Smart City, un sogno che l'Italia fatica a realizzare
ll desiderio di città all'avanguardia degli italiani, soprattutto giovani, si scontra con la realtà di comuni in ritardo sulle competenze digitali. Ma non tutto è perduto
Vorrei ma non posso, quindi aspetto. Questa è in sintesi la fotografia del rapporto tra italiani e Smart City, concetto famigliare a buona parte dei connazionali, anche se per larga parte nella fascia under 45. Peccato che la teoria fatichi a sposare la pratica, perché i buoni propositi non incontrano l'effettiva disponibilità di progetti basati su tecnologie digitali e Internet of Things applicate al territorio urbano. A farci sperare, però, è il domani sinonimo dei soldi in arrivo grazie al PNRR e alla crescita di attenzione e iniziative legate all’efficienza energetica, alla valorizzazione dei dati e alla partecipazione attiva dei cittadini, nell'ottica di innalzare gli standard di sostenibilità, vivibilità e dinamismo economico delle città del futuro.
L'occasione di analizzare lo stato dei centri dello Stivale nasce dall'attrattiva che rappresentano le Smart City, anche se finora la mente degli italiani corre a metropoli lontane quando si parla di città intelligenti. Eppure l'intenzione di trasferirsi in un centro organizzato, in cui la vita scorre più facilmente, è condivisa da una larga fetta di connazionali, consapevoli che le opzioni concrete sono al momento troppo poche. Solo Milano, Bologna e Padova, infatti, sono percepite come città sufficientemente smart dagli oltre duemila partecipanti (fascia età 18-64 anni) allo studio commissionato da Intel alla società di ricerca Pepe Research. Rimandate Firenze, Torino e Bari, bocciate senza appello Catania, Napoli, Genova e Roma, che chiude la graduatoria con un disastroso punteggio (4,3 su 10). E a esemplificare il desiderio di essere altrove è il rapporto tra chi vorrebbe lasciare la propria città (37%) rispetto a chi intente trasferirvisi (27%). Economia locale, servizi e mobilità sono i tre fattori più proiettati verso una città a misura d'uomo contemporaneo, ambiente e cittadinanza attiva sono invece i segmenti su cui c'è ancora tanto da fare.
Ma non tutto è perduto, perché qualcosa si muove. "La trasformazione delle nostre città è in corso, anche se poco pubblicizzata. Per andare sul concreto, quest'anno abbiamo identificato ben 640 progettualità Smart City da parte di comuni italiani di ogni dimensione, con un aumento dal 25% al 50% delle applicazioni pratiche sul campo rispetto allo scorso anno, quando i progetti erano per lo più in fase di test o di sviluppo", spiega a PanoramaMatteo Risi, ricercatore Smart City degli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano. Buona parte di ciò che potrà essere e delle migliorie necessarie per recuperare terreno passano dal saper cogliere le opportunità a portata di mano. "L'arrivo dei fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza toccherà anche ambiti legati alla digitalizzazione e alla sostenibilità degli enti pubblici locali e la maggioranza dei comuni (69%) si dichiara già intenzionata ad utilizzarli. Per farlo nel modo giusto devono farsi trovare pronti e lavorare sulle proprie competenze digitali, che resta lo scoglio più duro per la realizzazione dei progetti per quasi la metà dei comuni italiani".
Per quanto il traguardo sia un obiettivo da raggiungere come sistema paese, sono ovviamente i giovani a spingere l'accelerazione verso la trasformazione digitale. "Loro sono intrisi nella digitalizzazione. Non possono concepire di entrare fisicamente in un ufficio dell'anagrafe per ottenere un certificato, oppure recarsi in banca per inviare un bonifico - continua Risi - Tutto dovrebbe poter essere gestito in autonomia dal loro smartphone: muoversi in città con mezzi in sharing, accedere al trasporto pubblico pagando direttamente al tornello, pagare i parcheggi sono esempi pratici di come bisognerebbe vivere in una città smart". A lungo un miraggio, i progressi aiutano ad accorciare il gap verso i modelli da seguire, che in certi casi sono così lontani a noi. "Metropoli come Singapore e New York sono riferimenti assoluti, guardando in Europa Helsinki, Oslo e Copenaghen sono esempi virtuosi, anche se stando all'ultima classifica dell’Institute for Management Development e della Singapore University for Technology and Design, la Svizzera spicca come una eccellenza, con tre città tra le prime dieci: Zurigo, Losanna e Ginevra.
Matteo RisiOsservatori Politecnico Milano
Tornando all'Italia, un tema di stretta attualità su cui continuano a esserci incertezze è lo smart working, con l'imponente crescita del lavoro agile dovuto alla pandemia che per migliaia di dipendenti resta la modalità prediletta rispetto alle dinamiche d'ufficio. Le due opzioni, ad ogni modo, necessitano di soluzioni efficaci per agevolare la vita dei lavoratori e l'aspetto delle città in cui vivono e si muovono. "Potenziare la viabilità, sia a livello di trasporto pubblico sia a livello di infrastrutture per mezzi più lenti, è una priorità per i centri urbani, che dall'altro lato devono facilitare anche gli smart worker con spazi dedicati al coworking, la diffusione e il potenziamento delle connessioni anche nelle zone meno servite, che possono diventare una base di lavoro solida per chi non ha bisogno di operare in presenza".