «tesssoro», per scivolare sull’obbligatoria citazione del Signore degli anelli. Quel che è certo, impronta dell’hardware a parte, è lo zampino del software: per le sue deduzioni trascendentali, per tradurre i dati captati in conclusioni sensate, si affida all’intelligenza artificiale. Ovvero la pigolante, sapientona protagonista di questo nuovo corso dell’innovazione, in cui la parola d’ordine, la sintesi in un’ampia casistica di prodotti, è la personalizzazione: un interscambio perpetuo tra l’oggetto e l’utente, un rapporto che vuole avvicinarsi a un’empatia, o almeno a un suo simulacro.

Google rimane inarrivabile in tal senso, dosando con furbizia meraviglia e praticità: per esempio, sui nuovi telefoni della serie Pixel 9 c’è la funzione «Aggiungimi» che permette di scattare due versioni della stessa foto, una con noi, una senza. Il cervellone le frulla assieme con esiti credibili - basta posizionarsi nel punto giusto - e lo scatto di gruppo è servito, rendendo superfluo molestare passanti, camerieri e altri avventori nei paraggi quando vogliamo ritrarci assieme ai nostri amici. Per gli ipocondriaci e gli ansiosi, quelli che mai e poi mai vorrebbero affidare il loro smartphone alle mani (sporche) di uno sconosciuto, è una svolta. Più futuristico è Gemini, lo sviluppo dell’assistente vocale a cui fare domande o cambiare quesito, senza paura d’interromperlo. Capirà, sempre o quasi, e si metterà subito all’opera. È una sorta di concierge a propria continua, inesausta, volenterosa disposizione.

L’Ia interviene pure nelle chiacchiere telefoniche, ascoltandole e riassumendole in formato testuale per una futura consultazione, avvisando doverosamente il nostro interlocutore della presenza di un uditore terzo, sebbene elettronico. Così, quando parliamo con l’idraulico o il meccanico, possiamo capire davvero cosa ci ha detto senza fare finta (al massimo, chiederemo a Gemini di spiegarcelo). Né dimenticheremo qualche ingrediente nella lista della spesa scandita alla velocità della luce dal partner frettoloso. Le nuove forme della tecnologia sono dunque un po’ le stesse ma riviste, adeguate ai bisogni contemporanei. Motorola ha preso lo smartphone pieghevole e l’ha reso usabile senza doverlo aprire tutte le volte: il fulcro è un display esterno dalla dimensione degna, che non conduce alla cecità nel tentativo di decifrare notifiche microscopiche. Inoltre, la fotocamera è da top di gamma, così il telefono flessibile la smette di sentirsi il fratello sfigato di quello tradizionale. Anche perché stringe alleanze con l’universo della moda: tra le tonalità del Razr 50 Ultra (qui nel senso di ultra-tascabile) c’è Peach Fuzz, il colore dell’anno secondo gli specialisti di Pantone.

Xgimi, invece, ha reso chic persino il proiettore grazie a una collaborazione con Anthony Vaccarello, direttore creativo del brand très chic Saint Laurent. Intanto lo smartwartch, che sente il fiato sul polso dell’emergente, invadente anello, è diventato la versione dopata del vecchio sé stesso, un Rambo muscolare e imperturbabile nelle condizioni più estreme: ecco il nuovo Watch Ultra di Samsung che sopporta temperature torride pari a 55 gradi, resiste a quota novemila metri, è impermeabile fino a una pressione di 10 atmosfere, non si spegne nemmeno dopo quattro giorni di trekking. Instancabile ed eroico. E il caro vecchio smartphone, quello né flessibile, né particolarmente estroso? Si è fatto scaltro ed energico: il marchio Realme ha presentato una tecnologia di ricarica che porta la batteria da zero al 100 per cento in 4 minuti e 30 secondi, quasi azzerando le attese. Giusto il tempo di un caffè, sperando che l’anello delle meraviglie, un giorno o l’altro, non ci finisca dentro.

Amazfit, Hello Ring.

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Guido Castellano

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Marco Morello

Mi occupo di tecnologia, nuovi media, viaggi, società e tendenze con qualche incursione negli spettacoli, nello sport e nell'attualità per Panorama e Panorama.it. In passato ho collaborato con il Corriere della Sera, il Giornale, Affari&Finanza di Repubblica, Il Sole 24 Ore, Corriere dello Sport, Economy, Icon, Flair, First e Lettera43. Ho pubblicato due libri: Io ti fotto e Contro i notai.

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