Continua la sfida cinese sull’IA: Alibaba lancia Qwen 2.5 Max
(Ansa)
Tecnologia

Continua la sfida cinese sull’IA: Alibaba lancia Qwen 2.5 Max

Arriva il nuovo modello del colosso cinese, con prestazioni superiori al conterraneo DeepSeek e a ChatGpt, sull’IA il dragone fa sul serio

Altro giorno, altro modello di IA. Un’esagerazione, certo, ma la sensazione di sopraffazione che questo dilagare di modelli linguistici, chatbot e applicazioni basate su intelligenza artificiale genera in molti di noi comincia a farsi sentire.

Ieri è stato il turno di Alibaba, colosso cinese dell’e-commerce, dei pagamenti elettronici e ora anche dell’intelligenza artificiale. A poco più di una settimana dal lancio di DeepSeek V3, che ha catturato i riflettori dei media occidentali per il rivoluzionario metodo di addestramento a basso costo (finanziario ed energetico), ecco immediata la risposta di uno dei giganti cinesi dell’IA.

Qwen 2.5 Max, l’ultimo di una serie di omonimi modelli linguistici avanzati di Alibaba, ha superato nei test di riferimento sia DeepSeek V3 che ChatGpt, posizionandosi quindi fra l’élite dei modelli d’intelligenza artificiale. A differenza dei rivali, però, al momento non è disponibile un’applicazione scaricabile, ma è possibile accedere da internet a Qwen Chat, tramite il quale l’utente potrà interfacciarsi con il modello in una maniera molto simile a quella di ChatGpt (e DeepSeek), con possibilità di generare immagini, caricare file da far analizzare, effettuare una ricerca web, e, in futuro, far generare video.

Ma quello che più colpisce, aldilà del nuovo modello di Alibaba, sono le capacità che la Cina sta dimostrando nello sviluppare modelli endogeni sotto regime sanzionatorio. Non va dimenticato infatti che è ormai da quasi 10 anni che gli Stati Uniti hanno imposto sanzioni economiche volte ad impedire l’esportazione di tecnologia all’avanguardia nella Repubblica Popolare cinese, fra cui gli indispensabili microchip senza i quali l’IA semplicemente non potrebbe esistere.

Queste sanzioni hanno generato una doppia risposta da parte della Cina. La prima, un’iniziativa governativa, prende il nome di China Integrated Circuit Industry InvestmentFund, più comunemente detto Big Fund. Esso è un fondo di investimento pubblico-privato che mira a rafforzare l'ecosistema dei semiconduttori cinesi attraverso investimenti diretti in aziende locali, ricerca e sviluppo, e infrastrutture industriali. È parte integrante della strategia cinese per raggiungere una maggiore autosufficienza nel settore chiave dei semiconduttori (quello sanzionato dagli Usa).

Il Big Fund ha visto dall’anno del suo lancio (nel 2014) 3 fasi di finanziamento, per un investimento totale stimato in poco meno di 100 miliardi di dollari, con l’obiettivo di raggiungere l’indipendenza tecnologica nel cruciale settore dei semiconduttori. Naturalmente voler raggiungere un obiettivo è un conto, riuscirci, tutta un’altra storia. La produzione di chip ad alta performance richiede tecnologie complesse e costose; le aziende cinesi come SMIC non hanno ancora raggiunto la parità con giganti come TSMC (Taiwan Semiconductor Manufacturing Company) o l’americana Intel, senza dimenticare che aziende occidentali, come l’olandese ASML, detengono il monopolio nella produzione di macchinari di precisione senza i quali non è possibile fabbricare semiconduttori all’avanguardia.

La seconda reazione cinese alle sanzioni è esemplificata dal fenomeno DeepSeek: se non puoi produrre utilizzando l’hardware più all’avanguardia disponibile sul mercato, ottimizza altri processi di produzione abbattendo i costi, infine, rendi il tuo modello “aperto” (open source) e gratuito.

Gli Stati Uniti restano in vantaggio nella cruciale sfida legata all’IA. Hanno più capitali, maggiore capacità di produrre hardware e il controllo sulla filiera dei semiconduttori più avanzati. Tuttavia, il campanello d’allarme suonato in sequenza da DeepSeek e Qwen va ascoltato: le sanzioni non hanno fermato lo sviluppo tecnologico cinese, al contrario hanno fornito la necessaria motivazione per innovare e portato la Cina su un piano di sostanziale parità per quanto concerne l’intelligenza artificiale. L’America non può sedersi sugli allori.

E l’Europa? Non pervenuta, probabilmente impegnata a decidere qualche nuova regolamentazione con cui assillare gli europei.

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Simone Mesisca