Le grandi tendenze tecnologiche del 2023
Dalla digitalizzazione ubiqua all’apprendimento collaborativo favorito dall’intelligenza artificiale fino alla sostenibilità in senso ampio. Le parole chiave dell’innovazione che verrà
Come ogni anno, è il momento di ragionare (e scommettere) sull’innovazione che verrà. Se il Ces di Las Vegas, la fiera di riferimento della tecnologia in programma dal 5 all’8 gennaio, svelerà tonnellate di prodotti, gli analisti si concentrano sulle tendenze più astratte, le cui ricadute saranno però molto pratiche e concrete sulla nostra vita quotidiana.
Tra i «Tech Trends» di Deloitte c’è l’internet immersivo, che è un modo più raffinato per battezzare il metaverso e le sue possibilità sempre meno vaghe; la necessità, o meglio l’inevitabilità di confrontarsi con l’intelligenza artificiale sul lavoro; la fiducia nei processi decentralizzati sdoganati dalla blockchain, lo stesso meccanismo su cui poggia il funzionamento delle criptovalute, che invece hanno perso l’entusiasmo (e la redditività) di un tempo.
Anche Gartner include il metaverso nella sua visione, preconizza un allargamento del ruolo delle «super app», applicazioni che inglobano al loro interno più servizi, racconta – forse facendo leva sulla nostra sensibilità acuita dalla pandemia – della creazione di un sistema immunitario digitale, ovvero del bisogno di combinare più software per proteggersi dai pericoli dell’intangibile.
L’edizione americana del magazine economico Forbes, che sul tema ha costruito una lunga letteratura, aggiunge nel calderone alcuni scenari affascinanti: dalla maggiore umanità dei robot, che cercheranno il più possibile di assomigliare a noi, non solo nelle forme ma anche negli atteggiamenti, fino alla «editable nature», la natura sempre più modificabile, malleabile, grazie ai prodigi della nanotecnologia.
Insomma, c’è di tutto, tra contorsioni dell’immaginazione e più ragionevoli sviluppi di traiettorie già in corso. Per approfondire e centrare meglio il tema, Panorama.it ha chiesto l’aiuto di Nicola Procaccio, Italy country lead di Intel, azienda tra i nomi di riferimento mondiali nella progettazione e nella produzione di semiconduttori. Ovvero i chip, i cuori che fanno funzionare tutte quelle tecnologie che abbiamo utilizzato finora e continueremo a usare nel corso del 2023.
«Sarà un anno di nuove sfide che cambieranno il mondo e abiliteranno esperienze digitali inedite» premette Procaccio, per introdurre un punto focale: «Un aumento di densità dei dispositivi tecnologici». Saranno sempre di più, non tanto e non solo in termini di quantità, ma di pervasività. Da essi deriveranno abitudini e scelte strategiche precise, che collimano con sei macro-tendenze della tecnologia aggiuntive a quelle raccontate fin qui, da leggere sotto la lente di una doppia prospettiva: come opportunità da cogliere e sfide da affrontare.
Nicola Procaccio, Italy country lead di Intel Intel
Informatica ubiqua
A pensarci bene, è il contrario (e, forse, l’antidoto) del tanto chiacchierato metaverso. E sembra una buona notizia, o almeno una ventata di concretezza. Oltre a immaginare un grande ripiegamento nel digitale, la tecnologia sarà ancora più presente nella vita quotidiana: nell’industria, nell’istruzione, nella smart city, negli oggetti di uso comune, dallo smartphone al personal computer. «Riteniamo che le capacità computazionali saranno applicate a ogni aspetto della nostra esistenza». È un trend già in corso, durante il 2023 diventerà ancora più evidente.
Connettività aumentata
È una diretta conseguenza della prima tendenza. Per funzionare, la tecnologia ha bisogno di collegarsi a internet o di mettere in piedi una comunicazione tra gli oggetti e i sensori. «A farla da padroni saranno ora il 5G e più avanti il 6G». Dunque, una sempre maggiore rapidità nello scambio dei dati e una minore latenza. Può sembrare ovvio, ma è assolutamente cruciale per le tanti direttrici di uno sviluppo pieno e robusto in chiave hi-tech.
