Perché anche l’ex presidente di Twitter ha fatto causa a Musk
Da quando ha acquisito la società e licenziato gran parte dei dipendenti e dirigenti, Musk ha ricevuto migliaia di richieste di denaro. Alcune rispedite al mittente, altre milionarie ancora da valutare
Da quando ha acquisito il vecchio Twitter per 44 miliardi di dollari, Elon Musk si è abituato alle citazioni in tribunale. L'ultima in ordine di tempo di un lungo elenco è arrivata nei giorni scorsi da Omid Kordestani, nome poco noto ai più ma importante per la società dietro la piattaforma dell'uccellino. Presidente esecutivo dal 2015 al 2020, Kordestani ha poi fatto parte del Consiglio di Amministrazione della compagnia fino all'arrivo di Musk, che ha fatto piazza pulita, licenziando un gran numero di dipendenti e dirigenti. Necessità di risparmiare per ridurre le perdite di una società che, parola dello stesso Musk, all'epoca perdeva 4 milioni di dollari al giorno.
Nel mercato americano i licenziamenti sono diffusi per via di un'organizzazione del lavoro differente rispetto al nostro modello. Tuttavia, ogni taglio si porta dietro una serie di condizioni, in relazione ai contratti sul tavolo. Quello di Kordestani prevedeva un salario di soli 50.000 dollari all'anno, cifra molto inferiore rispetto a quanto guadagnato in precedenza a Google, perché a ricompensare lo sforzo c'era un bel numero di azioni. Il totale di queste ultime, secondo l'ex presidente di Twitter ammonta a poco oltre i 20 milioni di dollari, da pagare dopo che Musk ha azzerato il consiglio di amministrazione della compagnia. Nella causa presentata presso un tribunale della California, i legali di Kordestani sostengono che “X Corp. ottiene i benefici di sette anni di lavoro senza pagarlo, nonostante il contratto firmato impone di farlo”.
Il modo di fare di Musk e la sua volontà di rompere col passato per avviare la trasformazione di X ha unito gli ex dipendenti, provocando un alto numero di cause contro l'ex compagnia. Una buona parte è finita in un vicolo cieco, senza rimediare nulla. È il caso delle richieste di più di 6mila licenziati, che negli ultimi mesi del 2022 sono stati invitati a lasciare l'azienda. A loro Musk ha garantito una buonuscita, con il pagamento di tre mesi di liquidazione. Dall'altra parte, invece, gli ex dipendenti volevano il doppio e, a fronte del rifiuto, hanno organizzato una class action con una richiesta complessiva di 500 milioni di dollari. Denaro che secondo la sentenza di un giudice distrettuale Musk non deve rendere, poiché i dipendenti erano già stati informati di uno schema di pagamento diverso da quanto previsto dalle norme statali prima di essere licenziati.
Diverso e ancora in essere la diatriba aperta contro Musk da quattro ex alti digerenti di Twitter, guidati da Parag Agrawal, l'ex amministratore delegato prima del passaggio di mano della società. C'è sempre la liquidazione al centro della scena, mai versata da Musk in quanto secondo lui il licenziamento dei quattro per giusta causa è dipeso da colpa grave e dolo. Una versione smentita dagli ex dirigenti, che protestano per i 128 milioni di dollari richiesti e per la strategia adottata da Musk. “Trattiene i soldi che deve agli altri, costringendo a fargli causa perché, anche con una sentenza sfavorevole, può pagare con ritardi e imporre spese che la maggior parte delle persone non può permettersi”.