La guerra persa (in partenza) e sbagliata all'AI
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Tecnologia

La guerra persa (in partenza) e sbagliata all'AI

In nome della privacy sfidiamo le big della tecnologia ma da sola l'Italia è sicura perdente

Stato contro capitalismo, diritto contro tecnologia, economia contro protezione.

Un vero e proprio braccio di ferro, tra Garante della privacy e il software di intelligenza artificiale che rischia di penalizzare le imprese italiane, perché molti dei nuovi programmi diventeranno fondamentali per l’industria in pochi anni.

Il Garante per la protezione dei dati personali ha disposto, con effetto immediato, la limitazione provvisoria del trattamento dei dati degli utenti italiani nei confronti di OpenAI, la società statunitense che ha sviluppato e gestisce la piattaforma. L’Autorità ha contestualmente aperto un’istruttoria. OpenAI ha risposto con un pugno, sospendendo il servizio in Italia senza una data di ripristino.

Nel merito il Garante ha fatto bene ad alzare la voce ma nel metodo c’erano strade più efficaci tipo mettersi d’accordo prima con gli altri garanti europei e scegliere una strada condivisa. la scelta da parte di OpenAI di bloccare fin da subito l’accesso alla piattaforma “punta a fare pressione sul nostro Paese. Potevano aspettare 20 giorni invece hanno salutato l’Italia dopo poche ore”.

E il pressing è soprattutto sull’Autorità italiana. Il garante italiano ora è sottoposto a una pressione fortissima. Le piattaforme in questo momento giocano sulle solite divisioni europee. Invece dovrebbero mettersi d’accordo. L’Europa, a confronto con gli altri blocchi mondiali, è un puzzle che però se messo insieme ha un potere contrattuale più rilevante.

Invece il rischio di queste iniziative isolate è che OpenAI blocchi anche l’Application programming interface (API) creando uno svantaggio competitivo per le aziende che lavorano sulle applicazioni legate a questo tipo di intelligenza artificiale. Insomma la tecnologia legata alla ChatGPT, utilizzata in Italia da milioni di persone, non riguarda solamente studenti che la utilizzano per i compiti in classe ma è legata ad un intero settore attivo ad esempio sulla stesura dei codici o aziende editoriali che lavorano sulla parte testuale.

Insomma, va bene investigare e richiedere informazioni alle aziende ma bisognerebbe anche sforzarsi di comprendere gli impatti nel lungo periodo che queste tecnologie determinano. Il garante, invece di irrigidirsi in punta di diritto, dovrebbe prima chiedersi se ci sono i margini per una iniziativa europea coordinata e poi se valga di più una privacy, mai del tutto assoluta nel mondo digitale, oppure l’innovazione tecnologica.

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Lorenzo Castellani