Dalla nuvola alla terra
«Un recente studio da parte dei nostri analisti ci dice che, entro il 2025, il 75 per cento dei dati saranno elaborati fuori dai data center». Anziché mandare le informazioni nel cloud, verranno gestite «in punti vicini a dove i dati dove saranno generati». Per dirla con una formula: «From the cloud to the ground», dalla nuvola alla terra. Qualche esempio? «Videocamere intelligenti che elaborano localmente le immagini, automobili che trattano a bordo tutto ciò che serve per la guida assistita e, in prospettiva, quella autonoma». Il beneficio è duplice: da una parte ci si aggancia alla tendenza precedente, riducendo la latenza, i tempi di attesa, favorendo un’immediatezza nell’elaborazione dei carichi di lavoro; dall’altra, si protegge la sensibilità dei dati, che non finiscono chissà dove. E con le minacce informatiche sempre più pressanti, non è cosa da poco.
Glocalizzazione
«La globalizzazione non è morta, il mondo resterà interconnesso, ma le incertezze e le difficoltà che abbiamo dovuto affrontare negli ultimi anni hanno attivato un processo evolutivo in chiave glocal, che serve a dare maggiore sicurezza. Le aziende che operano su scala internazionale cercheranno fornitori locali nelle varie zone del mondo in cui operano».
A livello pratico, i produttori di tecnologia tenderanno a non dipendere solo dalle capacità produttive di determinate aree del mondo. La carenza di iPhone di Apple per Natale dimostra che certe pratiche hanno ricadute molto reali. In questa scia, Intel ha annunciato una serie di investimenti «con l’obiettivo di raddoppiare il peso europeo nella produzione globale di microprocessori entro il 2030, passando dall’attuale 10 per cento al 20 per cento».
Sostenibilità in senso ampio
Le aziende tecnologiche, anche in linea con gli obiettivi dell’Unione Europea, si sforzeranno di minimizzare sempre più il loro impatto sull’ambiente, cogliendone le ricadute positive: un risparmio energetico, una maggiore autosufficienza, che significa minore dipendenza da grandi eventi globali come la guerra in Ucraina. «E, allo stesso tempo, la capacità di risparmiare più acqua possibile e ridurre l’emissione di gas serra nei processi produttivi».
Sostenibilità è anche «mettere le digital skill al centro dei programmi d’innovazione». Investire sulle competenze delle generazioni che si stanno formando oggi e dovranno lavorare domani. Perché prepararsi ad affrontare il futuro vuol dire predisporre tutti gli strumenti necessari a viverlo al meglio. E le istituzioni, da sole, non hanno la forza per orientare questo cambiamento. Anche il settore privato deve fare la sua parte, comunicando con chiarezza di quali mestieri avrà bisogno.
Apprendimento collaborativo
Del ruolo e del peso dell’intelligenza artificiale è già stato detto molto, non è certo una novità, continuerà a prosperare nel 2023. Da centrare è l’uso inedito ed evoluto che si potrà fare delle sue virtù. Intel, per esempio, l’ha adoperata come fulcro del «federated learning», in uno studio congiunto che ha coinvolto 71 organizzazioni in cinque continenti, i cui risultati hanno dimostrato un miglioramento del 33 per cento nella capacità di rilevare i tumori al cervello.
La differenza l’ha fatta il cosiddetto «confidential computing»: i dati dei pazienti sono rimasti riservati, le macchine li hanno elaborati in autonomia, così ogni Paese ha potuto partecipare alla ricerca senza violare la privacy o le leggi nazionali. «La ricerca medica può avanzare senza spostare fisicamente i dati che utilizza da una nazione all’altra. L’intelligenza artificiale funziona solo se può contare su una grande mole di informazioni, tale approccio è vincente perché abilita la capacità di cooperare tra vari istituti e regioni del mondo che prima procedevano in autonomia. È una traiettoria che va a braccetto con la nostra mission, quella di continuare a innovare per migliorare la nostra vita».