Paola Severini Melograni: "O anche no, la sfida ai pregiudizi sulla disabilità"
Al via da domenica 29 settembre il docu-reality sociale di Rai 2, un'inedita finestra sulla disabilità. Flavio Insinna primo ospite, poi Arisa, Piero Angela e Verdone
La disabilità vista attraverso gli occhi di un gruppo di ragazzi che si raccontano con ironia e normalità. Rai 2 spezza il tabù – perché, diciamolo, in tv di malattia e disabilità si parla poco e male – e lancia il format O anche no, ideato dalla giornalista e saggista Paola Severini Melograni, in onda da domenica 29 settembre alle 9.15. «Questa è una trasmissione politica, che ribalta ogni pregiudizio e lotta contro la pornografia del dolore», spiega a Panorama.it la Severini. Nelle dieci puntate, declinate in altrettanti temi – dall’amore al bullismo e la fede – non mancheranno gli ospiti, da Flavio Insinna ad Arisa, Piero Angela, Carlo Verdone, la chef Cristina Bowerman e il cantante Giovanni Caccamo.
Paola, com’è nata l’idea di O anche no?
Mi occupo di disabilità e handicap da tutta la vita e ho pensato che c’era bisogno di parlare di questi temi in modo diverso, uscendo dai cliché della tv del dolore. L’obiettivo è dare voce a questi ragazzi, ai loro talenti, alle loro difficoltà, alle loro aspettative, con ironia e drammaticità.
In tv la disabilità è un tabù di cui non si parla mai.
Piuttosto direi che se ne parla male, giocando spesso sulla pornografia del dolore. Si utilizza il compatimento, invece di dare voce alle attese, alle conquiste e alle esigenze di quelli che io chiamo i “ragazzi delicati”.
"O anche no" invece su cosa punta?
Sui loro talenti. Non necessariamente artistici, come nel caso dei musicisti dei Ladri di Carrozzelle, protagonisti del docu-reality, ma anche pratici e concreti, come quelli dei ragazzi che lavorano all’Albergo Etico di Roma. Ognuno di loro ha una vita, relazioni, famiglie che li amano e li fanno esprimere.
Come ha risposto Carlo Freccero, il direttore di Rai 2, quando ha proposto questo programma?
A Freccero piacciono le sfide impossibili e l’ha subito accettata, realizzando il programma con un gruppo di lavoro fatto di tutti interni Rai. A dicembre sono già previste le repliche per dare ancora più visibilità al format.
Gli ospiti famosi, da Mogol a Piero Angela e Renzo Arbore, che ruolo giocheranno?
Interagiranno con i ragazzi, si metteranno a disposizione del programma, al quale tutti hanno partecipato in forma gratuita. Mi avevano dato la loro disponibilità anche Lo Stato Sociale, Renato Zero e Cristiana Capotondi ma sono finite le puntate.
Rispetto alla visibilità, è peggio l’indifferenza o il pregiudizio?
Il pregiudizio diventa cambiamento, l’indifferenza è difficile da scalfire: è la più grande malattia del nostro secolo, come dice Papa Francesco. In questo senso O anche no è una trasmissione politica, perché il messaggio anti-indifferenza è potentissimo.
Eppure anche il pregiudizio è duro da abbattere…
Sì, ma meno di quanto si pensi. L’Italia è un paese molto diverso da com’è stato raccontato dai media negli ultimi anni, è generoso e vivo e gli italiani in molte circostanze dimostrano di saper sostenere i ragazzi costretti a una vita diversa dalla disabilità mentale o fisica.
“Senza solidarietà l’Italia tradisce i suoi valori”, ha detto pochi giorni fa il Presidente Sergio Mattarella, salutando gli ospiti del centro estivo per disabili e anziani nella Tenuta presidenziale di Castelporziano.
Ho conosciuto bene cinque presidenti, Pertini, Cossiga, Scalfaro, Ciampi e Napolitano, ma considero Mattarella il mio presidente. Ha aperto Castelporziano, cosa che prima di lui aveva fatto solo Einaudi, ha tolto i privilegi e ha spalancato le porte ad anziani, handicappati e associazioni. Si consegna ai disabili, l’ho visto farsi abbracciare e “sputacchiare” da un ragazzo con seri problemi. E non scorderò mai quando si è avvicinato a una bambina cieca e si è portato le mani di lei in faccia.
“Da vicino nessuno è normale” è lo slogan di O anche no. Perché l’ha scelto?
Era una frase che usava spesso Franco Basaglia, il celebre riformatore della psichiatria in Italia, con cui ho lavorato: era un uomo colto, intelligente e internazionale e citava spesso queste parole, tratte da una canzone di Caetano Veloso. La nostra ricchezza sta proprio nella diversità.
Lei si è battuta per la legge “Dopo di noi”, per il sostegno e l’assistenza alle persone con disabilità grave dopo la morte dei parenti che li accudiscono. Tre anni dopo l’approvazione, il bilancio è positivo?
Quella legge nasce grazie a un lavoro condiviso e molto del merito lo ha Mario Marazziti della Comunità di Sant’Egidio. È l’inizio di un camino, poi andava riempito i soldi e contenuti, cosa che è stata fatta in parte: è chiaro che lo Stato e le famiglie devono essere partecipi e ci vuole il lavoro di tutte le parti sociali.
La sua prossima battaglia?
Non smetto mai di fare battaglie e ce n’è una che mi sta particolarmente a cuore. Alle ultime Elezioni Europee, ha votato soltanto il 50% delle donne aventi diritto e questo pone una domanda spaventosa, perché significa che non hanno trovato un contenitore politico in cui credere. Ora voglio trovare il modo di parlare alle donne e tentare di scardinare questa situazione.
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