Pietro Mennea: perché è stata una riscoperta
La fiction che ha ripercorso la sua storia, attraverso le umili origini fino all'apice del suo successo sportivo, è stata un crescendo di emozioni
Conoscevo la storia di Pietro Mennea, la Freccia del Sud.
Ero una ragazzina, ma i suoi successi incollavano tutta la famiglia al televisore. Ricordo, come fosse oggi, le Olimpiadi del 1980: la sua medaglia d'oro sui 200mt fu incredibile.
Ma sapevo ben poco sulle sue origini, su chi fosse davvero e quanto avesse faticato per raggiungere i suoi sogni. La fiction su Rai 1, "Pietro Mennea, la freccia del Sud” me lo ha fatto riscoprire.
Pietro Mennea era un ragazzino di Barletta, con le scarpe rotte e dal fisico mingherlino, che con la determinazione e il sacrificio arrivò a raggiungere risultati clamorosi.
Nella fiction viene ripercorsa la genesi di un campione: dai suoi esordi nella squadra sportiva del paese ai dissapori con la madre che, preoccupata del suo futuro, avrebbe voluto allontanarlo dalla corsa, vissuta da lei come una distrazione allo studo.
E viene delineata la figura del padre, amico e alleato, che crede in lui più di tutti.
Curioso l'aneddoto (visto nella prima puntata) in cui si vede Mennea 15enne, su uno stradone di Barletta, sfidare in velocità un’Alfa Romeo 1750 a piedi, sui 50 metri, battendola.
La prima puntata è finita con un Pietro Mennea colpito dalla tragedia terroristica di Monaco, culminata con l’uccisione di undici atleti israeliani.
Inizia un periodo difficile per lui, superato grazie al suo allenatore Carlo Vittori e culminato con la vittoria, agli Europei di Nizza del ’75, battendo il temutissimo rivale Borzov.
Nella seconda puntata abbiamo vissuto il suo incontro con Manuela che, da compagna di studi diventerà la sua compagna di vita. Abbiamo visto i primi dissapori con il suo maestro, ex atleta dal carattere apparentemente duro (magistralmente interpretato nella fiction da Luca Barbareschi).
Abbiamo rivissuto la sua rivincita a Città del Messico, nel 1979, dove conquistò nei 200 mt il primato Mondiale con il tempo di 19″72, primato che rimase fino al 1996. Ed è tutt'ora imbattuto, dopo 36 anni, in Europa.
E ci siamo commossi vedendo la sua speranza, inizialmente delusa, alle Olimpiadi di Mosca del 1980: nella prima gara, i 100 mt, arriva infatti solo sesto. Ma poi si rialza, dimostrando il carattere che ne aveva fatto un campione. E arriva a conquistare l'oro nei 200 metri piani.
Nella finale, in cui la realtà si mescolava con la fiction (si alternavano infatti le riprese del film con la finale del 1980), mi sono emozionata, come se la vedessi per la prima volta. E ho tifato per lui, con un balzo nel passato che mi ha fatto rivivere la gara di allora. Stesse emozioni trasmesse anche alle mie figlie, che ovviamente la gara del 1980 non l'avevano vista.
Questa fiction ha avuto la forza di far conoscere al grande pubblico e ai giovani un uomo, di per sé schivo, nel suo intimo. E a capire come dietro un grande sportivo, entrato nel mito, ci fosse non solo la capacità fisica, ma il cuore e la forza di volontà che, spesso, sono i veri motori per realizzare i propri sogni.
Una nota importante: Mennea fu non solo un incredibile atleta ma anche una mente attiva. Conseguì ben quattro lauree in Scienze Politiche, Giurisprudenza, Lettere e Scienze dell'Educazione Motoria.
Gli interpreti della fiction
Film di Ricky Tognazzi. Con Luca Barbareschi (interpreta Cal'allenatore Carlo Vittori), Michele Riondino, Elena Radonicich, Gianmarco Tognazzi, Jerry Mastrodomenico, Lunetta Savino, Nicola Rignanese, Alice Bellagamba e Massimiliano Ubaldi. Pietro Mennea è interpretato da un bravissimo Michele Riondino che riesce anche a riproporre alla perfezione la mimica facciale del grande atleta.
Qui sotto: Pietro Mennea da bambino
La finale dei 200 metri piani alle Olimpiadi di Mosca nel 1980, rivissuta nella fiction "Pietro Mennea - La freccia del sud”