Gianni Boncompagni, i 5 programmi cult
Da Pronto, Raffaella? a Non è la Rai. Così il regista ha impresso il suo stile, tra cazzeggio sublime e sperimentazione
"La televisione impegnata è facilissima da fare. Difficile è fare questa stupida". Camuffare da pop cose sofisticate, ammiccare al pubblico giocando col politicamente scorretto ad alto tasso di ironia. Erano questi gli ingredienti dei programmi firmati da Gianni Boncompagni, avanguardista del piccolo schermo, capace di anticipare le mode con il suo cazzeggio sublime e di sperimentare più per il puro gusto di farlo che non per compiacere la critica. Ecco cinque dei suoi programmi che resteranno nella storia della tivù italiana.
Pronto, Raffaella? - 1983
La premiata ditta Boncompagni-Carrà ha qualcosa di leggendario. "Le ho scritto quasi tutte le canzoni che canta. Sembravano un'imbecillata, invece, stando ai bollettini Siae, mi fanno guadagnare una cifra impensabile", raccontava il regista, che della showgirl è stato anche il fidanzato per molti anni. Un coppia nella vita e nel lavoro, così opposti da risultare perfettamente complementari. Tra i prodotti più riusciti c'è Pronto, Raffaella?, che scardina il mezzogiorno televisivo (prima di allora andava in onda il monoscopio) puntando sulla formula del "salotto tv", dal quale passarono centinaia di ospiti, tra cui persino Madre Teresa di Calcutta: il format fece il botto di ascolti, complice anche il celebre "gioco dei fagioli" (bisognava indovinare quanti ne erano contenuti in un barattolo di vetro), ideato da Giancarlo Magalli, e fu venduto anche all'estero.
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Domenica in - 1987
Non è per niente facile mischiare l'alto e il basso, spingere l'acceleratore sul nazionalpopolare senza sbandare. Per tre stagioni Boncompagni si cimentò con il contentitore più pop della tivù, imprimendo il suo stile e i suoi archetipi: le sigle tormentone, lo studio immenso trasformato in terrazza affacciata su un cielo azzurro, cento ragazze a comporre il pubblico e ad esibirsi come showgirl, intuizioni geniali a basso costo, come il "cruciverbone", che divenne un culto assoluto. In quegli anni rilanciò in veste di conduttrice Edvige Fenech, trasformò Marisa Laurito in icona per le massaie, mixò gli estremi opposti, da Lino Banfi a Roberto D'Agostino, lanciando giovani artiste come le sorelle Boccoli. Andava a istinto e, ben suggerito dall'inseparabile autrice Irene Ghergo, le sue intuizioni si rivelavano spesso riuscitissime.
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Non è la Rai - 1991
Non è facile inventare un programma e trasformarlo in fenomeno generazionale. Su Non è la Rai si è scritto, detto, cantato (Vasco Rossi ci scrisse anche una canzone) e polemizzato per decenni. Venticinque anni dopo ancora le fazioni sono contrapposte: male assoluto in quanto tv ultra pop tendenza spregiudicatezza o sublime cazzeggio a basso costo infarcito di lolite? Piaccia o meno, la creatura di Boncompagni resterà nella storia della televisione italiane e ancora oggi l'iconico show del pomeriggio di Italia 1 è fisso nell'immaginario collettivo. L'universo di Boncompagni spaziava da Ambra Angiolini eterodiretta dal regista via auricolare, ai balletti scanzonati, dalle presunte rivalità tra le ragazze (molte delle quali ancora oggi lavorano, e bene) ai giochi nonsense fino alle canzoni capaci di vendere migliaia di copie. Gli adolescenti restavano incollati davanti alla tivù, il Palatino veniva invaso ogni giorno da centinaia di fan in attesa di assaltare i loro idoli catodici.
Macao - 1997
Nel pieno della Rai 2 targata Carlo Freccero - un'epoca d'oro di creatività e sperimentazione estrema per la tivù pubblica a cavallo tra anni '90 e 2000 - la genialità di Boncompagni trova terreno fertile. Così nasce Macao, un po' programma comico un po' anti varietà. La scenografia - una sorta di arena a più piani dove 150 tra ragazzi e ragazze se ne stavano seduti con le gambe a penzoloni a cantare canzoni dai ritornelli surreali come meglio le patate che l'epatite o figlio di papà per te qualcuno pagherà - costò 150 milioni e resta una delle più belle di sempre. Al centro dello studio Alba Parietti, che lasciò in polemica dopo una stagione, e una fucina di comici e attori (da Lucia Ocone a Paola Cortellesi, Biagio Izzo e Fabio Canino), con tre minuti a testa per far ridere e conquistarsi la scena: in pochi mesi divenne un fenomeno, complici personaggi geniali come la Ballerina di Siviglia (Valentina Pace), protagonista di uno dei tormentoni della trasmissione.
Chiambretti c'è - 2001
È forse l'ultimo grande successo televisivo del regista e l'accoppiata con Piero Chiambretti si rivelò da subito vincente. Tornano alcuni degli elementi iconici dello stile di Boncompagni, dal pubblico composto esclusivamente da ragazze laureate - chiamate "le letterate", in contrapposizione con le Letterine di Passaparola - alle canzoncine nonsense. Fu proprio il programma di Rai 2, scritto con la geniale Irene Ghergo, a lanciare Alfonso Signorini. Stracult i collegamenti da "Casa Balestra": intorno al tavolo da pranzo dello stilista romano, sedeva un gruppo di personaggi in stile "generone romano", dal prete ai blasonati, tra cui la contessa Patrizia De Blanck con la figlia Giada.
Raffaella Carra' e Gianni Boncompagni durante la registrazione della trasmissione di Raitre ''Che tempo che fa''. ANSA/DANIELE MASCOLO