Il trono di spade
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Game of Thrones, "Trono di Spade": atto finale

Al via su Sky l'ottava ed ultima stagione della serie che sta appassionando il mondo. Panorama vi racconta curiosità, segreti e indiscrezioni

Dopo sette stagioni, 67 episodi, 132 nomination agli Emmy e 330 omicidi, uno più efferato dell’altro, ancora non si conosce chi salirà sul tanto ambito Trono di Spade. Sarà un Lannister come Jaime il cavaliere, la perfida Cersei o il saggio fratello nano Tyrion? Oppure l’egida del comando tornerà nelle mani del casato Stark, capitanato dal tenebroso e tormentato Jon Snow?

I bookmaker (sì, in America si può scommetere anche su questo) puntano sull’outsider Daenerys Targaryen detta «mother of dragons», la madre dei draghi. Manca poco a scoprirlo. La saga ispirata ai libri di George RR Martin è pronta a congedarsi con una stagione breve ma scoppiettante. In Italia gli attesissimi episodi dell’ottava stagione di Game of Thrones (Il Trono di Spade) saranno disponibili su Sky Atlantic e in streaming su Now Tv, in contemporanea con la messa in onda negli Stati Uniti, dalle 3 della notte fra il 14 e il 15 aprile (in versione coi sottotitoli). In italiano la serie inizierà otto giorni dopo, il 22 aprile.

L’atteso finale - potete scommetterci - per qualche ora si prenderà tutte le attenzioni del mondo. E, come ha scritto The Independent, «potrebbe addirittura eclissare qualunque cosa Donald Trump abbia programmato quel giorno». Sei episodi, che secondo indiscrezioni dureranno da 54 minuti a 1 ora e 20 ciascuno. Un tempo da film. Ed è proprio così che li ha descritti a Variety il numero uno della casa produttrice della HBO, Richard Plepler: «David Benioff e D.B. Weiss (i creatori della serie, ndr) hanno girato sei film». Di cosa parleranno?

Ciascuno avrà il compito di portare a conclusione le trame lasciate sospese dalle precedenti stagioni. Nell’ultimo, forse, qualcuno salirà sul trono. Sempre che riesca a trovarlo sotto le macerie, visto che nell’ottava stagione di Game of Thrones la vera, grande protagonista sarà la guerra.

Morti contro vivi

A fronteggiarsi, se avete seguito la settima stagione lo sapete già, saranno gli eserciti di tutti e sette i regni di Westeros e le orde di morti viventi (i «white walkers») del Re della notte.

La bibbia di cinema e serie tv americana Entertainment Weekly, che ha dedicato all’evento uno speciale di 162 pagine, assicura che assisteremo ad alcune delle scene più grandi e complesse della storia della tv. Uno degli episodi, in particolare, è già in predicato di entrare nel Guinness dei primati per la sequenza di combattimento più lunga mai realizzata. Per girarla gli autori hanno compulsato le scene madri di tutti i blockbuster di guerra degli ultimi anni, partendo dall’assedio di 40 minuti de Il Signore degli Anelli - Le due torri. Fotogramma dopo fotogramma hanno cercato di cogliere l’attimo in cui il pubblico avrebbe avvertito il pathos della battaglia.

«Una cosa che ho capito è che meno azione - meno combattimenti - puoi avere in una sequenza, meglio è» ha ammesso un regista. Per scongiurare la noia, la produzione ha preteso che alle scene di guerra prendesse parte il maggior numero di personaggi principali del Trono di Spade mai visti assieme, dal debutto della serie nel 2011. «Ciò che abbiamo chiesto al team di produzione e alla troupe di fare quest’anno davvero non è mai stato fatto in televisione o in un film» ha spiegato il co-produttore esecutivo Bryan Cogman. «Questo scontro finale tra l’esercito dei morti e quello dei vivi è senza precedenti e implacabile, una miscela di generi anche all’interno della stessa battaglia. Ci sono sequenze costruite all’interno di sequenze costruite all’interno di sequenze. È stato estenuante, ma penso che lascerà tutti a bocca aperta».

La guerra per difendere Westeros dalle armate di zombie ha richiesto 11 settimane di riprese senza sosta, di cui 55 giorni di interminabili ciak notturni nel mezzo della campagna irlandese, con temperature gelide, pioggia e raffiche di vento. Agli attori non sono stati risparmiati neppure fango e letame. E non pochi hanno avuto da ridire: Iain Glen, che interpreta Ser Jorah Mormont, l’ha definita «l’esperienza più spiacevole che ho avuto sul set del Trono», mentre Maise Williams (Arya Starck) ha ammesso che c’erano momenti in cui voleva solo fermarsi e piangere. Gli svenimenti sul set erano all’ordine del giorno. È il prezzo che tutto il cast ha dovuto pagare per conquistarsi un posto nella storia della tv.

Ascesa al trono

Nulla di ufficiale si sa su chi ascenderà all’agognato trono. Nei forum di appassionati fioccano le supposizioni: dal poco probabile finale fiabesco, con Jon Snow e Daenaerys a regnare sui sudditi «felici e contenti» a quello politicamente corretto, che vede salire sul Trono a sorpresa il saggio Samwell Tarley, fino all’inquietante trionfo del non vivo Re della notte, che sulla carta pure parte vincente, potendo contare su un esercito sterminato e un drago (rubato a Danaerys). Ma in verità è molto difficile che la serie ci offra una conclusione prevedibile e gradita. Nel corso degli anni, gli autori hanno dimostrato di non volersi inchinare ai desideri del pubblico; non avrebbero ucciso, spesso a tradimento, tanti personaggi amati se avessero voluto farlo.

A dirigere l’episodio conclusivo sono stati gli stessi creatori della serie Benioff e Weiss. «Quando qualcosa è stato con te per così tanto tempo, hai un’idea precisa del modo i n cui ogni momento dovrebbe essere» ha ammesso Weiss a Entertainment Weekly. «Quindi non sarebbe stato giusto chiedere a qualcun altro di farlo. Ma la scelta di accollarsi la regia dell’episodio conclusivo ha sicuramente a che fare con la segretezza: i due showrunner hanno preteso che sul set si accedesse solo in possesso di uno speciale pass e che le scene topiche fossero girate su un set chiuso. Tutto pur di offrire ai milioni di fan della serie un finale col botto.

«Vogliamo che la gente lo ami», dice Weiss. «Per noi conta molto, ma sappiamo che a nche se fosse il miglior finale possibile, un certo numero di persone lo odierà. Non esiste un finale perfetto per tutti». E Benioff: «Una buona storia non lo è davvero, se ha una brutta fine. Quindi sì, ci preoccupiamo». Fino a che punto? È lo stesso Benioff ad ammetterlo, sempre a Entertainment Weekly. Il 19 maggio lui non solo non guarderà la tv. Ma si ubriacherà e se ne starà il più possibile lontano da internet.

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Andrea Soglio