Eleonora Daniele: «L'ultimo sprint in video e poi vedrò la mia Carlotta»
Intervista alla conduttrice di Storie Italiane, in onda fino a martedì 26 maggio (poi passerà il testimone a Marco Liorni), che partorirà nei prossimi giorni. «Ho lavorato in totale sicurezza ma non sono un'eroina: si possono conciliare lavoro e maternità»
L'ultimo sprint in video, poi il parto. Eleonora Daniele ha vissuto in piena gravidanza un pezzo di storia inedita della tv, raccontando come l'Italia ha vissuto l'emergenza Covid, dallo scoppio della pandemia fino alla Fase 2. Maurizio Costanzo ha definito il suo pancione «un simbolo di speranza», mentre la conduttrice ha dimostrato come conciliare maternità e lavoro. A poche settimane dalla nascita della sua prima figlia, Carlotta, la giornalista anticipa a Panorama.it che martedì 27 maggio metterà in pausa Storie Italiane, pronto a tornare a settembre con una formula invariata, per cedere la staffetta a Marco Liorni, in onda con la versione morning di Italia Sì fino a fino giugno.
Ultimi giorni in video, ultimo sprint. Perché ha deciso di terminare prima, Eleonora?
«Finisco due giorni prima della conclusione naturale del programma, che ha sempre chiuso a fine maggio. Mi prendo qualche momento di riposo per godermi gli ultimi giorni di gravidanza e lascio il testimone al mio amico e collega Marco Liorni».
Com'è stato condurre gli ultimi tre mesi di Storie Italiane da donna incinta e in emergenza di Coronavirus?
«Sono state settimane intense, abbiamo dovuto stravolgere il format, fare i conti con l'assenza di pubblico e di ospiti, virando su attualità e una comunicazione più istituzionale. La Rai poi mi ha messo in totale sicurezza, con tutte le misure previste dai protocolli sanitari: mi sono sentita super protetta».
Non ha mai avuto paura?
«No, la gravidanza mi ha dato maggiore sensibilità e una carica per certi versi inaspettata, che mi hanno permesso di affrontare storie forti come quella di Miriam: da due anni questa donna vive in un container di 32 metri quadri con i suoi tre figli, a Fiumicino, ci siamo battuti per lei e finalmente lunedì entrerà in una casa vera».
C'è stato un momento in cui ha pensato di lasciare?
«Perché avrei dovuto? Ho avuto una gravidanza bellissima e poi ho pensato spesso a tutte le donne incinte che hanno continuato a lavorare anche in pieno Covid, tra cui infermiere, dottoresse e operatrici sanitarie in prima linea durante l'emergenza. Sono loro le vere eroine».
Eppure in Italia ci sono centinaia di casi di «mobbing per maternità» segnalati ogni anno.
«A Storie Italiane abbiamo raccontato decine di storie di lavoratrici incinte che subiscono demansionamenti e discriminazioni. Aiutare le donne a difendere i loro diritti di lavoratrici è una parte fondamentale del servizio pubblico e la Rai è una grande azienda che crede e combatte per i diritti del lavoro femminile».
Il momento più complicato di questa stagione?
«Quando è iniziato il lockdown e quasi tutta la redazione ha lavorato in smart working: da un punto di vista produttivo è stato difficilissimo ma abbiamo retto. Dalle mie parti, in Veneto, si dice "muso duro e bareta fracà", testa bassa e lavorare».
Il momento più emozionante?
«Quando ho rivelato in diretta di essere incinta, a inizio gennaio. Nessuno sapeva che lo avrei detto, a parte la redazione: non sapevo come dirlo, volevo fosse una cosa en passant invece mi sono commossa».
E il pubblico come ha reagito?
«Mi hanno scritto centinaia di messaggi. Ho avuto una dimostrazione di affetto enorme, soprattutto da parte delle donne».
Gli ascolti si sono consolidati e Storie Italiane è uno dei programmi leader del day time di Rai 1. Soddisfatta?
«È stata una stagione importante. Già prima della pandemia, tra dicembre e marzo, abbiamo raggiunto numeri alti alternando cronaca, attualità e spettacolo. Il lavoro di squadra è stato premiato».
A proposito d'interviste, c'è un "faccia a faccia" che l'ha colpita?
«Quella con il premio Nobel per la pace, l'avvocatessa iraniana Shirin Ebadì: ho avuto l'onore di incontrarla anche durante la Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne del Telefono Rosa (di cui la Daniele è ambasciatrice, ndr). E ricordo con emozione anche il collegamento con il Patriarca di Venezia, vederlo camminare in una Piazza San Marco deserta mi ha commosso».
Ultima domanda: era più preoccupata lei per sua mamma e le sue sorelle, che vivono vicino a Vo' Euganeo, uno dei primi focolai, o viceversa?
«Senza dubbio io per loro, visto che ho vissuto isolata e protetta. Mamma invece sta a Saonara, non troppo distante da Vo', mentre una delle mie sorelle – la maggiore - lavora in prima linea all'ospedale di Padova. Devo dire che le tecnologie hanno sopperito la distanza e mamma, che nemmeno sapeva usare lo smartphone, ora è una campionessa di videochiamate. Non vedo l'ora di riabbracciarle e finalmente vedere che viso avrà Carlotta».