Maurizio Battista: «Poco di tanto, il mio viaggio nell'Italia più bella»
Ufficio Stampa Ballandi
Televisione

Maurizio Battista: «Poco di tanto, il mio viaggio nell'Italia più bella»

Tra monologhi e contributi originali, al via l'inedito racconto in tre puntate, su Rai 2 da giovedì 14 marzo in prima serata. Si parte dagli anni Sessanta e per ogni epoca c'è un ospite musicaleche la rappresenta: si comincia con Orietta Berti

È un viaggio nella memoria e nella nostalgia ma compensato da una dose massiccia d'ironia Poco di tanto, il nuovo show di Rai 2 prodotto da Ballandi al via da giovedì 14 maggio in prima serata, girato in pieno lockdown con uno sforzo produttivo davvero notevole. Il conduttore e narratore d'eccezione è Maurizio Battista, comico amato dal grande pubblico, che trasporta i telespettatori in un decennio diverso a puntata – dagli anni Sessanta agli anni Ottanta – raccontando i cambiamenti sociali e culturali. Tra comicità, riflessioni e ospiti speciali, l'immersione temporale, complice anche una scenografia curata nei dettagli, sarà totale. 




Maurizio, Poco di tanto è più un viaggio nella memoria o nella nostalgia?

«Entrambe le cose. Coltivare la memoria è fondamentale così come non aver paura della nostalgia, che non fa mai male. Ho capito con questo programma che il poco di niente dei nostri nonni era in realtà poco di tanto».

Il viaggio parte dall'Italia degli anni '60. Com'era?

«Molto diversa da quella di oggi. Viveva il boom economico, era più spensierata, sognava in grande, c'era un ottimismo a tratti sconfinato».

E l'Italia di oggi, invece, come la vede?

«Non mi piace ma non mi piaceva nemmeno prima del Coronavirus. C'è troppa rabbia, troppa insoddisfazione e improvvisazione. Ma io difendo l'Italia: siamo una Ferrari, ma dentro il motore ci mettono il diesel. Abbiamo i numeri per ripartire più forti di prima ma serve più esperienza e meno improvvisazione. Scusi eh, ma io parlo come l'uomo della strada incazzato per ciò che vedo tutti i giorni».

Sì è stufato di far ridere?

«No, affatto. Ma oltre la battuta c'è di più: ho 63 anni e alla mia età ho la necessità di provare a raccontare delle cose. È la cifra che m'interessa di più».

Come ci riesce in Poco di tanto?

«Alternando i registri. Ci saranno contributi originali audio e video e poi le mie riflessioni sui cambiamenti della famiglia, del ruolo delle donne, dei costumi: nulla di didattico, perché non ho la preparazione culturale, ma col cuore e la pancia posso dire delle cose e provare a far riflettere».

Si accendono i riflettori e le luci di una stanza e…

«Comincia il racconto, quasi tutto in chiave positiva perché la gente ha bisogno di ridere, ha bisogno di anima e cuore. Certo, poi ci sono delle critiche, ma con un graffio ironico. Il tutto in una scenografia pazzesca, con la ricostruzione dettagliata di un appartamento dell'epoca».

Chi sono gli ospiti?

«Nella prima puntata sento canticchiare in cucina, entro nella stanza e vedo una donna che fa i tortellini: è Orietta Berti. Poi ci saranno Don Backy e ancora Sandro Giacobbe, con cui bevo un caffè, Michele Zarrillo e Gazebo».

È stato difficile girare in piena pandemia?

«È stato difficile ma bello. Il set sarebbe dovuto essere molto più affollato ma il Covid ci ha costretto a stravolgere tutto: ottanta famiglie contavano su questo progetto, dunque era giusto serrare i ranghi e arrivare al traguardo».



Tecnicamente come avete fatto?

«Test sierologici per tutti, ambulanza e dottori, febbre misurata ogni giorno, massima sicurezza e igiene. Io ero l'unico senza mascherina sul set. Lo sforzo è stato così importante che la Rai ha realizzato anche un breve documentario che racconta la vita sul set ai tempi della pandemia».

Obiettivo d'ascolto?

«M'interessano poco gli ascolti perché, soprattutto oggi, una buona idea non si può giudicare solo dai numeri. Volevamo una cosa fatta con il cuore, per far sorridere ed emozionare il pubblico e penso che ci siamo riusciti».

Domanda secca: lo rifarebbe il Grande Fratello Vip?

«No. Appena sono entrato nella Casa ho pensato: "Ma chi me l'ha fatto fare?". In cattività si tira fuori il peggio e a me è successo. Così una notte ho aperto la porta e me ne sono andato».

Un sogno per il futuro?

«Tornare a fare spettacoli già in estate, ovviamente all'aperto e con la metà delle persone, per tenere il distanziamento sociale. Un progetto ce l'ho già pronto. Penso sia importante per noi attori, perché più stai lontano dal palco più t'arrugginisci, e anche per il pubblico: la gente ha bisogno di distrarsi e di ridere. Auguro agli italiani di rialzarsi più forti di prima: siamo brava gente, siamo abituati a rimboccarci le maniche, e ce la faremo anche questa volta».

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Francesco Canino